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Inammissibilità ricorso Cassazione: la guida pratica

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità di un ricorso contro una condanna per spaccio. I motivi, relativi alla valutazione delle intercettazioni e all’eccessività della pena, sono stati respinti. La Corte ha chiarito che la valutazione delle prove e la quantificazione della pena, se ben motivate dal giudice di merito, non sono sindacabili in sede di legittimità, confermando la condanna e le spese.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando e Perché i Motivi Vengono Respinti

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio pratico dei limiti entro cui è possibile contestare una sentenza di condanna davanti alla Suprema Corte. Comprendere le ragioni che portano a una declaratoria di inammissibilità del ricorso in Cassazione è fondamentale per evitare errori procedurali e per valutare correttamente le possibilità di successo di un’impugnazione. Questo caso, riguardante un reato di spaccio di sostanze stupefacenti, evidenzia come la Corte non riesamini i fatti, ma si limiti a un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione.

I fatti del caso

Un soggetto veniva condannato dalla Corte di Appello di Napoli per cessione di sostanze stupefacenti. La condanna si basava, tra le altre cose, sul contenuto di intercettazioni telefoniche. L’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, contestando la sentenza di secondo grado su due fronti principali: la valutazione delle prove raccolte tramite le intercettazioni e l’entità della pena inflitta, ritenuta eccessiva, unitamente alla mancata concessione delle attenuanti generiche.

I motivi del ricorso e l’inammissibilità in Cassazione

Il ricorrente ha fondato la sua impugnazione su due distinti argomenti, entrambi giudicati manifestamente infondati dalla Suprema Corte, portando alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione.

La valutazione delle intercettazioni telefoniche

Il primo motivo di doglianza riguardava una presunta violazione dell’art. 192, comma 3, del codice di procedura penale, in relazione alla valutazione del contenuto delle intercettazioni. La difesa sosteneva che il giudice d’appello avesse interpretato erroneamente le conversazioni.

La Corte di Cassazione ha subito chiarito un punto procedurale cruciale: un errore nella valutazione della prova non costituisce una violazione di legge da far valere ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) o c) c.p.p. Tale doglianza può essere sollevata solo come vizio di motivazione (mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità) ai sensi della lettera e) dello stesso articolo. Anche inquadrando il motivo in questa prospettiva, la Corte lo ha ritenuto infondato, poiché la sentenza d’appello aveva fornito una argomentazione corretta e non illogica per ritenere provata la condotta di cessione di droga.

La quantificazione della pena e le attenuanti generiche

Il secondo gruppo di motivi concerneva aspetti della cosiddetta regiudicanda: l’eccessività della pena (fissata in due anni e quattro mesi di reclusione e seimila euro di multa) e la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche.

Anche su questo punto, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la determinazione della pena e la valutazione delle attenuanti rientrano nell’apprezzamento esclusivo del giudice di merito. Questo potere discrezionale non è sindacabile in sede di legittimità se la decisione è supportata da una motivazione esauriente e logica. Nel caso di specie, i giudici d’appello avevano adeguatamente giustificato la loro decisione valorizzando il ruolo dell’imputato come fornitore e spacciatore (pusher) e le specifiche modalità del fatto, ritenendo tali elementi ostativi a una pena più mite o alla concessione delle attenuanti.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile basandosi su principi procedurali e giurisprudenziali consolidati. In primo luogo, ha riaffermato la distinzione tra violazione di legge e vizio di motivazione, specificando che la valutazione del materiale probatorio rientra nel secondo ambito e può essere censurata solo se la motivazione del giudice di merito risulta palesemente illogica o contraddittoria. In secondo luogo, ha confermato che la quantificazione della sanzione penale è un’attività discrezionale del giudice di merito, insindacabile in Cassazione se sorretta da una motivazione coerente e non manifestamente errata. La sentenza impugnata, secondo la Corte, rispettava pienamente questi canoni, fornendo una giustificazione logica sia per l’accertamento della responsabilità sia per la determinazione della pena.

Le conclusioni

L’ordinanza in commento è un monito sull’importanza di formulare correttamente i motivi di ricorso per Cassazione. Non è possibile chiedere alla Suprema Corte di effettuare una nuova valutazione dei fatti o di sostituire il proprio apprezzamento a quello del giudice di merito. Lo scrutinio di legittimità si concentra esclusivamente sulla correttezza giuridica e logica del percorso argomentativo seguito nella sentenza impugnata. La conseguenza dell’inammissibilità è severa: non solo la condanna diventa definitiva, ma il ricorrente viene anche condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in tremila euro.

Quando un motivo di ricorso sulla valutazione delle prove è inammissibile?
Quando viene presentato come una violazione di legge (ai sensi dell’art. 606, co. 1, lett. b o c, c.p.p.), anziché come un vizio di motivazione (lett. e). La valutazione delle prove spetta al giudice di merito, e in Cassazione si può contestare solo la manifesta illogicità o la contraddittorietà della sua argomentazione, non il risultato della valutazione stessa.

La Corte di Cassazione può ridurre una pena ritenuta troppo alta?
No, la determinazione dell’entità della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. La Corte di Cassazione non può riesaminare tale decisione, a meno che la motivazione a sostegno della pena sia del tutto assente, manifestamente illogica o contraddittoria, cosa che nel caso di specie non è stata riscontrata.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta due conseguenze principali: la sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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