Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando le Doglianze sono Precluse
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti del diritto di impugnazione, chiarendo i motivi che portano alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione. La vicenda riguarda un imputato che, dopo una prima pronuncia della Suprema Corte con rinvio alla Corte d’Appello, ha tentato di rimettere in discussione aspetti già vagliati o palesemente infondati, vedendosi respingere il ricorso. Analizziamo nel dettaglio la decisione e i principi di diritto che ne emergono.
I Fatti di Causa
La controversia nasce da una sentenza della Corte d’Appello di Palermo che, in qualità di giudice di rinvio, aveva rideterminato la pena a carico di un imputato in 10 anni e 8 mesi di reclusione. Nonostante la precedente pronuncia della Corte di Cassazione avesse già definito alcuni punti della vicenda, l’imputato decideva di presentare un nuovo ricorso, basandolo su due motivi principali: un’erronea applicazione della norma sulla recidiva e un presunto vizio di motivazione sul calcolo della pena.
L’Inammissibilità del Ricorso per Questioni Già Decise
Il primo motivo di ricorso sollevato dall’imputato riguardava la contestata recidiva e la presunta nullità della sentenza per erronea applicazione dell’art. 99, comma 4, del codice penale. La Corte di Cassazione ha stroncato sul nascere questa doglianza, dichiarandola inammissibile.
La ragione di tale decisione risiede in un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale, sancito dall’art. 627, comma 3, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che il giudice di rinvio deve uniformarsi alla sentenza della Corte di Cassazione per ogni questione di diritto da essa decisa. Di conseguenza, una volta che la Suprema Corte si è pronunciata su un punto di diritto, tale punto non può più essere oggetto di discussione nel successivo giudizio di rinvio né in un eventuale ulteriore ricorso. Nel caso specifico, la Cassazione ha evidenziato come la medesima censura fosse già stata esaminata e dichiarata inammissibile con una precedente sentenza (n. 25239/2022), creando una preclusione processuale insormontabile.
La Valutazione sulla Dosimetria della Pena
Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla presunta assenza di motivazione sulla dosimetria della pena in aumento per la continuazione, ha subito la stessa sorte. L’imputato lamentava una carenza argomentativa da parte della Corte d’Appello nel quantificare l’aumento di pena per i reati satellite.
La Suprema Corte ha ritenuto anche questa doglianza palesemente inammissibile. La motivazione è tanto semplice quanto logica: le pene applicate in aumento erano state determinate in una misura “oltremodo contenuta” e, addirittura, inferiore al limite di legge stabilito dall’art. 81 del codice penale. In sostanza, l’imputato si lamentava di una pena già eccezionalmente mite. Secondo la Corte, una censura di questo tipo, di fronte a un trattamento sanzionatorio di favore, è priva di fondamento e non merita di essere esaminata nel merito.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Corte si fonda su due pilastri giuridici solidi. In primo luogo, il principio della forza vincolante delle sentenze della Cassazione nel giudizio di rinvio. Una volta che la Suprema Corte ha stabilito un principio di diritto, esso diventa “legge” per quel processo, impedendo alle parti di rimetterlo in discussione. Questo garantisce la certezza del diritto e la ragionevole durata del processo, evitando che le stesse questioni vengano dibattute all’infinito. In secondo luogo, il principio di manifesta infondatezza. Un ricorso è inammissibile non solo per vizi formali, ma anche quando le lamentele sollevate sono chiaramente prive di qualsiasi pregio giuridico, come nel caso di una critica a una pena già determinata in misura più favorevole di quanto la legge stessa preveda.
Conclusioni
L’ordinanza analizzata rafforza l’importanza del principio di preclusione processuale e del divieto di abuso dello strumento impugnatorio. Le parti devono essere consapevoli che il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato per riproporre questioni già decise o per sollevare critiche pretestuose. La dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione, con la conseguente condanna al pagamento delle spese e di un’ammenda, rappresenta un chiaro monito a utilizzare gli strumenti processuali in modo responsabile e mirato, concentrandosi su vizi concreti e rilevanti della decisione impugnata.
Una questione di diritto già decisa dalla Corte di Cassazione può essere riproposta in un successivo ricorso?
No, l’ordinanza chiarisce che una questione di diritto già decisa è preclusa. Il giudice del rinvio e le parti devono attenersi a quanto stabilito dalla Cassazione, ai sensi dell’art. 627, comma 3, del codice di procedura penale, e la stessa questione non può essere nuovamente sollevata.
Quando una lamentela sulla quantificazione della pena viene considerata inammissibile?
Secondo la Corte, una doglianza sulla dosimetria della pena è inammissibile quando la sanzione applicata risulta già estremamente contenuta, e addirittura inferiore ai limiti minimi previsti dalla legge. In tali circostanze, la critica è considerata manifestamente infondata.
Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile?
Come stabilito nel provvedimento, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5338 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5338 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 28/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a VILLE DE TOURCOING( FRANCIA) il 13/06/1966
avverso la sentenza del 31/01/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritenuto che, con l’impugnata sentenza, la Corte d’Appello di Palermo, decidendo in sede di rinvio dalla Cassazione, ha rideterminato la pena inflitta, per quanto di interesse, nei confronti di NOME COGNOME in anni 10 e mesi 8 di reclusione.
Considerato che il primo motivo di ricorso, con cui NOME lamenta nullità della sentenza per erronea applicazione dell’art. 99 c. 4 cod. pen., e per vizio della motivazione in merito al riconoscimento della contestata recidiva è inammissibile poiché prospetta una doglianza preclusa ex art. 627, comma 3 cod. pen. a norma del quale il giudice di rinvio si uniforma alla sentenza della Corte di cassazione per ciò che concerne ogni questione di diritto con essa decisa; e, invero, nel caso di specie, la censura in questione è già stata esaminata e dichiarata inammissibile dalla sentenza rescindente di questa Corte n. 25239/2022 (pag. 28, § 12).
Rilevato che del pari inammissibile è il secondo motivo, con il quale l’imputato lamenta assenza di motivazione in ordine alla dosimetria sanzionatoria, con riferimento specifico alle pene in aumento per la continuazione, atteso che le stesse risultano determinate in misura oltremodo contenuta, peraltro in misura inferiore al limite di legge di cui all’art. 81 ult. comma cod. pen.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna dell #3 ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/11/2024