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Inammissibilità ricorso Cassazione: limiti al riesame

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso avverso una condanna per frode. I motivi, incentrati su una nuova valutazione delle prove e sull’eccessività della pena, sono stati respinti. La Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti, competenza dei giudici di merito, ma di controllare la legittimità e la logicità della decisione. L’inammissibilità del ricorso in Cassazione ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando la Corte Suprema Non Riesamina i Fatti

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: i limiti del giudizio di legittimità. Il caso in esame offre un chiaro esempio di inammissibilità ricorso Cassazione quando i motivi proposti mirano, in realtà, a ottenere un nuovo esame del merito della vicenda, attività preclusa alla Suprema Corte. Analizziamo la decisione per comprendere meglio i confini tra il giudizio di merito e quello di legittimità.

Il caso: un appello contro la condanna in secondo grado

Un imputato, condannato dalla Corte d’Appello per il reato previsto dagli articoli 110 e 642, comma 2, del codice penale (concorso in fraudolenta distruzione della cosa propria), decideva di presentare ricorso per Cassazione. L’obiettivo era quello di contestare la sentenza di condanna, basando il proprio appello su due principali motivi: l’illogicità della motivazione riguardo alla sua colpevolezza e l’eccessività della pena inflitta.

I motivi del ricorso e la risposta della Corte

L’imputato ha tentato di scardinare la sentenza di condanna attraverso due argomentazioni distinte, entrambe però destinate a scontrarsi con i paletti procedurali del giudizio di legittimità.

Primo motivo: la contestazione sulla valutazione delle prove

Il ricorrente contestava la correttezza della motivazione della sentenza d’appello, sostenendo che fosse illogica e basata su una valutazione errata delle prove. In pratica, chiedeva alla Cassazione di riconsiderare le fonti di prova e di giungere a una conclusione diversa da quella dei giudici di merito.

Secondo motivo: la presunta eccessività della pena

Il secondo motivo di ricorso verteva sulla quantificazione della pena, ritenuta sproporzionata. Anche in questo caso, si chiedeva alla Corte Suprema di intervenire su un aspetto che la legge affida alla valutazione discrezionale del giudice di merito.

La decisione della Suprema Corte: l’inammissibilità ricorso Cassazione come principio cardine

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambe le censure, dichiarando l’intero ricorso inammissibile. La decisione si fonda su principi consolidati della giurisprudenza, che delineano nettamente il perimetro del giudizio di legittimità.

Le motivazioni

Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha ricordato che non le è consentito “sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi”. Il suo compito non è quello di effettuare un terzo grado di giudizio sul fatto, ma di verificare che la motivazione della sentenza impugnata sia esente da vizi logici e che la legge sia stata applicata correttamente. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano esplicitato in modo adeguato le ragioni del loro convincimento, individuando correttamente gli elementi costitutivi del reato.

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile e manifestamente infondato. La Corte ha ribadito che la “graduazione della pena” rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale la esercita in aderenza ai principi enunciati negli articoli 132 e 133 del codice penale. L’onere argomentativo del giudice di merito era stato assolto adeguatamente, con un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi per la commisurazione della sanzione.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame è un’importante conferma del ruolo e della funzione della Corte di Cassazione. Non è un “super-giudice” che può rimettere in discussione le valutazioni di fatto, ma un organo di controllo sulla corretta applicazione del diritto. La dichiarazione di inammissibilità ricorso Cassazione non solo chiude definitivamente la vicenda processuale, ma comporta anche conseguenze economiche per il ricorrente, condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa decisione serve da monito: il ricorso per Cassazione deve essere fondato su vizi di legittimità reali e specifici, non su un generico dissenso rispetto all’esito dei gradi di merito.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di valutare nuovamente le prove presentate nei gradi di giudizio precedenti?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che non le è consentito sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di giudizio. Il suo ruolo è limitato al controllo della logicità della motivazione e della corretta applicazione della legge.

La Corte di Cassazione può ridurre una pena ritenuta eccessiva dall’imputato?
No, un motivo di ricorso che contesta l’eccessività della pena non è consentito in sede di legittimità. La graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita secondo i principi degli artt. 132 e 133 del codice penale, e la Corte può intervenire solo se la motivazione è palesemente illogica o mancante.

Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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