Inammissibilità Ricorso Cassazione: La Guida Completa alla Decisione della Suprema Corte
L’inammissibilità del ricorso in Cassazione rappresenta uno degli ostacoli procedurali più significativi nel sistema giudiziario penale. La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito con fermezza i paletti entro cui un ricorso può essere esaminato, sanzionando la superficialità e l’inosservanza delle regole procedurali. Analizziamo una decisione che funge da vademecum per comprendere quando e perché un ricorso viene respinto senza nemmeno entrare nel merito delle questioni sollevate.
I Fatti del Caso: Dalla Condanna al Ricorso
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di spendita e introduzione nello Stato di monete falsificate, previsto dall’articolo 455 del codice penale. Dopo la conferma della condanna a otto mesi di reclusione da parte della Corte d’Appello, l’imputato ha deciso di presentare ricorso alla Suprema Corte di Cassazione, articolando la sua difesa su due principali motivi.
Il primo motivo lamentava la mancanza dell’elemento soggettivo del reato, sostenendo che non vi fosse prova della consapevolezza di maneggiare denaro falso. Il secondo motivo, invece, denunciava una presunta violazione del divieto di analogia ‘in malam partem’, un principio fondamentale del diritto penale che vieta l’applicazione di norme incriminatrici a casi non espressamente previsti.
L’Analisi della Corte e i Motivi di Inammissibilità del Ricorso in Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, fornendo chiarimenti essenziali su due aspetti cruciali della procedura penale.
Il Primo Motivo: La Reiterazione Generica degli Argomenti
La Corte ha qualificato il primo motivo come ‘indeducibile’ e ‘aspecifico’. L’imputato, infatti, si era limitato a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. Questo comportamento integra quella che in gergo tecnico viene definita ‘pedissequa reiterazione’. I giudici hanno sottolineato che il ricorso per cassazione non è una terza istanza di giudizio sui fatti, ma un controllo di legittimità sulla sentenza impugnata. Pertanto, è necessario che il ricorrente si confronti criticamente con la motivazione della decisione d’appello, spiegando perché essa sia errata in diritto o manifestamente illogica. Limitarsi a ripetere le proprie tesi, ignorando le ragioni del giudice precedente, rende il motivo aspecifico e, di conseguenza, inammissibile, come stabilito anche dalle Sezioni Unite nella celebre sentenza Galtelli.
Il Secondo Motivo: La Proposizione di Questioni Nuove
Anche il secondo motivo è stato dichiarato inammissibile, ma per una ragione diversa: la novità della questione. La censura relativa alla violazione del divieto di analogia non era mai stata sollevata nel corso del giudizio d’appello. La Corte ha ricordato che non è consentito introdurre per la prima volta in sede di legittimità questioni che non siano state devolute alla cognizione del giudice d’appello, a meno che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento. Poiché la questione sollevata non rientrava in tale categoria, la sua tardiva proposizione ha determinato l’inammissibilità del motivo.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte si fondano su un principio di efficienza e corretta amministrazione della giustizia. Il ricorso per cassazione deve essere uno strumento mirato a correggere specifici errori di diritto e non un’occasione per ripetere all’infinito le proprie difese o per introdurre argomenti nuovi a sorpresa. La specificità dei motivi, richiesta dall’art. 581 c.p.p., impone un dialogo costruttivo e critico con la sentenza impugnata. Allo stesso modo, il principio devolutivo dell’appello impedisce che la Cassazione diventi un’arena per dibattere questioni mai sottoposte al giudice del merito. La decisione, pertanto, non è solo una sanzione processuale per il singolo ricorrente, ma un monito generale sull’importanza del rigore tecnico e della lealtà processuale nell’impugnare le sentenze.
Conclusioni
Questa ordinanza offre una lezione fondamentale: l’accesso alla Corte di Cassazione è subordinato al rispetto di regole precise. Per evitare una declaratoria di inammissibilità del ricorso in Cassazione, è indispensabile formulare motivi specifici, che si confrontino puntualmente con la decisione impugnata, e astenersi dal sollevare per la prima volta questioni che dovevano essere discusse nei gradi di merito. La pena accessoria del pagamento di una somma alla Cassa delle ammende, in questo caso tremila euro, serve a disincentivare ricorsi dilatori o palesemente infondati, garantendo che le risorse della giustizia siano concentrate sui casi che meritano un effettivo esame di legittimità.
Quando un motivo di ricorso in Cassazione è considerato una ‘pedissequa reiterazione’ e quindi inammissibile?
Un motivo è considerato una ‘pedissequa reiterazione’ quando si limita a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte nel giudizio d’appello, senza confrontarsi criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata. In pratica, si ignora la risposta del giudice precedente, rendendo il motivo aspecifico.
È possibile presentare per la prima volta in Cassazione un motivo di ricorso non discusso in appello?
No, di regola non è possibile. Non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello non si è pronunciato perché non gli sono state sottoposte. L’eccezione riguarda le questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio o quelle che non era oggettivamente possibile dedurre in precedenza.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo la fine del processo e la definitività della condanna, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un’impugnazione non ammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31068 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31068 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/11/2023 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RG 15729/2024
Rilevato che l’imputato COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Cagliari con cui è stata confermata la sentenza pronunciata dal GUP del Tribunale di Cagliari, con la quale è stato condannato alla pena di otto mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, per il delitto di cui all’art. 455 co pen.;
Rilevato che il primo motivo del ricorso – con cui il ricorrente denunzia inosservanza dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen. con riferimento all’insussistenz dell’elemento soggettivo del delitto di spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate – è indeducibile poiché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito; nonché aspecifico in quanto il ricorrente ha mancato di adeguarsi all’attuale disposto di cui all’art. 581 cod. proc. pen., perché ha seguito un propr approccio critico, omettendo, tuttavia, di confrontarsi con il costrutto motivazionale dell sentenza impugnata. A questo riguardo, va altresì ricordato che Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli Rv. 268823, ha ribadito un principio già noto nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili non solo quando risultino intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato e che le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l’atto di impugnazione risiedono nel fatto che quest’ultimo non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato;
Rilevato che il secondo motivo del ricorso – con cui il ricorrente denunzia inosservanza dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen. in relazione alla violazione del divieto di analogia in malam partem di norme penali incriminatrici – non è consentito in sede di legittimità perché la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso perché non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbi correttamente omesso di pronunciare siccome non devolute con la dovuta specificità alla sua cognizione, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e del giudizio o che non sarebbe stato possibile dedurre in precedenza (cfr. l’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. quanto alla violazione di legge; si vedano, con specifico riferimento al vizio di motivazione, Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, COGNOME, Rv. 269745 – 01; Sez. 2, n. 22362 del 19/04/2013, COGNOME).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, 1’8 luglio 2024.