Inammissibilità Ricorso Cassazione: Perché la Mera Ripetizione dei Motivi non Basta
L’accesso al giudizio di legittimità presso la Corte di Cassazione è un percorso rigoroso, governato da principi procedurali precisi. Uno degli ostacoli più comuni è l’inammissibilità del ricorso in Cassazione, una sanzione che impedisce alla Suprema Corte di esaminare il merito della questione. Una recente ordinanza offre un chiaro esempio di come la semplice riproposizione dei motivi d’appello e la richiesta di una nuova valutazione dei fatti portino inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguenze economiche per il ricorrente.
I Fatti del Caso
Il caso in esame riguarda un’imprenditrice condannata in primo grado per plurimi fatti di bancarotta legati al fallimento di una società a responsabilità limitata, dichiarato nel novembre 2015. La sentenza di condanna veniva successivamente confermata integralmente dalla Corte d’Appello competente.
Non arrendendosi alla doppia pronuncia conforme, l’imputata decideva di presentare ricorso per cassazione, cercando di ottenere l’annullamento della sentenza di condanna.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. Di conseguenza, ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. La decisione si basa su principi consolidati della procedura penale che definiscono i limiti del giudizio di legittimità.
Le Motivazioni: L’Inammissibilità del Ricorso in Cassazione per Genericità
La Corte ha fondato la sua decisione su due pilastri argomentativi interconnessi, che rappresentano un monito per chiunque intenda adire la Suprema Corte.
In primo luogo, i giudici hanno rilevato la totale assenza di “specificità estrinseca” nei motivi del ricorso. In termini semplici, il ricorso si limitava a una “pedissequa reiterazione” delle argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. Non vi era, quindi, una critica puntuale e argomentata delle ragioni esposte nella sentenza di secondo grado, ma solo una loro sterile riproposizione. Questo vizio rende il ricorso generico e, come tale, inammissibile.
In secondo luogo, la Corte ha sottolineato che i motivi proposti miravano, in sostanza, a ottenere una “inammissibile ricostruzione dei fatti”. La ricorrente chiedeva alla Cassazione di rivalutare le prove e di adottare criteri di giudizio diversi da quelli del giudice di merito. Tuttavia, come ribadito costantemente dalla giurisprudenza (citando la storica sentenza delle Sezioni Unite n. 6402 del 1997), la Cassazione non è un “terzo grado di giudizio” sul fatto. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, non effettuare una “rilettura” degli elementi di fatto, la cui valutazione è riservata in via esclusiva ai giudici di merito.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma un principio fondamentale: il ricorso per cassazione deve essere un atto tecnicamente sofisticato, non la semplice ripetizione di doglianze già esaminate. Per avere una possibilità di essere accolto, deve individuare vizi logici o giuridici specifici nella motivazione della sentenza impugnata. Tentare di trasformare il giudizio di legittimità in una nuova valutazione del merito è una strategia destinata al fallimento e comporta conseguenze economiche significative, come la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché i motivi presentati erano una semplice e acritica ripetizione di quelli già dedotti nel giudizio d’appello, mancando quindi della necessaria specificità richiesta per un ricorso in Cassazione.
La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti di un processo?
No, la Corte ha ribadito che una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione è un’attività che esula dai suoi poteri, essendo la valutazione del merito riservata in via esclusiva al giudice dei gradi precedenti.
Quali sono state le conseguenze economiche per la ricorrente?
La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2968 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2968 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
ROMANO NOME NOME a ACQUAVIVA DELLE FONTI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/11/2022 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Bari ha confermato la pronuncia di primo grado, con la quale era st condannata per più fatti di bancarotta, commessi in relazione alla società “RAGIONE_SOCIALE“, fallita il 9 novembre 2015;
che tutti i motivi di ricorso sono privi di specificità estrinseca, atteso che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in secondo grado; inoltre, tendono a ottenere un’inammissibile ricostruzione dei fatti, medi criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il qu motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni convincimento (si vedano, in particolare, le pagine 6 e 7 della sente impugnata); che esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilet degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione via esclusiva, riservata al giudice di merito (cfr. Sez. U, n. 6402, del 30/4 Dessimone, Rv. 207944);
che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa del ammende.
Così deciso, il 22.11.2023.