Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33562 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 33562  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/01/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di COGNOME NOME-, ritenuto che il primo motivo di ricorso, con cui si deduce la ricorrenza del vizio di violazione di legge posta a fondamento della dichiarazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 640 cod. pen., sulla base della diversa lettura dei da processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o di un diverso giudizio di rilevanza o -comunque- di attendibilità delle fonti di prova, non è consentito dalla legge, stante la preclusione per la Corte di cassazione, non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260);
che il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza del reato (si vedano pp. 2-3 della sentenza impugnata relativamente dall’identificazione del responsabile del delitto di truffa nell’intestatario della carta su cui si realiz l’incameramento del profitto);
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, con cui si deduce la ricorrenza del vizio di violazione di legge, per mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., è indeducibile, perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito sulla base di logiche motivazioni, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
ritenuto che il terzo motivo di ricorso con il quale si deduce, in subordine, il vizio di violazione di legge per erronea applicazione dell’art. 99 cod. pen., non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato in diritto;
che, in relazione a questi ultimi due motivi, il giudice di merito ha fatto corretta applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’arco temporale in cui questi risultano consumati, essendo egli tenuto ad esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e le precedenti condanne, verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto, che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato “sub iudice” (si veda, in particolare, p. 3
dell’impugnata sentenza, ove la pericolosità sociale del ricorrente viene dedotta dalle plurime condanne per precedenti reati);
ritenuto che il quarto motivo di ricorso che deduce la ricorrenza del vizio di violazione di legge per la mancata ritenuta prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, nonché della circostanza di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. sulla recidiva, non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato in diritto, giacché implica una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito che sfugge al sindacato di legittimità, qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia invece sorretta da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che, per giustificare la soluzione dell’equivalenza, si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931);
che le conclusioni logicamente argomentate del giudice del merito (si vedano pp. 3 e 4 della sentenza impugnata, relativamente alla rilevata consistenza del danno, ostativa all’applicazione delle suddette attenuanti e alla già riconosciuta applicazione delle attenuanti generiche) sono, pertanto, incensurabili;
ritenuto infine che il quinto motivo di ricorso, con cui deduce la ricorrenza del vizio di violazione di legge per mancata applicazione della pena sostitutiva ex art. 20-bis D. Lgs. 150/2022 è manifestamente infondato;
che la sentenza impugnata ha infatti posto a base del rigetto argomentazioni logiche e ineccepibili che, ai sensi di quanto disposto all’art. 133 cod. pen., includono, oltre alla valutazione dell’astratta gravità del reato, anche la capacità a delinquere dell’imputato, ed evidenziano, quindi, aspetti soggettivi della personalità del ricorrente che fondano un giudizio di prognosi sfavorevole sull’efficacia rieducativa della pena sostitutiva, secondo un giudizio tipicamente di merito privo di vizi di illogicità e non sindacabile in sede di legittimità;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 12 settembre 2025.