Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando i Motivi non Superano il Vaglio
L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un’importante lezione sui requisiti procedurali per accedere al giudizio di legittimità. Affrontare la Suprema Corte richiede precisione e rigore, e questo caso dimostra come la genericità dei motivi o l’introduzione di nuove doglianze possano portare a una dichiarazione di inammissibilità del ricorso Cassazione, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. Analizziamo insieme la decisione per comprendere le ragioni che hanno portato a tale esito.
I Fatti del Processo
Un imputato, a seguito di una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Roma, decideva di presentare ricorso per cassazione. I motivi posti a fondamento dell’impugnazione erano essenzialmente due. Il primo contestava la violazione di legge, sia penale che processuale, per la mancata ammissione di una prova che la difesa riteneva decisiva. Il secondo motivo, invece, eccepiva un vizio di motivazione e un’errata applicazione della legge penale in riferimento a specifiche norme.
La Decisione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19018/2024, ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. Questa decisione non è entrata nel merito delle questioni sollevate, ma si è fermata a un controllo preliminare, riscontrando vizi procedurali che hanno precluso l’analisi delle doglianze difensive. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha basato la sua decisione su due distinti profili di inammissibilità, uno per ciascun motivo di ricorso presentato.
Il Primo Motivo: Ripetitività e Tentativo di Riesame del Merito
Il primo motivo è stato giudicato inammissibile perché considerato meramente riproduttivo di censure già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: il ricorso di legittimità non può essere una semplice riproposizione degli stessi argomenti già valutati. È necessaria, invece, una critica specifica e puntuale delle argomentazioni contenute nella sentenza impugnata, evidenziando le ragioni per cui esse sarebbero errate in diritto.
Inoltre, la Corte ha rilevato che, con tale motivo, la difesa mirava a ottenere una nuova e diversa valutazione delle fonti probatorie, un’attività preclusa in sede di legittimità. Il sindacato della Cassazione, infatti, è limitato alla verifica della corretta applicazione della legge e della logicità della motivazione, non potendo trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul fatto.
Il Secondo Motivo e l’Inammissibilità del Ricorso in Cassazione per Violazione della Catena Devolutiva
Ancora più netto il giudizio sul secondo motivo. La Suprema Corte ha rilevato che la questione sollevata non era mai stata oggetto dei motivi di appello. Questo vizio procedurale determina un’insanabile ‘frattura della catena devolutiva’.
Il principio della catena devolutiva, sancito dall’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, stabilisce che non è possibile lamentare in Cassazione vizi della sentenza di primo grado che non siano stati specificamente contestati con l’atto di appello. In altre parole, il ricorrente non può ‘saltare’ un grado di giudizio, introducendo per la prima volta in sede di legittimità una questione che avrebbe dovuto e potuto sottoporre al giudice dell’appello. Anche una generica menzione nei motivi di gravame, se non specificamente illustrata, non è sufficiente a salvare il motivo dalla declaratoria di inammissibilità.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza riafferma l’importanza di una corretta tecnica di redazione delle impugnazioni penali. Per evitare una pronuncia di inammissibilità del ricorso Cassazione, è fondamentale che i motivi siano specifici, critici verso la sentenza impugnata e non meramente ripetitivi. Soprattutto, è cruciale rispettare la sequenza procedurale, deducendo tutte le censure pertinenti già in sede di appello. L’introduzione di ‘motivi nuovi’ in Cassazione è una strategia destinata al fallimento, che comporta non solo la conferma della condanna, ma anche un ulteriore onere economico per l’imputato.
È possibile presentare in Cassazione motivi di ricorso già respinti in Appello?
No, il ricorso è inammissibile se si limita a riproporre le stesse censure già esaminate e respinte dal giudice di merito, senza una critica specifica e argomentata delle motivazioni della sentenza impugnata.
Cosa succede se un motivo di ricorso viene sollevato per la prima volta in Cassazione?
Il motivo è dichiarato inammissibile. La Corte di Cassazione può esaminare solo le questioni che sono state specificamente devolute al giudice dell’appello, nel rispetto del principio della ‘catena devolutiva’. Introdurre nuove questioni in sede di legittimità costituisce una violazione procedurale insanabile.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Oltre alla definitività della decisione impugnata, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, in questo caso di 3.000 euro, a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19018 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19018 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME CIVITAVECCHIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/06/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la violazione di legge penale e processuale in relazione alla mancata assunzione di una prova ritenuta decisiva dalla difesa, non supera la soglia di ammissibilità poiché riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici da parte del giudice di merito e perciò non scandito da specifica critica analisi delle argomentazioni poste alla base della sentenza impugnata (si vedano, in particolare, pagg. 2 e 3 della sentenza impugnata), oltre che volto a prefigurare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranea al sindacato di legittimità e avulso da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali correttamente ed adeguatamente valorizzate dai giudici di merito nel corpo della sentenza impugnata;
considerato che il secondo motivo di ricorso, con cui si eccepisce il vizio motivazionale e l’erronea applicazione della legge penale in ordine agli artt. 4 L. 110/75 e 61 n. 2 cod. pen., non è consentito dalla legge in sede di legittimità poiché con esso si lamenta una questione che non ha costituito oggetto dei motivi di appello (tale dovendosi intendere anche la generica prospettazione nei motivi di gravame di una censura solo successivamente illustrata in termini specifici con la proposizione del ricorso in cassazione), con insanabile frattura della catena devolutiva e violazione dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen.;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19/03/2024
Il Consigliere Estensore