Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22881 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22881 Anno 2024
Presidente: COGNOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/07/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME e la memoria presentata;
ritenuto che i primi due motivi di ricorso, con i quali si contesta la correttezza della motivazione in punto di prova della penale responsabilità per i reati ascritti con particolare riguardo all’attendibilità della persona offesa, alla prova del nesso di causalità tra la condotta e l’evento lesivo della integrità fisica della vitt nonché dell’oggetto materiale della rapina, non sono consentiti in sede di legittimità;
che, invero, le doglianze difensive tendono a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatti mediante criteri valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito, estranee al sindacato di legittimità e avulse da pertinente individuazione di specifici e decisi travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti;
che, infatti, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali tali da imporre diversa conclusione del processo;
che, in particolare, non sono consentite tutte le doglianze che censurano la persuasività, l’adeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, d credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento;
che, in tema di controllo sulla motivazione, alla Corte di cassazione è normativamente preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno, dovendo piuttosto verificare la coerenza strutturale della sentenza alla stregua degli stessi parametri valutativi da cui essa è geneticamente informata, ancorché questi siano ipoteticamente sostituibili da altri (Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, )akani, Rv. 216260);
che il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per
la essenziale forza dimostrativa dell’elemento frainteso o ignorato, fermi restando il limite del devolutum in caso di cosiddetta “doppia conforme” e l’intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio; che, nel ricorso, si censurano supposti travisamenti del fatto o della prova basati su elementi che attengono, ex adverso, all’interpretazione dei dati processuali, non sindacabile in questa sede;
che, nel caso di specie, i giudici del merito hanno ampiamente esplicitato, con argomentazioni esenti da criticità giustificative, le ragioni del loro convincimento (si vedano, in particolare, pagg. 5 – 9);
considerato che le ulteriori censure, inerenti alle circostanze di cui agli artt. 62-bis e 99, quarto comma, cod. pen., oltre ad essere prive dei requisiti di specificità previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 581 cod. proc. pen., son comunque manifestamente infondate in quanto i giudici del merito hanno ampiamente motivato sul punto (si veda pag. 10);
che, invero, nel motivare il diniego della diminuente richiesta, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente un congr riferimento agli elementi negativi ritenuti decisivi o rilevanti ovvero all’assenza elementi positivi, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazion come avvenuto nella specie;
che, quanto alla recidiva, i giudici hanno ampiamente esplicitato le ragioni del riconoscimento della circostanza aggravante contestata, facendo corretta applicazione dei principi della consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui la recidiva deve essere intesa quale elemento sintomatico di un’accentuata pericolosità sociale del prevenuto;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
rilevato che l’inammissibilità dei motivi di ricorso proposti si estende, ai sensi dell’art. 585 comma 4 cod. proc. pen., ai motivi nuovi: infatti, si deve ribadire che “l’inammissibilità dei motivi originari del ricorso per cassazione non può essere sanata dalla proposizione di motivi nuovi, atteso che si trasmette a questi ultimi il vizio radicale che inficia i motivi originari per l’imprescindibile vincolo connessione esistente tra gli stessi e considerato anche che deve essere evitato il surrettizio spostamento in avanti dei termini di impugnazione” (Sez.5, n. 48044 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277850);
kleA •
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 28 maggio 2024.