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Inammissibilità ricorso Cassazione: minacce a P.U.

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso presentato da un soggetto agli arresti domiciliari, condannato per minacce a pubblici ufficiali. Il ricorso è stato ritenuto generico nelle sue doglianze, sia riguardo la valutazione delle prove sia sulla mancata applicazione delle cause di non punibilità. La Suprema Corte ha confermato la logicità della sentenza impugnata e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando le Doglianze sono Generiche

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di inammissibilità del ricorso in Cassazione quando le censure mosse alla sentenza di merito sono generiche e non colgono nel segno. Il caso riguarda un individuo, già agli arresti domiciliari, che si oppone alla sua condanna per minacce rivolte a pubblici ufficiali. Vediamo nel dettaglio come la Suprema Corte ha affrontato la questione.

I Fatti del Caso: Minacce durante gli Arresti Domiciliari

Un soggetto, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, veniva condannato per aver proferito minacce nei confronti degli agenti che si erano recati presso la sua abitazione per un controllo di routine. La finalità di tali minacce, secondo i giudici di merito, era quella di ostacolare l’attività di controllo degli operanti. La condanna veniva confermata dalla Corte d’Appello di Bari. L’imputato decideva quindi di presentare ricorso per Cassazione, sperando di ottenere l’annullamento della sentenza.

I Motivi del Ricorso e l’Inammissibilità in Cassazione

Il ricorrente basava il suo appello su tre argomenti principali, tutti respinti dalla Suprema Corte:

1. Errata valutazione del materiale probatorio: L’imputato contestava il modo in cui i giudici di merito avevano interpretato le prove, ritenendo che la loro decisione fosse viziata.
2. Mancata applicazione dell’art. 393-bis c.p.: Si sosteneva che le minacce fossero una reazione a un presunto atto arbitrario dei pubblici ufficiali, una causa di non punibilità.
3. Mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p.: Si richiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, data la presunta lieve entità delle minacce.

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso, ritenendo tutte le doglianze infondate e generiche.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha chiarito punto per punto perché il ricorso non potesse essere accolto. In primo luogo, le critiche relative all’apprezzamento delle prove sono di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Cassazione può intervenire solo in caso di vizi logici evidenti nella motivazione, che in questo caso sono stati esclusi. La Corte d’Appello, infatti, aveva fornito una motivazione “congrua e adeguata”, basata su massime di esperienza condivisibili.

In secondo luogo, la richiesta di applicare la causa di non punibilità per reazione ad atto arbitrario (art. 393-bis c.p.) è stata giudicata generica. Il ricorrente non ha fornito alcun elemento oggettivo per dimostrare un “errore sul fatto” che potesse far apparire arbitrario il controllo degli agenti. Infine, anche il diniego della non punibilità per particolare tenuità del fatto è stato confermato, in considerazione della gravità delle minacce proferite.

Conclusioni: Le Conseguenze dell’Inammissibilità

La dichiarazione di inammissibilità ha avuto conseguenze dirette per il ricorrente. Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, la Corte ha disposto il pagamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della cassa delle ammende. Questa decisione sottolinea un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo di legittimità. Le doglianze devono essere specifiche, giuridicamente fondate e non possono limitarsi a riproporre una diversa valutazione dei fatti già esaminati dai giudici precedenti.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le contestazioni sollevate (le cosiddette doglianze) erano generiche e riguardavano la valutazione delle prove, un’attività che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Cassazione ha ritenuto la motivazione della sentenza impugnata logica e adeguata.

Poteva essere applicata la causa di non punibilità per reazione a un atto arbitrario?
No, perché il ricorrente non ha fornito alcun elemento oggettivo per dimostrare che l’azione dei pubblici ufficiali fosse arbitraria. Per invocare tale causa di non punibilità (art. 393-bis c.p.), è necessario provare un errore sul fatto che abbia fatto percepire l’atto come ingiusto, cosa che non è avvenuta.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro da versare alla cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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