Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando le Doglianze sono Generiche
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di inammissibilità del ricorso in Cassazione quando le censure mosse alla sentenza di merito sono generiche e non colgono nel segno. Il caso riguarda un individuo, già agli arresti domiciliari, che si oppone alla sua condanna per minacce rivolte a pubblici ufficiali. Vediamo nel dettaglio come la Suprema Corte ha affrontato la questione.
I Fatti del Caso: Minacce durante gli Arresti Domiciliari
Un soggetto, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, veniva condannato per aver proferito minacce nei confronti degli agenti che si erano recati presso la sua abitazione per un controllo di routine. La finalità di tali minacce, secondo i giudici di merito, era quella di ostacolare l’attività di controllo degli operanti. La condanna veniva confermata dalla Corte d’Appello di Bari. L’imputato decideva quindi di presentare ricorso per Cassazione, sperando di ottenere l’annullamento della sentenza.
I Motivi del Ricorso e l’Inammissibilità in Cassazione
Il ricorrente basava il suo appello su tre argomenti principali, tutti respinti dalla Suprema Corte:
1. Errata valutazione del materiale probatorio: L’imputato contestava il modo in cui i giudici di merito avevano interpretato le prove, ritenendo che la loro decisione fosse viziata.
2. Mancata applicazione dell’art. 393-bis c.p.: Si sosteneva che le minacce fossero una reazione a un presunto atto arbitrario dei pubblici ufficiali, una causa di non punibilità.
3. Mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p.: Si richiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, data la presunta lieve entità delle minacce.
La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso, ritenendo tutte le doglianze infondate e generiche.
Le Motivazioni della Decisione
La Suprema Corte ha chiarito punto per punto perché il ricorso non potesse essere accolto. In primo luogo, le critiche relative all’apprezzamento delle prove sono di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Cassazione può intervenire solo in caso di vizi logici evidenti nella motivazione, che in questo caso sono stati esclusi. La Corte d’Appello, infatti, aveva fornito una motivazione “congrua e adeguata”, basata su massime di esperienza condivisibili.
In secondo luogo, la richiesta di applicare la causa di non punibilità per reazione ad atto arbitrario (art. 393-bis c.p.) è stata giudicata generica. Il ricorrente non ha fornito alcun elemento oggettivo per dimostrare un “errore sul fatto” che potesse far apparire arbitrario il controllo degli agenti. Infine, anche il diniego della non punibilità per particolare tenuità del fatto è stato confermato, in considerazione della gravità delle minacce proferite.
Conclusioni: Le Conseguenze dell’Inammissibilità
La dichiarazione di inammissibilità ha avuto conseguenze dirette per il ricorrente. Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, la Corte ha disposto il pagamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della cassa delle ammende. Questa decisione sottolinea un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo di legittimità. Le doglianze devono essere specifiche, giuridicamente fondate e non possono limitarsi a riproporre una diversa valutazione dei fatti già esaminati dai giudici precedenti.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le contestazioni sollevate (le cosiddette doglianze) erano generiche e riguardavano la valutazione delle prove, un’attività che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Cassazione ha ritenuto la motivazione della sentenza impugnata logica e adeguata.
Poteva essere applicata la causa di non punibilità per reazione a un atto arbitrario?
No, perché il ricorrente non ha fornito alcun elemento oggettivo per dimostrare che l’azione dei pubblici ufficiali fosse arbitraria. Per invocare tale causa di non punibilità (art. 393-bis c.p.), è necessario provare un errore sul fatto che abbia fatto percepire l’atto come ingiusto, cosa che non è avvenuta.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro da versare alla cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7634 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7634 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a FOGGIA 11 14/09/1996
avverso la sentenza del 05/02/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che le deduzioni sviluppate nel ricorso con riferimento all’apprezzamento del materiale probatorio, investono profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza della Corte di appello di Bari, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, esente da vizi logici, perché basata su condivisibili massime di esperienza e convergente con quello del Tribunale, in ordine alla finalità oppositiva delle minacce rivolte ad ostacolare l’attività di controllo degli agenti operanti presso il suo domicilio, ove era sottoposto alla misura degli arresti domiciliari;
ritenuto che le altre doglianze riferite alla mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 393-bis c.p. sono del tutto generiche in assenza di elementi oggettivi da cui desumere un errore sul fatto, tale da fare apparire come atto arbitrario quello posto in essere dal pubblico ufficiale, come anche quelle sul diniego della causa di non punibilità prevista dall’art.131 bis c.p. per la gravità delle minacce;
Da quanto precede deriva la inammissibilità del ricorso dalla quale consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente NOME COGNOME al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 20 gennaio 2025
Il Presidente