Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 26858 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 26858 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a TORREMAGGIORE il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CREMONA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SAN SEVERO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a FOGGIA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a FOGGIA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SAN SEVERO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/05/2022 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, la quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 30 maggio 2022, la Corte d’appello di Bari, per quanto ancora rileva, ha confermato la decisione di primo grado nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, salvo rideterminare le pena inflitta a NOME COGNOME per effetto della concessione delle circostanze attenuanti generiche in regime d’equivalenza alle contestate aggravanti. Gli imputati sono stati condannati per i reati loro rispettivamente ascritti nei capi d’imputazione e che verranno indicati più specificamente, nei limiti necessari per l’esame dei motivi di ricorso.
Avverso la sentenza, nell’interesse dei citati imputati, sono stati proposti distinti ricorsi per cassazione, affidati ai motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3 Ricorso di NOME COGNOME, NOME COGNOMECOGNOME NOME COGNOME
3.1 Con il primo motivo, si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli reati-fine loro rispettivamente ascritti, in quanto l’affermazione di responsabilità non è stata fondata su elementi che consentono di ritenere gli imputati colpevoli oltre ogni ragionevole dubbio: in particolare , si osserva che sebbene in alcuni dialoghi captati gli interlocutori si chiamino per nome, ciò non dimostra che si tratta dei ricorrenti, né che gli stessi abbiano partecipato ai delitti attribuiti loro; irrilevante sarebbe anche il fatto che l’autovettura appartenesse al NOME, il quale non ne aveva l’uso esclusivo.
3.2 Col secondo motivo, si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del reato associativo. Dopo un richiamo alla giur di questa corte in tema di requisiti oggettivi e sogg del delitto de quo, il ricorso contesta che siano stati acquisiti elementi idonei a dimostrare non il mero concorso nei reati-fine, ma il delitto associativo.
3.3 Col terzo motivo, si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla dosimetria della pena. In particolare, la Corte non ha distinto l’aumento applicato per i reati avvinti dal vincolo della continuazione; nulla è detto sulla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche agli incensurati ricorrenti, né si argomenta in ordine all’identità del trattamento sanzionatorio pur in presenza di condotte diverse. Il motivo assume che la gravità dei fatti implicitamente depone per la impossibilità di concedere le attenuanti generiche, che tuttavia sarebbero necessarie per ristabilire la proporzionalità della pena
rispetto agli imputati ai quali neppure era stata contestata la recidiva esclusa per altri.
4. Ricorso di NOME COGNOME
Con l’unico motivo di ricorso si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge in relazione alla attribuzione al COGNOME del reato associativo, del quale difetterebbero i necessari elementi oggettivi e soggettivi, anche alla luce della rilevata struttura non gerarchica dell’affermato sodalizio e della diversità dei reati – fine dei quali i vari imputati sono stati chiamati a rispondere.
5. Ricorso di NOME COGNOME
5.1. Con il primo motivo si lamenta violazione di legge, in relazione alla lesione del principio del contraddittorio che sarebbe stata realizzata mediante la riqualificazione dell’originario delitto in furto pluriaggravato, ai sensi dell’art. 625, primo comma, n. 2 e 5, cod. pen., del quale non ricorrerebbero i presupposti.
5.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione al ritenuto diniego delle circostanze attenuanti generiche, quantomeno con giudizio di equivalenza e alla ritenuta sussistenza della recidiva, non sorretta da una adeguata motivazione.
6. Ricorso di NOME COGNOME
6.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione all’affermazione di responsabilità per il delitto di ricettazione di cui al capo 7, contestando l’identificabilità nell’imputato del conversante di cui al dialogo intercettato e alla equivocità del dato costituito dal fatto che il COGNOME abiti nella stessa via nella quale si trova il garage presso il quale gli autori del furto avevano ricoverato la furtiva.
6.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione: a) al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen., fondato sul collegamento dell’imputato con un sodalizio del quale, tuttavia, non era mai stato ritenuto partecipe; b) al silenzio argomentativo in ordine alla circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen., della quale ricorrerebbero i presupposti; c) alla carenza di motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione.
Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, a) le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO
Procuratore generale, AVV_NOTAIO COGNOME, la quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
Considerato in diritto
1. Ricorso di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME.
1.1. Il primo motivo di ricorso è aspecifico e assertivo, nel senso che, senza confrontarsi con l’apparato argomentativo della decisione impugnata, contesta le conclusioni raggiunte dalla Corte territoriale, quanto all’identità dei conversanti nei dialoghi intercettati, alla luce della titolarità dell’autovettura adoperata da parte del COGNOME e delle risultanze delle annotazioni di p.g. anche quanto agli esiti dei controlli da parte di vari equipaggi delle forze di polizia. La superficialità delle critiche mosse alla sentenza impugnata esime dall’indugiare ulteriormente sulla significatività dell’utilizzo dei nomi di battesimo nel corso delle conversazioni.
1.2. Aspecifico è anche il secondo motivo di ricorso che contesta l’affermazione di responsabilità per il delitto associativo attraverso una generale ricostruzione degli orientamenti giurisprudenziali, senza confrontarsi con gli indici valorizzati dai giudici di merito, a proposito delle coordinate e reiterate modalità esecutive, rivelatrici di una puntuale organizzazione, realizzata attraverso una suddivisione dei compiti tra i correi, finalizzata al compimento di una serie indeterminata di delitti.
1.3. Il terzo motivo è manifestamente infondato e aspecifico.
Per quanto riguarda la determinazione della pena, occorre considerare che i giudici di merito sono partiti dal minimo edittale previsto per il più grave reato di furto pluriaggravato.
Con riguardo alle circostanze attenuanti generiche, si rileva che esse sono state escluse con motivazione (fondata sulla pericolosità espressa dalle concrete modalità delle condotte illecite realizzate) esente da manifesta illogicità, che si sottrae, pertanto, al sindacato di questa Corte (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio, espressione della consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, COGNOME, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244).
Del tutto incongruo è poi il parallelo che il ricorso pretende di istituire tra soggetti ai quali la recidiva era stata contestata, ma poi esclusa, e soggetti ai quali
la recidiva non era neppure stata contestata: infatti l’esclusione della circostanza aggravante rende la posizione degli imputati del tutto equivalenti.
Quanto poi al tema degli aumenti per la continuazione, il ricorso è del tutto generico, non solo alla luce della concreta entità dell’aumento ma del criterio, genericamente quantitativo, valorizzato in ricorso che ha riguardo al numero dei capi di imputazione attribuiti all’uno o all’altro imputato.
È, infatti, vero che, in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite (Sez. 11, n. 47127 del 24/06/2021, Pizzone, Rv. 282269 – 01), ma è altresì vero, secondo quanto precisato da quest’ultima decisione, che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati (ciò che va considerato con riferimento alla posizione di ciascun imputato), che risultino rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene.
2. Ricorso di NOME COGNOME
La doglianza, al pari di quanto visto a proposito del secondo motivo del ricorso che precede, è del tutto aspecifica, in quanto, richiamati i criteri di verifica della sussistenza di un sodalizio criminoso, omette di confrontarsi con i dati fattuali valorizzati dai giudici di merito.
D’altra parte, ribadito che, ai fini della configurabilità del delitto di associazione per delinquere, è necessaria la sussistenza di un’organizzazione strutturale, che può anche essere rudimentale e preesistente all’ideazione criminosa, purché si presenti adeguata allo scopo illecito perseguito (tra le molte, per l’affermazione del principio, v. Sez. 6, n. 15573 del 28/02/2017, Di Guardo, Rv. 269952 – 01) e che non è necessaria né l’individuazione di una struttura gerarchica (v., ad es., Sez. 3, n. 19198 del 28/02/2017, COGNOME, Rv. 269937 – 0) né la concreta commissione di reati, diviene del tutto irrilevante il dato – al quale si fa cenno nel ricorso – che gli imputati rispondano di illeciti diversi.
3. Ricorso di NOME COGNOME
3.1. Il primo motivo è manifestamente infondato, non emergendo alcuna riqualificazione del reato originariamente contestato al ricorrente. Che si tratti della riproposizione di doglianza concernente altro procedimento è confermato dall’accenno, nell’esposizione del motivo alla Corte d’appello di Napoli, ossia ad un organo giudicante diverso da quello che ha pronunciato la sentenza impugnata.
Quanto poi alla contestazione della sussistenza degli elementi costitutivi del delitto di furto ritenuto, le censure sono assolutamente generiche nel senso che neppure indicano quali profili di doglianza sviluppati nell’atto di appello sarebbero stati trascurati dai giudici di secondo grado che, si ripete, in punto di affermazione di responsabilità, si sono limitati a confermare la decisione del Tribunale.
3.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato quanto alle circostanze di cui all’art. 62-bis cod. pen., che risultano, invece, concesse dalla Corte territoriale.
Del tutto generiche sono poi le doglianze in tema di ritenuta sussistenza della recidiva; né il ricorrente indica quali decisive censure svolte con l’atto di impugnazione sarebbero state trascurate dalla Corte territoriale.
4. Ricorso di NOME COGNOME.
4.1. Il primo motivo di ricorso è generico. I due dati della collocazione dell’abitazione e del contenuto della conversazione intercettata vanno letti contestualmente e non atomisticamente e rilevano la piena consapevolezza, da parte del COGNOME, della provenienza delittuosa dei beni ricevuti.
Quanto al contenuto delle conversazione, va ribadito che, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità.
(Sez. U, Sentenza n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 – 01).
4.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato e aspecifico.
Come osservato dalle Sezioni Unite di questa Corte, il giudizio sulla tenuità del fatto richiede una valutazione complessa, che ha ad oggetto le modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., richiedendosi una equilibrata considerazione di tutte le peculiarità della fattispecie concreta che tenga conto anche del grado di colpevolezza desumibile dalle modalità della condotta e dell’entità del danno o del pericolo arrecato alla persona offesa e non solo di quelle che attengono all’entità dell’aggressione del bene giuridico protetto (Sez. U, n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. 266590).
Al riguardo, diversamente da quanto ritenuto dal ricorrente, la Corte d’appello valorizza non la partecipazione al sodalizio ma il dato che la condotta è stata tenuta nel contesto di una relazione con i componenti dell’associazione.
Con riguardo alla circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen., premesso che il ricorrente non indica quali decisive circostanze sviluppate nell’atto di appello sarebbero state trascurate dalla Corte territoriale, si osserva che la
doglianza è comunque generica perché neppure indica i concreti i presupposti di sussistenza della circostanza.
Sul giudizio di comparazione tra circostanze, la motivazione, del tutto logica, si coglie nell’assenza di elementi positivi valorizzabili al fine di rendere maggiormente incisive le circostanze generiche riconosciute.
Per i motivi fin qui esposti, il collegio dichiara inammissibili i ricorsi. Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 16/02/2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente