Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando i Motivi Sono Ripetitivi
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di inammissibilità del ricorso in Cassazione, un concetto fondamentale nel diritto processuale penale. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso di un imputato, condannato per resistenza a pubblico ufficiale e reati legati agli stupefacenti, sottolineando come la presentazione di motivi generici o meramente ripetitivi di argomentazioni già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio non possa trovare accoglimento in sede di legittimità.
I Fatti di Causa
Il caso riguarda un uomo condannato in primo grado e in appello per aver opposto resistenza violenta a un assistente di polizia e per la detenzione di sostanze stupefacenti destinate alla cessione. L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, contestando la configurabilità del reato di resistenza, la valutazione sulla destinazione della droga e l’eccessività della pena inflitta, con particolare riferimento alla mancata disapplicazione della recidiva.
La Decisione della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza numero 46952 del 2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito dei fatti, poiché il giudizio di legittimità non è una terza istanza di giudizio, ma si limita a verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione delle sentenze precedenti. La Corte ha ritenuto che i motivi del ricorso non fossero conformi ai requisiti richiesti dalla legge.
Le Motivazioni della Decisione
La Suprema Corte ha basato la sua decisione su tre pilastri argomentativi principali, ciascuno dei quali evidenzia un vizio specifico del ricorso presentato.
La natura della condotta e il reato di resistenza
Il ricorrente sosteneva che la sua condotta dovesse essere interpretata come un semplice tentativo di ‘divincolamento’ e non come una violenta aggressione. La Corte ha respinto questa tesi, confermando la valutazione dei giudici di merito. La condotta, consistita nello scalciare contro un agente, è stata correttamente qualificata come una violenta aggressione ai danni di un pubblico ufficiale, integrando pienamente il reato previsto dall’art. 337 del codice penale.
L’applicazione della recidiva e la pericolosità sociale
Un punto cruciale del ricorso riguardava la pena e l’applicazione della recidiva. L’imputato lamentava un trattamento sanzionatorio eccessivo. La Cassazione ha ritenuto la censura manifestamente infondata, evidenziando come la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione esauriente e logica. La recidiva è stata giustificata sottolineando la ‘perseveranza’ dell’imputato nell’illecito, un comportamento che dimostra una specifica pericolosità sociale e un’indifferenza verso le punizioni già subite. La motivazione della pena, se aderente a elementi oggettivi e logicamente corretta, non è sindacabile in sede di legittimità.
Il principio di autosufficienza e la ripetitività dei motivi
La ragione principale dell’ inammissibilità del ricorso in Cassazione risiede nel fatto che i motivi erano ‘riproduttivi di censure adeguatamente vagliate e disattese’ dai giudici di merito. In pratica, l’imputato ha riproposto le stesse argomentazioni già esaminate e rigettate in appello, senza individuare vizi specifici di legittimità nella sentenza impugnata. Questo trasforma il ricorso in un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, compito che esula dalle competenze della Corte di Cassazione.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Per superare il vaglio di ammissibilità, i motivi devono essere specifici, pertinenti e devono denunciare errori di diritto o vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata. La mera riproposizione di argomenti di merito conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Per quale motivo principale il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano meramente riproduttivi di censure già adeguatamente esaminate e respinte dai giudici di merito, senza sollevare reali questioni di legittimità.
Come è stata distinta la condotta dell’imputato da un semplice tentativo di divincolarsi?
La Corte ha stabilito che la condotta dell’imputato, consistita in una violenta aggressione (scalciando) ai danni di un assistente di polizia, non poteva essere considerata un semplice tentativo di divincolamento, ma integrava pienamente il reato di resistenza a pubblico ufficiale, essendo inoltre assistita da dolo.
Qual è stata la giustificazione per l’applicazione della recidiva?
La Corte d’Appello ha motivato l’applicazione della recidiva sottolineando la ‘perseveranza’ dell’imputato nel commettere illeciti. Questo comportamento è stato ritenuto dimostrativo di una specifica pericolosità sociale e di un’indifferenza verso le punizioni già subite, giustificando così un trattamento sanzionatorio più severo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46952 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46952 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 25/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a NAPOLI il 14/06/1964
avverso la sentenza del 19/01/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di NOME COGNOME dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché riproduttivi di censure adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dai giudici del merito sulla configurabilità nella condotta tenuta dall’imputato del reato di cui all’art. 337 cod. pen., condotta affatto risoltasi in una forma di divincolamento, essendo consistita in una violenta aggressione ai danni dell’assistente di polizia scalciando, e risultata adeguatamente assistita da dolo;
anche la destinazione alla cessione della droga complessivamente detenuta (parte indosso e parte presso l’abita2bne) è stata correttamente desunta dal dato quantitativo e dalle modalità della condotta;
manifestamente infondati anche i motivi sulla pena, perché+ eccessiva, e mancata disapplicazione della recidiva che involgono un profilo della regiudicanda, quello del trattamento sanzionatorio, rimesso all’esclusivo apprezzamento del giudice di merito, sottratto a scrutinio di legittimità quando risulti sorretto, come deve constatarsi nel caso dell’impugnata sentenza, da esauriente e logica motivazione. Al contrario di quanto si ipotizza nel ricorso /la sentenza di appello, ha motivato l’applicazione della recidiva sottolineando come i fatti per cui si procede costituiscono il risultato della “perseveranza” nell’illecito, dimostrativi di pericolosità specifica e incuranza rispetto alle punizioni già subite, e, quindi, risultano espressivi di maggiore pericolosità sociale, non infrenata dalle condanne precedenti. La sentenza impugnata ha fatto, dunque, corretta applicazione delle regole dettate dalla Corte di legittimità sull’obbligo di specifica motivazione ai fini della concreta determinazione della pena, motivazione che si sottrae a rilievi in sede di legittimità, allorquando il supporto motivazionale sul punto sia aderente ad elementi tratti obiettivamente dalle risultanze processuali e sia, altresì, logicamente corretto, senza che sia necessario l’esame di tutti e ciascuno dei parametri di cui all’art. 133 cod. pen..
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25 novembre 2024
La consigliera relatrice
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