Inammissibilità ricorso Cassazione: quando la difesa non ha più argomenti
L’inammissibilità ricorso Cassazione rappresenta uno degli esiti più severi per chi impugna una sentenza, segnando la fine del percorso giudiziario. Questa ordinanza della Corte di Cassazione offre un esempio emblematico di come la riproposizione di censure già vagliate nei precedenti gradi di giudizio, senza validi motivi di legittimità, conduca inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Analizziamo insieme i fatti, le motivazioni della Corte e le implicazioni pratiche di questa decisione, che tocca temi cruciali come la resistenza a pubblico ufficiale e lo spaccio di lieve entità.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello, che aveva confermato la condanna di un individuo per due distinti reati: resistenza a pubblico ufficiale, ai sensi dell’art. 337 del codice penale, e spaccio di sostanze stupefacenti di lieve entità, previsto dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990.
La condotta contestata all’imputato consisteva in una violenta aggressione ai danni di un assistente di polizia, che aveva riportato lesioni. Inoltre, poco prima, l’imputato aveva ceduto una dose di sostanza stupefacente in cambio di venti euro. La difesa, nel suo ricorso per cassazione, contestava la configurabilità del reato di resistenza e la qualificazione dello spaccio, sollevando dubbi sulla natura della condotta e sulla valutazione delle prove.
L’inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo i motivi presentati come una mera riproduzione delle argomentazioni già adeguatamente esaminate e respinte sia in primo grado che in appello. Secondo i giudici di legittimità, un ricorso in Cassazione non può limitarsi a contestare la valutazione dei fatti compiuta dai giudici di merito, ma deve evidenziare vizi di legittimità, come la violazione di legge o il vizio di motivazione. In questo caso, i motivi erano generici e non coglievano la vera essenza del giudizio di legittimità.
La valutazione della Corte di Cassazione
La Corte ha affrontato punto per punto le censure difensive, smontandole con argomenti giuridici precisi. Vediamo come.
Resistenza a pubblico ufficiale e dolo
La difesa sosteneva che la condotta dell’imputato fosse una semplice espressione di disprezzo e non una vera e propria aggressione. La Cassazione ha ribadito che la violenta aggressione fisica, che ha causato lesioni all’agente, integra pienamente il reato di resistenza. La condotta era assistita da dolo, ovvero dalla volontà di opporsi all’atto del pubblico ufficiale.
Spaccio di lieve entità e principio attivo
Un altro punto contestato era la qualificazione dello spaccio come lieve, data l’assenza di una perizia per determinare l’esatta quantità di principio attivo nella dose ceduta. La Corte ha chiarito che, ai fini della qualificazione del fatto come di lieve entità, sono decisive le concrete modalità dell’azione (come il prezzo pagato, in questo caso venti euro) e le risultanze del narcotest. L’assenza di una perizia quantitativa non è rilevante quando la lieve entità del fatto emerge chiaramente dal contesto.
L’impossibilità di applicare l’art. 131-bis c.p.
Infine, la difesa aveva chiesto in sede di legittimità l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) per il reato di spaccio. La Corte ha respinto la richiesta, definendola manifestamente infondata. Ai fini della valutazione sulla pericolosità della condotta, non è possibile “frazionare” l’episodio, isolando lo spaccio dalla contestuale e grave condotta di resistenza e lesioni. La gravità complessiva dei fatti e l’intensità del dolo escludevano a priori la possibilità di considerare il fatto come di particolare tenuità.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione sull’inammissibilità ricorso Cassazione evidenziando che i motivi presentati non erano consentiti dalla legge in sede di legittimità. Essi erano meramente “riproduttivi di censure adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dai giudici del merito”. La Corte non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. In questo caso, le sentenze di primo e secondo grado avevano fornito una spiegazione logica e giuridicamente corretta per ogni punto della condanna. La condotta violenta contro l’agente di polizia non poteva essere minimizzata a semplice disprezzo. Allo stesso modo, la qualificazione del reato di spaccio era stata correttamente desunta dalle circostanze concrete, rendendo irrilevante la mancanza di una perizia sul principio attivo. La valutazione complessiva della condotta ha inoltre impedito l’applicazione di benefici, come la non punibilità per particolare tenuità del fatto, poiché la gravità della resistenza e delle lesioni non poteva essere ignorata.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Per evitare una declaratoria di inammissibilità ricorso Cassazione, è necessario che la difesa articoli censure specifiche che attengano a violazioni di legge o a vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata. La semplice riproposizione di argomenti già respinti, senza una critica mirata alla struttura logico-giuridica della decisione, è destinata al fallimento. La conseguenza è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata quantificata in tremila euro. Questa decisione serve da monito sulla necessità di formulare ricorsi tecnicamente impeccabili, focalizzati sui soli vizi ammessi nel giudizio di legittimità.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una semplice riproposizione di censure già esaminate e respinte dai giudici di merito, senza sollevare questioni di legittimità valide per la Corte di Cassazione.
È sempre necessaria una perizia sul principio attivo per una condanna per spaccio di lieve entità?
No, non è sempre necessaria. La Corte ha stabilito che la natura stupefacente della sostanza e la lieve entità del fatto possono essere correttamente desunte da altri elementi, come le modalità concrete della cessione (ad esempio, il prezzo pagato) e le risultanze di un narcotest.
Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La Corte ha ritenuto che la condotta dell’imputato, valutata nel suo complesso, non potesse essere considerata di particolare tenuità. La gravità del fatto, l’intensità del dolo e la coeva condotta di resistenza violenta e lesioni a un pubblico ufficiale escludevano la possibilità di applicare tale beneficio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27887 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27887 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/06/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di NOME; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché riproduttivi di censure adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dai giudici del merito sulla c:onfigurabilità nel condotta tenuta dall’imputato del reato di cui all’art. 337 cod. pen., condotta affatto risoltasi in una forma di disprezzo, essendo consistita in una violenta aggressione ai danni dell’assistente di polizia che riportava lesioni, e adeguatamente assistita da dolo;
anche la natura stupefacente della droga poco prima ceduta, è stata correttamente desunta dalle concrete modalità del fatto (l’acquirente aveva, infatti, pagato venti euro per la dose ricevuta) e dalle risultanze del narcotest essendo, invece, irrilevante che sul reperto non sia stata effettuata perizia per accertare la quantità di principio attivo, posto che l’imputato è stato condannato per un fatto qualificato come di lieve entità, ai sensi dell’art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990;
· COGNOME non era stata oggetto di impugnazione la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. in relazione al reato di cui all’art cit., richiesta proposta con l’odierno ricorso e, comunque, manifestamente infondata poiché la condotta dell’imputato, ai fini del giudizio di pericolosità, non appare frazionabile espungendo dal giudizio di gravità dei fatti e dalla intensità del dolo, la coeva condotta di resistenza e lesioni;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 14 giugno 2024
Il Consiglier COGNOME tensore
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Il Presid nte