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Inammissibilità ricorso Cassazione: motivi di fatto

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso avverso una condanna per rapina aggravata. Il motivo risiede nel fatto che l’appellante ha sollevato mere doglianze sui fatti, già adeguatamente valutati dalla Corte d’Appello, anziché vizi di legittimità. L’ordinanza sottolinea come non sia possibile ridiscutere il merito della vicenda in sede di legittimità, confermando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda. Questo caso evidenzia il rigore dei criteri per l’accesso al giudizio della Suprema Corte.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità ricorso Cassazione: quando le critiche sui fatti non bastano

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, del 16 aprile 2024, offre un chiaro esempio dei limiti del giudizio di legittimità e delle ragioni che portano a una declaratoria di inammissibilità del ricorso in Cassazione. Il caso in esame riguarda un individuo condannato per rapina aggravata che ha tentato di contestare la decisione della Corte d’Appello basandosi su presunti difetti di motivazione. La Suprema Corte, tuttavia, ha respinto il ricorso, ribadendo un principio fondamentale: il suo compito non è rivalutare i fatti, ma verificare la corretta applicazione della legge.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna in Appello al Ricorso

La vicenda processuale ha origine da una sentenza della Corte d’Appello di Milano, emessa il 27 settembre 2023, che confermava la responsabilità penale di un imputato per il reato di rapina aggravata. Non accettando la decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. Nello specifico, il ricorrente sosteneva che la sentenza d’appello fosse carente e manifestamente illogica sia nell’affermare la sua colpevolezza sia nella qualificazione giuridica del fatto come rapina.

Il Ruolo della Cassazione e l’inammissibilità del ricorso

Il ricorrente, nel suo atto, ha di fatto riproposto le stesse argomentazioni già presentate e respinte nel giudizio di secondo grado. La Corte di Cassazione ha osservato che le censure mosse erano semplici “doglianze in punto di fatto”, ovvero contestazioni sulla ricostruzione della vicenda e sulla valutazione delle prove, materie che esulano dalla competenza della Corte di legittimità.

Il compito della Cassazione, infatti, non è quello di svolgere un terzo grado di giudizio nel merito, ma di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge. Quando un ricorso si limita a contestare l’apprezzamento dei fatti operato dal giudice di merito, senza individuare specifici vizi di legittimità (come un’errata applicazione di una norma di diritto o un vizio logico palese e irriducibile nella motivazione), esso è destinato all’inammissibilità del ricorso in Cassazione.

Le motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per diverse ragioni convergenti. In primo luogo, ha rilevato che le critiche del ricorrente non si confrontavano adeguatamente con le argomentazioni complete e logiche esposte dalla Corte d’Appello nelle pagine 3 e 4 della sentenza impugnata. I giudici di secondo grado avevano fornito una motivazione congrua e priva di vizi logici sia sulla responsabilità dell’imputato sia sulla corretta qualificazione del reato come rapina aggravata.

In secondo luogo, la Corte ha affermato che il presunto vizio motivazionale era manifestamente infondato. Una lettura attenta del provvedimento impugnato, secondo gli Ermellini, dimostrava una motivazione esistente, lineare e coerente, basata su un’esauriente disamina degli elementi probatori. Pertanto, le lamentele del ricorrente si traducevano in una richiesta, non consentita in quella sede, di una nuova e diversa valutazione delle prove.

Le conclusioni: Le conseguenze pratiche

La conseguenza diretta della dichiarazione di inammissibilità è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la Corte ha imposto il versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista per i casi di ricorso inammissibile, volta a scoraggiare impugnazioni pretestuose o dilatorie.

Questa ordinanza riafferma con forza la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità, ricordando agli operatori del diritto che il ricorso in Cassazione deve essere fondato su precise questioni di diritto e non può trasformarsi in un tentativo di ottenere una terza valutazione dei fatti.

Perché il ricorso presentato alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le critiche mosse dal ricorrente erano “mere doglianze in punto di fatto”, ossia contestazioni sulla ricostruzione dei fatti e sulla valutazione delle prove, argomenti già esaminati e risolti con motivazione logica e congrua dalla Corte d’Appello. La Cassazione non può riesaminare il merito della causa.

Quali erano i motivi principali del ricorso?
Il ricorrente contestava la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione della sentenza d’appello riguardo all’affermazione della sua responsabilità penale e alla qualificazione giuridica del reato come rapina aggravata.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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