Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 31841 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME
Penale Sent. Sez. 2 Num. 31841 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME IMPERIALI NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
avverso la sentenza in data 09/12/2024 della CORTE DI APPELLO DI GENOVA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
letta la nota degli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME che, nell’interesse delle parti civili XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX, hanno concluso per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese sostenute nel grado di giudizio.
RITENUTO IN FATTO
La ricorrente, per il tramite del proprio difensore, impugna la sentenza in data 09/12/2024 della Corte di appello di Genova, che ha riformato la sentenza in data 15/12/2022 del Tribunale di Savona, escludendo la continuazione e rideterminando la pena inflittale per il reato di circonvenzione d’incapace.
Deduce:
Violazione di legge in relazione agli artt. 586 e 581 cod. proc. pen., ‘in relazione alla inammissibilità delle prove documentali, costituite dalle dichiarazioni rese dai coniugi al Giudice Tutelare, escluse dal giudice monocratico con ordinanza del 30/06/2022 non impugnata unitamente alla sentenza’.
La doglianza Ł riferita alla richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, al cui riguardo il ricorrente premette che l’acquisizione di tale documentazione Ł stata ritenuta inammissibile dalla corte di appello, che ha osservato che la sua acquisizione era stata esclusa dal giudice di primo grado con ordinanza che non era stata impugnata unitamente alla sentenza.
Si sostiene che la decisione così assunta dalla corte di appello Ł lesiva dell’art. 586 cod. proc. pen., che consente l’impugnazione dell’ordinanza anche per la sua connessione con la sentenza impugnata.
Secondo il ricorrente, tanto importa che, al fine dell’impugnazione dell’ordinanza, non Ł necessaria una formale dichiarazione contenente l’analitica indicazione degli elementi specificati dall’art. 581 cod. proc. pen., dovendosi dare prevalenza all’espressione di volontà
della parte e alla possibilità, comunque, di individuare il provvedimento che si Ł inteso impugnare.
Si evidenzia, dunque, che con il primo motivo di gravame era stata denunciato l’errore cui era intervenuto il primo giudice in punto di valutazione della capacità di intendere e di volere delle persone offese, che sarebbe stata ritenuta sussistente ove fosse stata ammessa la produzione documentale.
‘Violazione di legge / omessa motivazione in relazione alla violazione delle prove orali e documentali in relazione all’elemento oggettivo del reato del reato contestato assenza del presupposto connesso allo stato d’infermità o deficienza psichica delle presunte vittime o comunque dello stato di riconoscibilità di tale presupposto da parte di terzi’.
Si denuncia il vizio di omessa motivazione in relazione alla ragione per cui sono state ritenute attendibili le dichiarazioni dei testi d’accusa, sentiti sulle condizioni delle persone offese, nonostante quelli abbiano avuto occasione di vedere personalmente i coniugi, ritenuti vittime del reato soltanto in epoca successiva a quella della contestazione dei fatti.
Si aggiunge che la corte di appello omette di motivare in ordine alle ragioni per cui ha ritenuto inattendibili le dichiarazioni dei testimoni favorevoli alla difesa, sempre in relazione allo stato di salute delle persone offese, con particolare riferimento al medico di famiglia, che conosceva personalmente i coniugi.
‘Carenza / contraddittorietà di motivazione in relazione alla sussistenza dell’elemento oggettivo afferente il profilo patrimoniale della vicenda’.
Secondo il ricorrente le operazioni di cambio assegni non potevano considerarsi pregiudizievoli, atteso che dalle dichiarazioni testimoniali Ł emerso che tutte le operazioni bancarie sono state disposte e autorizzate dai coniugi, anche mediante la sottoscrizione dei relativi assegni e con la consegna del denaro alle persone offese, che ne disponevano secondo la loro volontà.
Il ricorrente evidenzia, inoltre, come non avesse trovato alcun riscontro la circostanza secondo cui anche il nipote delle vittime aveva la delega a prelevare delle somme di denaro, che venivano consegnate ai coniugi/persone offese.
Vizio di motivazione in relazione alla condotta d’induzione, costituita dalla revoca della delega bancaria precedentemente conferita dai coniugi/persone offese al proprio nipote.
Secondo i ricorrenti la revoca della delega bancaria al nipote era stata attuata dai coniugi a tutela del proprio patrimonio, visto che nei nove mesi in cui era durata, erano stati prelevati circa novantamila euro. Si precisa che anche ove detta revoca fosse stata sollecitata dalla ricorrente, comunque era un’azione a tutela del patrimonio della coppia di coniugi.
Vizio di motivazione in punto di negazione delle circostanze attenuanti generiche e di trattamento sanzionatorio.
Si denuncia il vizio di motivazione nella parte in cui viene negativamente valutato il fatto che la ricorrente ha insistito nella propria versione difensiva dei fatti e nella parte in cui si enfatizza l’indole criminale e la premeditazione in ragione della scrittura privata del maggio 2017, sottoscritta dal marito della coppia di coniugi quando non era affetto da alcun deficit cognitivo, così che il documento doveva considerarsi genuino e veritiero.
Si assume che non possono essere valorizzati a carico dell’imputata il rifiuto a rispondere alle domande e non potendosi rinvenire un’offesa alla memoria delle vittime nelle parole da ella profferite.
Si aggiunge che il fatto non può ritenersi grave in relazione al danno cagionato.
Sotto il profilo della personalità si osserva che la ricorrente ha 84 anni e non ha precedenti penali, nØ sono emerse circostanze o condotte pregiudizievoli.
Vizio di motivazione in punto di quantificazione del risarcimento.
Si osserva che i giudici dell’appello hanno ridotto la pena, senza ridurre correlativamente l’entità del risarcimento, così che la sentenza risulta incoerente sul punto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso Ł inammissibile.
La ricorrente si duole della mancata acquisizione delle dichiarazioni rese dalle persone offese davanti al giudice tutelare, nella quale occasione dichiaravano le loro generalità, indicavano il nominativo del medico curante e descrivevano il ruolo che aveva la ricorrente nella gestione del loro patrimonio.
Secondo la ricorrente, la corte di appello ha erroneamente ritenuto che l’ordinanza del giudice di primo grado reiettiva della richiesta istruttoria non fosse stata impugnata con l’atto di appello. Sostiene che tale impugnazione dovesse ritenersi implicitamente contenuta nell’atto di appello, visto che il documento era connesso al profilo delle condizioni psichiche delle vittime del reato, contestato con il primo motivo di gravame.
1.1. In relazione a tale motivo d’impugnazione, si rileva la correttezza di quanto ritenuto dalla corte di appello, che, in aderenza a quanto emergente dalla lettura dell’atto di gravame, ha osservato come mancasse un’impugnazione dell’ordinanza istruttoria, tale non potendosi evincere -per come sostenuto dalla ricorrente- dai contenuti dei motivi di appello, giacchŁ anche i vizi dell’ordinanza istruttoria eventualmente impugnata unitamente alla sentenza, devono essere dotati del requisito della specificità, necessario per consentire al giudice il controllo sulla correttezza della decisione impugnata.
Nel ricorso, così come nell’atto di gravame, non viene specificato quale sia il vizio nel quale sarebbe eventualmente incorso il giudice di primo grado nel rigettare la richiesta istruttoria, così che, in effetti, non si può ritenere che l’ordinanza istruttoria sia stata impugnata unitamente alla sentenza.
Tale stato di cose non viene sanata dalla memoria aggiuntiva depositata in appello, il cui contenuto, privo di valenza censoria, può essere intesa esclusivamente come una mera richiesta rivolta alla corte di appello di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, non vincolante per i giudici.
1.1. Da quanto esposto emerge come la richiesta di acquisizione dei documenti contenenti le dichiarazioni rese dalle persone offese si risolva in una richiesta di rinnovazione dell’istruttoria in appello e, al contempo, porta la censura nel paradigma del vizio previsto dall’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., ossia mancata assunzione di una prova decisiva.
Così delineati i contenuti del primo motivo di ricorso, vanno evidenziati plurimi profili d’inammissibilità.
Anzitutto, va richiamato l’insegnamento di legittimità secondo il quale «la mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nel giudizio di appello può costituire violazione dell’art. 606, comma 1, lett. d) cod. proc. pen., solo nel caso di prove sopravvenute o scoperte dopo la sentenza di primo grado», (Sez. 1, n. 40705 del 10/01/2018, Capitanio, Rv. 274337 – 01).
Nel caso in esame, il documento non Ł sopravvenuto, nØ Ł stato scoperto successivamente alla sentenza di primo grado, così mancando in radice ogni possibilità di dolersi della sua mancata assunzione in appello.
1.2. A tale preliminare e assorbente rilievo, va ad aggiungersi un’ulteriore ragione di inammissibilità, riferibile alla tipologia del mezzo istruttorio richiesto, inteso a sottoporre a valutazione le dichiarazioni rese dalle persone offese davanti al giudice tutelare.
Per una prova siffatta, invero, manca ab origine la possibilità di assumere i connotati della decisività, dovendosi considerare che «la prova decisiva, la cui mancata assunzione può essere dedotta in sede di legittimità a norma dell’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., deve avere ad oggetto un fatto certo nel suo accadimento e non può consistere in un mezzo di tipo dichiarativo, il cui risultato Ł destinato ad essere vagliato per effettuare un confronto con gli altri elementi di prova acquisiti al fine di prospettare l’ipotesi di un astratto quadro storico valutativo favorevole al ricorrente», (Sez. 5, n. 37195 del 11/07/2019, D. Rv. 277035 – 01; Sez. 5, n. 9069 del 07/11/2013, dep. 2014, Rv. 259534 – 01).
Il primo motivo Ł, dunque, inammissibile.
2. I motivi secondo, terzo, quarto e quinto si risolvono in una valutazione delle risultanze processuali alternativa a quella dei giudici di merito e, in quanto tale, non Ł scrutinabile in sede di legittimità, atteso che il compito demandato dal legislatore alla Corte di cassazione -per quanto qui d’interesse- non Ł quello di stabilire se il giudice di merito abbia proposto la migliore ricostruzione dei fatti ovvero quello di condividerne la giustificazione. Il compito del giudice di legittimità Ł quello di verificare la conformità della sentenza impugnata alla legge sostanziale e a quella processuale, cui si aggiunge il controllo sulla motivazione che, però, Ł restrittivamente limitato alle ipotesi tassative della carenza, della manifesta illogicità e della contraddittorietà. Con l’ulteriore precisazione che la carenza va identificata con la mancanza della motivazione per difetto grafico o per la sua apparenza; che l’illogicità deve essere manifesta -ossia individuabile con immediatezza-e sostanzialmente identificabile nella violazione delle massime di esperienza o delle leggi scientifiche, così configurandosi quando la motivazione sia disancorata da criteri oggettivi di valutazione, e trascenda in valutazioni soggettive e congetturali, insuscettibili di verifica empirica; la contraddittorietà si configura quando la motivazione si mostri in contrasto -in termini di inconciliabilità assoluta- con atti processuali specificamente indicati dalla parte e che rispetto alla struttura argomentativa abbiano natura portante, tale che dalla loro eliminazione deriva l’implosione della struttura argomentativa impugnata.
2.1. Nulla di tutto ciò si rinviene nei motivi in esame, visto che la Corte di appello ha fatto ricorso a una motivazione adeguata, logica e non contraddittoria per ricostruire la vicenda fattuale, dando puntuale risposta a tutte le questioni oggi reiterate con il ricorso, in relazione alla sussistenza del presupposto della deficienza psichica e della riconoscibilità di tale stato (pagine16 – 19), alla sussistenza di una condotta di induzione e delle condotte pregiudizievoli e di profitto (pagine 19 – 22); sulla tesi difensiva secondo cui a compiere la sottrazione del denaro fosse stato il nipote delle vittime (pagine 22 – 23), sulla negazione delle circostanze attenuanti generiche (alla pagine 29, dove si osserva che non vi sono elementi positivamente valutabili in favore della ricorrente).
Vale la pena rimarcare come devono annoverarsi tra le deduzioni di merito anche le osservazioni relative alla credibilità delle testimonianze, al cui riguardo deve ribadirsi che ogni vaglio critico circa il giudizio di attendibilità delle dichiarazioni rese dallapersona offesa Łprecluso innanziallaSupremaCorte inossequioal principio incontroverso in giurisprudenza secondo il quale la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni (in tal senso cfr. Sezioni Unite, n. 41461 del
19/07/2012, RAGIONE_SOCIALE, in motivazione; in questo senso, Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271623 – 01).
D’altro canto, risulta inammissibile la questione circa il vizio di omessa motivazione circa la valutazione dell’attendibilità dei testimoni, in quanto dedotta per la prima volta in sede di legittimità, dovendosi ribadire che «nel giudizio di legittimità, il ricorso proposto per motivi concernenti le statuizioni del giudice di primo grado che non siano state devolute al giudice d’appello, con specifico motivo d’impugnazione, Ł inammissibile, poichØ la sentenza di primo grado, su tali punti, ha acquistato efficacia di giudicato (Massime Conformi n. 4712 del 1982, Rv. 153578; n. 2654 del 1983 Rv. 163291)», (Sez. 3, S n. 2343 del 28/09/2018 Ud., dep. 18/01/2019, COGNOME, Rv. 274346).
La motivazione, inoltre, con riguardo alla negazione delle circostanze attenuanti generiche, Ł altresì conforme al principio di diritto, a mente del quale «il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non Ł piø sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato» (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01.
A fronte di una motivazione adeguata e giuridicamente corretta in tema di circostanze attenuanti generiche, il ricorrente, per un verso, reitera le medesime argomentazioni già valutate e respinte dalla corte di appello, ossia la valenza positiva della presenza in udienza, della produzione di documentazioni e della sottoposizione a esame; per altro verso, estrapola e isola un frammento di motivazione da un piø complessivo ordito argomentativo che, di fatto, viene trascurato.
Da qui una doppia ragione di aspecificità, che involge tutti i motivi d’impugnazione: perchØ «Ł inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710 – 01); perchØ «Ł inammissibile il ricorso per cassazione nel caso in cui manchi la correlazione tra le ragioni poste a fondamento dalla decisione impugnata e quelle argomentate nell’atto di impugnazione, atteso che questo non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato» (Sez. 4, n. 19364 del 14/03/2024, COGNOME, Rv. 286468 – 01).
3.Con l’ultimo motivo di ricorso il ricorrente sostiene che la corte di appello, diminuendo la pena, avrebbe dovuto diminuire anche l’entità del risarcimento,
Il motivo Ł manifestamente infondato, ove si rilevi che la diminuzione della pena Ł stata provocata dalla mera ristrutturazione giuridica del fatto che, pur rimanendo integro nei suoi accadimenti e, dunque, nella misura del danno provocato alle vittime con i plurimi atti dispositivi, Ł stato considerato un fatto unico e non una pluralità di fatti in continuazione.
Tanto importa che la modifica della pena ha lasciato inalterato il fatto in tutti i suoi elementi costituitivi e nei suoi effetti, tra i quali il danno patrimoniale provocato alle vittime.
Da ciò segue la manifesta infondatezza e l’inammissibilità dell’ultimo motivo d’impugnazione e, con esso, del ricorso nella sua interezza.
3. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al
pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
L’esito del giudizio e la soccombenza che ne Ł derivata comporta la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile costituita nel presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l’imputata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX, che liquida per ciascuna in complessivi euro 3.686/00, oltre accessori di legge. IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.
Così Ł deciso, 08/07/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME