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Inammissibilità ricorso Cassazione: limiti all’appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro una condanna per furto in abitazione. L’inammissibilità del ricorso in Cassazione è stata motivata dall’impugnazione di atti procedurali non appellabili, dalla richiesta di una nuova valutazione dei fatti e dalla proposizione di motivi non sollevati in appello. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando l’Appello Non Supera il Vaglio

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio dei rigorosi limiti entro cui deve muoversi un ricorso per Cassazione, evidenziando come non tutte le doglianze possano essere portate all’attenzione della Suprema Corte. Il caso analizzato, relativo a una condanna per furto in abitazione, si conclude con una dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione, una decisione che sottolinea l’importanza di formulare motivi di impugnazione giuridicamente fondati e pertinenti al giudizio di legittimità.

I Fatti del Processo

Il percorso giudiziario ha origine da una sentenza del Tribunale di Marsala, che affermava la responsabilità penale di un imputato per il reato di concorso in furto in abitazione, condannandolo all’esito di un giudizio abbreviato. La decisione veniva successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Palermo. L’imputato, non rassegnandosi alla doppia condanna, proponeva ricorso per Cassazione, articolando tre distinti motivi di censura.

I Motivi del Ricorso e l’Inammissibilità in Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato e respinto tutti e tre i motivi, dichiarando l’intero ricorso inammissibile. Vediamo nel dettaglio perché ciascun motivo non ha superato il vaglio di ammissibilità.

Primo Motivo: L’Impugnazione di Provvedimenti Ordinatori

Il ricorrente lamentava una presunta irregolarità legata alla gestione procedurale del caso, specificamente riguardo a provvedimenti sulla riunione dei procedimenti. La Corte ha ribadito un principio consolidato: i provvedimenti meramente ordinatori, che servono a regolare lo svolgimento del processo senza decidere sul merito, non sono soggetti a impugnazione. Essi sono considerati atti interni alla gestione processuale e, come tali, non possono costituire motivo di ricorso in Cassazione.

Secondo Motivo: La Richiesta di Rivalutazione delle Prove

Il secondo motivo riguardava la mancata concessione di un’attenuante. L’imputato, in sostanza, chiedeva alla Corte di Cassazione di rileggere e reinterpretare le prove raccolte per giungere a una conclusione diversa da quella dei giudici di merito. Anche in questo caso, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso in Cassazione, ricordando che il suo ruolo non è quello di un “terzo grado” di giudizio sui fatti, ma di controllo sulla corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità). Non è consentito proporre una “rilettura alternativa” delle fonti di prova.

Terzo Motivo: Le Attenuanti Generiche non Sollevate in Appello

Infine, il ricorrente si doleva della mancata concessione delle attenuanti generiche. La Corte ha rilevato una duplice criticità: in primo luogo, questa specifica lamentela non era stata sollevata nell’atto di appello, e non può quindi essere proposta per la prima volta in Cassazione. In secondo luogo, il giudice di primo grado aveva comunque fornito una motivazione adeguata per negare tali attenuanti, rendendo la doglianza manifestamente infondata.

Le Motivazioni della Corte

La decisione della Corte di Cassazione si fonda su principi cardine della procedura penale. L’inammissibilità non è una decisione sul merito della colpevolezza, ma un giudizio preliminare che blocca l’esame del ricorso perché non rispetta le regole di accesso al giudizio di legittimità.
La Corte ha evidenziato che il suo compito è verificare la presenza di vizi di legge (violazione di norme o difetti di motivazione logica), non di riesaminare le prove o di valutare l’opportunità delle decisioni di merito. Ogni motivo del ricorso proposto dall’imputato si scontrava con questi limiti: il primo riguardava un atto non impugnabile, il secondo invadeva la sfera del giudizio di fatto riservata ai gradi inferiori, e il terzo introduceva una questione non tempestivamente sollevata.

Le Conclusioni

L’ordinanza è perentoria: il ricorso viene dichiarato inammissibile. La conseguenza diretta, prevista dall’articolo 616 del codice di procedura penale, è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione serve da monito sull’importanza di redigere ricorsi per Cassazione tecnicamente ineccepibili, focalizzati esclusivamente su questioni di diritto e sollevando le doglianze nei tempi e nelle sedi processuali corrette. Tentare di trasformare il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con le relative conseguenze economiche.

È possibile impugnare in Cassazione un provvedimento che nega la riunione di più procedimenti?
No, la Corte ha stabilito che i provvedimenti meramente ordinatori, come quelli sulla riunione, sono sottratti a ogni forma di impugnazione in quanto non decisori.

Si può chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove per concedere un’attenuante?
No, il ricorso è stato dichiarato inammissibile proprio perché mirava a una rilettura alternativa delle fonti probatorie, un’attività di valutazione del merito che non spetta alla Corte di Cassazione, la quale giudica solo sulla corretta applicazione della legge.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale. In questo caso, la somma è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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