Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12855 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12855 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/01/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
a
R.g. NUMERO_DOCUMENTO –
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Catania che ha rigettato la richiesta di revisione della sentenza emessa dalla Corte di Assise di Caltanissetta, con il quale il ricorrente era stato condannato per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen.;
Considerato che il primo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente denunzia la mancata ammissione dei mezzi di prova richiesti dalla difesa volti a contestare l’attendibilità delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia a cari dell’imputato, è generico per indeterminatezza perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc, pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, che ha dato conto delle ragioni della parziale rinnovazione della istruttoria dibattimentale, non indica gli aspetti di decisiva rilevanza delle nuove prove di cui chiede l’ammissione, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato;
Considerato che il secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente censura la valutazione delle prove assunte da parte del giudice di secondo grado, non è consentito dalla legge in sede di legittimità, perché tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti e delle prove mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, pagg. 5 e seguenti);
Considerato che la deduzione incentrata sul mancato scrutinio del novum costituito dalle dichiarazioni di NOME COGNOME, acquisite solo dalla Corte di appello in sede di rinnovazione istruttoria, è generica perché non si confronta con la motivazione resa dalla Corte di appello (in particolare, alle pg. 11 e 12), che ha esplicitato congruamente le ragioni della ritenuta attendibilità del collaboratore, nel presente giudizio, correlate alla condanna subita in seguito alle sue propalazioni e al contesto mafioso nel quale ha trascorso l’intera sua vita;
Considerato altresì, sempre con riguardo alle dichiarazioni di COGNOME, che egli stesso, per come si legge a pg. 7 della sentenza impugnata, ha ricondotto la sua affiliazione alla adolescenza, in quanto figlio del capo della famiglia dell’Acquasanta alla quale apparteneva anche lui, cosicchè non v’è ragione per disconoscere l’attendibilità delle sue dichiarazioni anche ove riferite a risalente periodo;
ritenuto che il ricorso risulta evidentemente inammissibile alla luce del principio pacifico in sede di legittimità secondo cui sono inammissibili quelle doglianze che non denuncino mancanze argomentative e illogicità ictu °cui/ percepibili dell’apparato argomentativo, ma tendano a ottenere un non consentito sindacato su scelte valutative compiute dai giudici della cognizione, dovendo la Corte di legittimità limitarsi a ripercorrere l’iter argomentativo svolto dal giudice di merito per verificare la completezza e l’insussistenza di vizi logici manifesti, senza possibilità di valutare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (ex plurimis Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074). Ne consegue che la sentenza impugnata non presta il fianco ad alcuna censura, considerate le caratteristiche della giudizio di legittimità nell’ordinamento italiano, secondo cui la Corte di cassazione essa è legittimata a verificare la congrua applicazione dei principi probatori, astrattamente stabiliti, al caso concreto, mentre le è interdetto di rivalutare la credibilità dei singoli mezzi di prova già esaminati dal giudice di merito.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 28 febbraio 2024.