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Inammissibilità ricorso Cassazione: la motivazione

Un’ordinanza della Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità di un ricorso, stabilendo che la motivazione della sentenza non deve analizzare ogni singolo elemento dell’art. 133 c.p. per essere valida. La decisione sull’inammissibilità del ricorso in Cassazione conferma che è sufficiente l’indicazione degli elementi di maggior rilievo nel giudizio discrezionale del giudice. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso in Cassazione: Quando la Motivazione del Giudice è Sufficiente

L’esito di un processo penale dipende non solo dai fatti, ma anche dalla corretta applicazione delle norme. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale: i limiti dell’obbligo di motivazione del giudice nella determinazione della pena. La decisione sottolinea un principio fondamentale che può portare alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione, con conseguenze significative per chi impugna una sentenza. Questo articolo analizza il caso e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Un imputato, a seguito di una condanna emessa dalla Corte d’Appello, ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione. Il ricorso mirava a contestare la sentenza di secondo grado, probabilmente lamentando vizi nella motivazione, in particolare per quanto riguarda la commisurazione della pena da parte del giudice.

L’atto di impugnazione si fondava, presumibilmente, sulla presunta violazione degli articoli 132 e 133 del codice penale, che disciplinano il potere discrezionale del giudice nell’applicare la pena e i criteri che devono guidare tale valutazione (la cosiddetta “gravità del reato” e la “capacità a delinquere del colpevole”).

La Decisione della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso in Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con ordinanza del 10 aprile 2025, ha posto fine al percorso giudiziario del ricorrente in modo netto. I giudici supremi hanno dichiarato il ricorso inammissibile.

Questa decisione non entra nel merito delle doglianze, ma si ferma a un livello preliminare, stabilendo che l’impugnazione non possedeva i requisiti per essere esaminata. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione tipica per i ricorsi ritenuti infondati o proposti senza la dovuta diligenza.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore dell’ordinanza risiede nella spiegazione del perché il ricorso è stato giudicato inammissibile. La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’obbligo di motivazione del giudice non è assoluto e onnicomprensivo.

In particolare, non è necessario che il giudice, nel motivare la pena inflitta, prenda in esame e confuti singolarmente ogni singolo elemento elencato nell’articolo 133 del codice penale. L’obbligo di motivazione è soddisfatto quando la decisione è:
1. Conforme alla legge: Rispetta i principi normativi.
2. Logica: Segue un ragionamento coerente e non contraddittorio.
3. Sufficiente: Indica gli elementi che, nel suo giudizio discrezionale, hanno assunto un rilievo predominante per giungere a quella determinata sanzione.

In altre parole, il giudice può concentrare la sua motivazione solo sugli aspetti che ritiene più significativi per il caso concreto, senza dover redigere un trattato su ogni possibile criterio di valutazione. Un ricorso che si limiti a lamentare l’omessa valutazione di alcuni di questi criteri, senza individuare un vizio logico palese nella motivazione fornita, è destinato all’inammissibilità del ricorso in Cassazione.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre un importante monito per chi intende impugnare una sentenza di condanna in Cassazione. Contestare la misura della pena è un’operazione complessa che non può basarsi su una generica lamentela di motivazione insufficiente.

Per avere successo, un ricorso deve dimostrare un’evidente illogicità nel ragionamento del giudice o una violazione manifesta della legge, non semplicemente il fatto che il giudice non abbia esplicitamente menzionato tutti i criteri dell’art. 133 c.p. La discrezionalità del giudice di merito è ampia, e la Corte di Cassazione interviene solo in presenza di vizi macroscopici. Proporre un ricorso senza queste basi solide comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’aggiunta di ulteriori oneri economici.

Il giudice deve motivare la pena analizzando ogni singolo elemento dell’art. 133 del codice penale?
No. Secondo l’ordinanza, non è necessario che il giudice esamini singolarmente tutti gli elementi dell’art. 133 c.p. È sufficiente che la motivazione indichi gli elementi che hanno assunto un rilievo preminente nel suo giudizio discrezionale, purché sia conforme alla legge e alla logica.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità impedisce l’esame nel merito del ricorso. Inoltre, come stabilito nel caso di specie, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.

Qual è il ruolo della Corte di Cassazione nel valutare la motivazione di una sentenza?
La Corte di Cassazione non riesamina i fatti del processo, ma valuta se la motivazione della sentenza impugnata sia logicamente coerente, non contraddittoria e conforme alla legge. Non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma si limita a controllarne la correttezza giuridica e logica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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