Inammissibilità ricorso Cassazione: quando i motivi sono solo di fatto
L’inammissibilità del ricorso in Cassazione è un esito processuale che si verifica quando l’impugnazione non rispetta i rigidi paletti imposti dal legislatore. La Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti, ma un organo di legittimità che valuta la corretta applicazione della legge. Un’ordinanza recente ci offre un chiaro esempio di questi principi, in un caso riguardante la richiesta di misure alternative alla detenzione.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato a due anni di reclusione per violazione della normativa sugli stupefacenti (art. 73 d.P.R. 309/1990), si era visto rigettare dal Tribunale di sorveglianza le richieste di affidamento in prova al servizio sociale, detenzione domiciliare e semilibertà. Il Tribunale aveva basato la sua decisione su una serie di elementi negativi: il numero di reati commessi, l’esistenza di numerosi carichi pendenti per varie tipologie di illeciti (percosse, oltraggio a pubblico ufficiale, violazione degli obblighi di assistenza familiare) e il tenore negativo di una relazione dei servizi sociali (UEPE).
In particolare, la relazione evidenziava la mancanza di un percorso di revisione critica e di un reale distacco da uno stile di vita deviante. A pesare sulla decisione era anche il fatto che le ultime condotte illecite, sempre in materia di stupefacenti, fossero state commesse nel 2023, dimostrando una persistenza nel comportamento criminale del tutto omogeneo a quello per cui era intervenuta la condanna.
Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge e un vizio di motivazione.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione si fonda sulla natura stessa dei motivi presentati, ritenuti non idonei a superare il vaglio di legittimità.
Le motivazioni sull’inammissibilità del ricorso in Cassazione
Le motivazioni della Suprema Corte sono un’importante lezione sui limiti del giudizio di legittimità. I giudici hanno chiarito che i motivi del ricorso erano, in sostanza, delle “doglianze in punto di fatto”. Il ricorrente non contestava una violazione di legge, ma tentava di ottenere una nuova e diversa valutazione degli elementi già esaminati dal Tribunale di sorveglianza. Questo tipo di richiesta esula completamente dalle competenze della Corte di Cassazione.
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché:
1. Costituito da censure di fatto: Il primo motivo era una critica diretta alla valutazione dei fatti operata dal giudice di merito, attività preclusa in sede di legittimità.
2. Riproduttivo di argomenti già vagliati: Il secondo e il terzo motivo riproponevano le stesse argomentazioni già respinte, con motivazioni adeguate, dal Tribunale di sorveglianza, senza aggiungere nuove e specifiche critiche giuridiche.
3. Manifestamente infondato: Le lamentele su un presunto difetto di motivazione sono state respinte, poiché la Corte ha ritenuto che la decisione impugnata fosse basata su una lettura logica e coerente degli atti, valorizzando elementi concreti come la pluralità dei reati, i carichi pendenti e la relazione negativa dei servizi sociali.
La Corte ha inoltre precisato che anche un eventuale errore nell’avviso di fissazione dell’udienza, riguardo alla specifica causa di inammissibilità, non avrebbe invalidato la decisione, poiché il diritto di difesa dell’imputato era stato comunque garantito.
Le conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione non è una terza istanza di giudizio sul merito della vicenda. Per ottenere un esame da parte della Suprema Corte, è necessario formulare censure che attengano a violazioni di legge o a vizi logici manifesti e decisivi nella motivazione del provvedimento impugnato. Tentare di rimettere in discussione l’apprezzamento dei fatti e delle prove, come la valutazione della pericolosità sociale di un condannato, porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità del ricorso in Cassazione. La decisione sottolinea l’importanza di strutturare un ricorso su solide basi giuridiche, evitando di riproporre questioni fattuali già adeguatamente risolte nei gradi di merito.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi presentati erano ‘doglianze in punto di fatto’, cioè contestazioni sulla valutazione dei fatti già compiuta dal Tribunale di sorveglianza, e non critiche su violazioni di legge. Inoltre, i motivi erano riproduttivi di censure già respinte e manifestamente infondati.
Quali elementi ha considerato il Tribunale di sorveglianza per negare le misure alternative?
Il Tribunale ha negato le misure alternative basandosi su diversi elementi negativi: il numero di reati commessi dal soggetto, la presenza di plurimi carichi pendenti per reati diversi, una relazione negativa dei servizi sociali (UEPE) e la commissione di recenti reati in materia di stupefacenti, che dimostravano la mancanza di un cambiamento nello stile di vita.
Un errore nell’avviso preliminare sulla causa di inammissibilità può invalidare la decisione finale?
No. Secondo la Corte, un’errata o omessa indicazione di una delle cause di inammissibilità nell’avviso preliminare non invalida la decisione finale, poiché l’effettività del diritto di difesa e del contraddittorio è comunque garantita dalla notifica dell’avviso di udienza e dalla possibilità di esaminare gli atti e presentare nuove memorie.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10264 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10264 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a Fara in Sabina il 24/10/1964
avverso l’ordinanza del 14/11/2024 del Tribunale di sorveglianza di Roma
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta le memora della difesa, avv. M. COGNOME del 24 gennaio 2025.
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che, con l’ordinanza impugnata, sono state rigettate le richieste di affidamento in prova al servizio sociale, detenzione domiciliare e semilibertà, proposte nell’interesse di NOME COGNOME in relazione all’esecuzione della pena irrogata con sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rieti del 15 marzo 2023, di anni due di reclusione, per il reato di cui all’art. 73 d. P.R n. 309 del 1990.
Considerato che i motivi proposti dalla difesa, avv. NOME COGNOME (erronea applicazione dell’art. 47 Ord. pen. – primo motivo; vizio di motivazione – secondo motivo; erronea applicazione dell’art. 47-ter Ord. pen. e vizio di motivazione terzo motivo) sono inammissibili perché costituiti da doglianze in punto di fatto (primo motivo), riproduttivi di censure già vagliate dall’ordinanza impugnata con argomenti di merito e non scanditi da specifiche argomentazioni (secondo e terzo motivo) nonché manifestamente infondati in quanto denunciano asserito difetto di motivazione che non si ravvisa in base alla mera lettura del provvedimento impugnato.
Rilevato, infatti, che tutte le istanze sono state rigettate da parte del Tribunale di sorveglianza valorizzando il numero dei reati commessi, anche nella vigenza della misura degli arresti domiciliari, l’esistenza di plurimi carichi pendenti pe diverte tipologie di reato (percosse, oltraggio a pubblico ufficiale, violazione della normativa in tema di stupefacenti, violazione degli obblighi di assistenza familiare) e, comunque, considerando il tenore negativo della relazione UEPE di Viterbo, quanto all’avvio di un percorso di revisione critica e di allontanamento da uno stile di vita deviante, segnalando, peraltro, la qualità delle condotte da ultimo (2023) tenute proprio in violazione della normativa in tema di stupefacenti, omogenee rispetto a quella posta in essere cui si riferisce la pena in esecuzione, a dimostrazione della mancanza di segnali di distacco da pregresse logiche devianti.
Considerata la tardività della memoria difensiva fatta pervenire a questa Corte (con p.e.c. del 24 gennaio 2024) e che questa, comunque, è reiterativa degli argomenti principali devoluti con il ricorso e ritenuto, comunque, che non osta alla decisione adottata nella presente sede l’errata o omessa enunciazione di una delle cause d’inammissibilità individuata dai magistrati delegati per l’esame preliminare, riportata nell’avviso di fissazione dell’udienza ex art. 610, comma 1, cod. proc. pen. (tra le altre, Sez. 7, ord. n. 28517 del 17/05/2016, Rv. 267537 – 01 nel senso che l’errata enunciazione non osta a che la c.d. sezione filtro, investita della decisione con pienezza di poteri, dichiari l’inammissibilità del ricorso per diversa ragione: in motivazione, questa Corte ha escluso che l’erronea indicazione della causa di inammissibilità integri una delle nullità previste dall’art. 178, lett. c), cod. proc. pen., poiché l’effettività dell’intervento dell’imputato contraddittorio restano salvaguardati dalla notificazione dell’avviso dell’udienza camerale e dalla possibilità di esaminare gli atti depositati in cancelleria e di presentare motivi nuovi o memorie illustrative).
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, determinata equitativamente nella misura di cui al dispositivo.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso, in data 30 gennaio 2025 Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente