Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 31672 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 31672 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/11/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; che ha concluso chiedendo la inammissibilità del ricorso;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME
lette le conclusione del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO del foro di Napoli, che ha chiesto l’accoglimento dei motivi;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 5 dicembre 2023 e) la Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Napoli che aveva dichiarato NOME responsabile del reato di cessione di sostanza stupefacente del tipo cocaina, riconoscendo l’ipotesi lieve di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
1.1. Secondo la concorde ricostruzione dei giudici di merito, la prova della responsabilità del ricorrente – fermato dai militari subito dopo la cessione della cocaina a COGNOME NOME – si fonda non solo sulle dichiarazioni dell’acquirente, ma anche sulla suddivisione in dosi del narcotico sul rinvenimento presso l’abitazione dell’NOME della strumentazione usata per occultare il narcotico nella carrozzeria delle autovetture, insieme ad una cospicua somma di denaro contante, suddivisa in banconote di diverso taglio.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME NOME, a mezzo del difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con un primo motivo si deduce violazione di legge e vizio della motivazione, avendo i giudici di merito proceduto ad una erronea valutazione della prova, dal cui esame non è possibile superare il ragionevole dubbio in ordine al coinvolgimento del ricorrente in una attività di spaccio, anche in ragione dell’esito delle perquisizioni effettuate.
2.2. Con un secondo motivo si lamenta sempre violazione di legge e vizio della motivazione, con riguardo alla erronea valutazione della prova, sotto il diverso profilo dell’effettivo utilizzo dei contenitori metallici (ovvero della l destinazione), oltre che della detenzione a fini personali dello stupefacente.
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio della motivazione, in ordine al mancato riconoscimento della continuazione con un analogo reato per il quale il ricorrente è stato condannato, in viAdefinitiva, in altro processo.
Su punto la Corte d’appello non ha correttamente valutato la sussistenza degli indicatori da cui inferire la medesimezza del disegno criminoso (contestualità spazio – temporale; identità del bene giuridico protetto e delle modalità di esecuzione).
2.4. Con il quarto motivo si deduce violazione di legge penale e vizio della motivazione, non avendo i giudici di merito riconosciuto le attenuanti generiche, al fine di adeguare la sanzione al disvalore del fatto; neppure sono state indicate le ragioni dello scostannento dal minimo edittale.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
Più in particolare, il ~cb Procuratore generale in sede ha chi dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Il difensore ha chiesto, invece, ha insistito nei motivi, chieden l’accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, sia perché aspecifico, sia pe manifestamente infondato.
1.1. I primi due motivi, che in quanto tra loro connessi possono ess trattati congiuntamente, sono inammissibili.
Il ricorrente, nella sostanza, lamenta una “errata valutazione della pr (pp. 1 e 5), con particolare riguardo alla finalità di cessione dello stupeface
Avendo dedotto violazione di legge e vizio motivazionale, anche alla stregua anche dei parametri fissati dell’art. 192 cod. proc. pen., si imp richiamo ad alcuni principi che delimitano l’ambito del giudizio di legittimità.
In presenza di una doppia conforme, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivaz struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo e le motivazioni dei due provvedimenti si integrano a formare un corpo unico, con il conseguent obbligo per il ricorrente di confrontarsi in maniera puntuale con i contenuti due sentenze (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218 – 01; Sez. 3, n 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595 – 01; Sez. 1, n. 8868 del 26/6/2000, COGNOME, Rv. 216906 – 01; Sez. 2, n. 11220 del 5/12/199 COGNOME, Rv. 209145 – 01).
Tale confronto è mancato, essendosi il ricorrente limitato a riproporre doglianze già mosse con l’atto di appello,
I giudici di merito hanno invece argomentato innanzitutto da quanto apprezzato direttamente dalla polizia giudiziaria intervenuta, la quale ebbe m di vedere lo scambio tra lo stupefacente (già diviso in involucri) ed il denaro
Il dato, neppure messo in discussione dal ricorrente, trova confer nell’esito della perquisizione personale e domiciliare, essendosi rinvenuta solo una significativa somma di denaro contante (euro 1595,00), ma anche dell scatoline di metallo generalmente utilizzate per occultare lo stupefacente n carrozzeria dei veicoli.
Contrariamente a quanto apoditticamente sostenuto dal ricorrente, si tratta di elementi idonei a sostenere l’affermazione di responsabilità, che peraltro è relativa alla condotta di cessione.
Inoltre, come affermato da questa Corte nella sua più autorevole composizione, non è consentito il motivo che deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), stesso codice, per censurare l’omessa od erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti od acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglian connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità; d’altro canto, la riconduzione dei vizi di motivazione alla categoria di cui alla lettera c stravolgerebbe l’assetto normativo delle modalità di deduzione dei predetti vizi, che limita la deduzione ai vizi risultanti “dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame” , laddove, ove fossero deducibili quali vizi processuali ai sensi dell lettera c), in relazione ad essi questa Corte di legittimità sarebbe gravata da un onere non selettivo di accesso agli atti (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, par. 16.1).
Del resto, il vizio di motivazione, il cui scrutinio è validamente demandato in sede di legittimità, implica la carenza di motivazione o la sua manifesta illogicità (ovvero di macroscopica evidenza), entrambe assolutamente non ipotizzabili nel caso in esame, per quanto detto finora.
1.2. Anche il terzo motivo, con cui si lamenta il mancato riconoscimento della continuazione, non si confronta con la motivazione dei giudici di merito, e quindi deve ritenersi aspecifico.
Il ricorrente, infatti, si è limitato a richiamare la contiguità spazi temporale tra i reati, della stessa indole (p. 8 ricorso).
La Corte d’appello, invece, ha osservato come i reati separatamente giudicati siano frutto di determinazioni estemporanee e commessi a circa due anni di distanza.
A ciò deve aggiungersi che nessun elemento – neppure allegato dalla difesa – consente di ritenere l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, che segna il discrimine rispetto alla mera ricaduta.
Invero, l’unicità del disegno criminoso non deve essere confusa con la generale tendenza a porre in essere determinati reati, o comunque con la scelta di vita che implica la reiterazione di determinate condotte criminose.
Ciò che invece occorre è la progettazione ab origine di una serie ben individuata di illeciti che siano concepiti almeno nelle linee essenziali progettazione non può essere ritenuta sulla base dell’identità o dell’analogia dei singoli reati o di un generico contesto delittuoso, ovvero ancora della unicità della motivazione, occorrendo invece che sussistano specifici elementi a far fondatamente ritenere che tutti gli episodi siano frutto di una originaria ideazione determinazione volitiva (Sez. U., n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074; Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, COGNOME, Rv. 266615; Sez. 3, n. 896 del 17/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266179 – 01).
In difetto di tali specifici elementi – nemmeno dedotti – non si è in presenza ella ideazione unitaria utilmente spendibile ex art. 81 cod. pen., ma piuttosto della mera ricaduta nel reato e di una abitualità a delinquere (in tal senso, Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, COGNOME, Rv. 248862), ovvero della inclinazione a reiterare nel tempo violazioni della stessa specie.
1.3. Anche il quarto motivo è inammissibile.
Il motivo, con il quale il ricorrente lamenta anche la violazione dell’art. 133 cod. pen., non è consentito in sede di legittimità, in quanto mira ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non è stata frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 2, n. 47512 del 03/11/2022, COGNOME, non massimata; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; conf., Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142 – 01).
D’altra parte, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen..
Ciò posto il Collegio, nel ribadire il principio di diritto secondo cui l’obbligo una motivazione rafforzata in tema di trattamento sanzionatorio sussiste solo allorché la pena si discosti significativamente dal minimo edittale (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288-01), osserva come i giudici di merito, anche in questo caso con analoghe argomentazioni, hanno richiamato l’attenzione sugli indicatori di cui all’art. 133 cod. pen., ovvero la ripetizione de c,ondotte di cessione (avendo il Morzillo dichiarato di essere solito rifornirsi di droga dal ricorrente).
Il modestissimo scostamento dal minimo edittale si fonda quindi su una congrua motivazione, avendo i giudici di merito individuato indici di disvalore di tipo di valenza soggettiva (inerenti alla capacità a delinquere, anche in ragione della pregressa condanna).
Identica sorte spetta al motivo riguardante il diniego delle attenuanti generiche: la valutazione, infatti, è giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità (p. 7 sentenza impugnata), che fa leva sulla gravità del fatto e sulla assenza di elementi positivi di valutazione, ed essendo anzi il ricorrente gravato da una precedente condanna sempre per reati in materia di stupefacenti e, stando al narrato del Morzillo (con cui il ricorrente non si confronta), costantemente impegnato in tale attività.
Si tratta di una motivazione che, pertanto, è insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Caridi, Rv. 242419 -01), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a que ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altr da tale valutazione (Sez. 2, n. 23903 del 15/7/2020, COGNOME, Rv. 279549 02; conformi, Sez. 5, n. 43952 del 13/4/2017, COGNOME, Rv. 271269 -01; Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, COGNOME, Rv. 249163 – 01; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244 – 01).
La ratio della disposizione di cui all’art. 62-bis cod. pen., che attribuisce al giudice la facoltà di cogliere, sulla base di numerosi e diversificati dati . sintomatici, gli elementi che possono condurre ad attenuare la pena, non impone, infatti, al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti.
Ne consegue che anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione può legittimamente fondare il diniego.
Fermo restando che il ric . orrente, a fronte della motivazione offerta dai giudici di merito, non ha nemmeno indicato quali siano gli elementi pretermessi o mal valutati da cui far discendere l’applicazione delle attenuanti.
Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in euro tremila.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 luglio 2024
Il pres dente