Ricorso in Cassazione: Quando è Inammissibile? Analisi di un’Ordinanza
Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione è l’ultimo passo nel percorso giudiziario penale, ma non è una strada sempre percorribile. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci ricorda i rigidi paletti che determinano l’inammissibilità del ricorso in cassazione, chiarendo la differenza fondamentale tra un riesame dei fatti e un controllo sulla corretta applicazione della legge. Analizziamo questo caso per capire quali errori evitare e quali sono i limiti del giudizio di legittimità.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una condanna per concorso in furto aggravato. L’imputata, insieme ad altre due persone, era stata accusata di aver sottratto capi di abbigliamento da un grande magazzino per un valore di circa 550 euro. Il reato era stato aggravato dalla violenza sulle cose, dal numero di persone coinvolte e dalla recidiva.
Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano confermato la responsabilità penale della donna. Di fronte a questa “doppia sentenza conforme”, la difesa ha deciso di tentare l’ultima carta, proponendo ricorso alla Corte di Cassazione.
I Motivi del Ricorso e l’inammissibilità in cassazione
Il ricorso si basava essenzialmente su due punti:
1. Una contestazione della ricostruzione dei fatti, così come operata dai giudici di merito. La difesa, in sostanza, dissentiva dalla valutazione delle prove e chiedeva alla Cassazione una nuova interpretazione.
2. Una richiesta generica di rideterminazione della pena, senza però indicare specifiche ragioni di diritto o elementi fattuali che potessero giustificarla.
La Corte di Cassazione ha ritenuto entrambi i motivi inammissibili, chiudendo definitivamente la vicenda giudiziaria. Vediamo nel dettaglio le motivazioni alla base di questa decisione.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La decisione della Corte si fonda su principi consolidati della procedura penale che definiscono in modo netto il ruolo e i poteri della Cassazione.
Il Limite del Giudizio di Legittimità
Il punto cruciale della pronuncia è la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. I primi due gradi di giudizio (Tribunale e Corte d’Appello) si occupano del merito, ovvero di analizzare le prove (testimonianze, documenti, etc.) per ricostruire i fatti e decidere sulla colpevolezza dell’imputato.
La Corte di Cassazione, invece, svolge un giudizio di legittimità: non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici precedenti. Il suo compito è esclusivamente quello di verificare che la legge sia stata applicata correttamente. Chiedere alla Suprema Corte una nuova valutazione del materiale probatorio, come fatto dalla ricorrente, significa travalicare questi confini e snaturare la funzione stessa del ricorso. Questo principio è ancora più forte in presenza di una “doppia sentenza conforme”, dove due diversi collegi giudicanti sono giunti alla medesima conclusione sui fatti.
La Genericità dei Motivi di Ricorso
Il secondo motivo di ricorso è stato respinto per la sua genericità. La Cassazione ha ribadito che non è sufficiente chiedere una riduzione della pena; è necessario indicare con precisione le norme di legge che si ritengono violate e gli elementi specifici del caso che avrebbero dovuto portare a una conclusione diversa. Una doglianza vaga, che non si confronta con le argomentazioni della sentenza impugnata, si risolve in una mera richiesta di clemenza che non può trovare accoglimento in sede di legittimità.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche dell’Inammissibilità
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso in cassazione ha comportato non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo per la ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Questa ordinanza offre una lezione fondamentale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. È uno strumento tecnico, riservato a contestare specifici errori di diritto. Qualsiasi ricorso che si limiti a dissentire dalla valutazione delle prove o che formuli richieste generiche è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguenze economiche significative per il ricorrente.
Perché il ricorso presentato alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non erano appropriati per un giudizio di legittimità. In particolare, il primo motivo chiedeva una nuova valutazione delle prove, cosa non permessa alla Cassazione, mentre il secondo motivo era una richiesta generica di riduzione della pena, priva di specifiche argomentazioni giuridiche e fattuali.
Cosa significa che la Corte di Cassazione svolge un “giudizio di legittimità”?
Significa che la Corte non riesamina i fatti del caso o le prove per decidere se l’imputato sia colpevole. Il suo ruolo è limitato a controllare che i giudici dei gradi precedenti (Tribunale e Corte d’Appello) abbiano interpretato e applicato correttamente le norme di legge, senza commettere errori di diritto.
Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile?
La persona che ha presentato un ricorso dichiarato inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, tremila euro) da versare alla Cassa delle ammende. Inoltre, la sentenza di condanna impugnata diventa definitiva.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46139 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46139 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
OSSERVA
Rilevato che il difensore di NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia, in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata quella del Tribunale di Treviso di condanna della predetta per concorso nel furto a più riprese di capi di abbigliamento da un magazzino UPIM per un valore di euro 550,00, aggravato dalla violenza sulle cose e dal numero delle persone (tre) riunite, con la recidiva, aggravanti bilanciate in termini di equivalenza con l’attenuante dell’art. 62 n. 4, cod. pen. (in Treviso, il 9/11/2014);
ritenuto che il ricorso è inammissibile, quanto al primo motivo avendo la parte semplicemente dissentito rispetto alla ricostruzione dei fatti operata dai giudici territoriali sulla scorta delle evidenze istruttorie, senza un effettivo confronto con le giustificazioni a sostegno della . decisione censurata . in ipotesi di doppia . sentenza conforme quanto all’affermazione della penale responsabilità, risolvendosi la censura nella sollecitazione a questa Corte di legittimità di una rivalutazione del materiale probatorio che le è precluso (sui requisiti dell’atto di impugnazione Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione; sulla natura del giudizio di legittimità, tra le altre, sez. 3 n. 44418 del 16/7/2013, COGNOME, Rv, 257595; sez. 3 n. 13926 del 1/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252615; sez. 2, n. 37295 del 12/6/2019, Rv. 277218; sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, Rv. 265482; sez. 6 n. 25255 del 14/2/2012, Rv. 253099); quanto al secondo, trattandosi di doglianza del tutto generica, priva della indicazione delle ragioni in diritto e di dati fattuali a sostegno dell’invocata rideterminazione della pena;
che alla inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero quanto alla causa d’inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 7 novembre 2024