Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11089 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11089 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BARI il 04/01/1996
avverso la sentenza del 17/11/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
,
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 17 novembre 2023 la Corte di appello di Brescia ha confermato la pronuncia del locale Tribunale del 9 novembre 2021 con cui NOME era stata condannata alla pena di mesi quattro di arresto ed euro 900,00 di ammenda in ordine al reato di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen., 186, commi 2 lett. b) e 2-bis, e 187, commi 1 e 1-bis, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, a mezzo del suo difensore, deducendo, con tre articolati motivi, vizio di motivazione e violazione di legge in relazione alla mancata osservanza del protocollo operativo alcol-droga vigente, deducendo l’insussistenza dello stato di alterazione fisica e psichica contestatogli.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
Deve essere osservato, infatti, come essi, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale in replica alle analoghe doglianze eccepite con l’atto di appello – nella quale erano state diffusamente esplicate le ragioni di accertamento della sua responsabilità penale, di ricorrenza dello stato di alterazione psico-fisica ascrittogli e di insussistenza della lamentat inosservanza del protocollo operativo alcol-droga vigente (cfr. pp. 5 e ss. della sentenza impugnata) – reiterino le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimís, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatt che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 12 dicembre 2024