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Inammissibilità ricorso Cassazione: la decisione

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità di un ricorso penale. I motivi sono due: la riproposizione di censure già respinte in appello senza una critica specifica alla sentenza impugnata e l’introduzione di nuove questioni non sollevate nei gradi di merito. La decisione sottolinea il rigoroso perimetro del giudizio di legittimità, confermando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Questo caso è un chiaro esempio di come l’inammissibilità del ricorso in Cassazione scatti per vizi procedurali.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando i Motivi non Superano il Vaglio

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un’importante lezione sui requisiti procedurali per accedere al giudizio di legittimità. Affrontare la Suprema Corte richiede precisione e rigore, e questo caso dimostra come la genericità dei motivi o l’introduzione di nuove doglianze possano portare a una dichiarazione di inammissibilità del ricorso Cassazione, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. Analizziamo insieme la decisione per comprendere le ragioni che hanno portato a tale esito.

I Fatti del Processo

Un imputato, a seguito di una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Roma, decideva di presentare ricorso per cassazione. I motivi posti a fondamento dell’impugnazione erano essenzialmente due. Il primo contestava la violazione di legge, sia penale che processuale, per la mancata ammissione di una prova che la difesa riteneva decisiva. Il secondo motivo, invece, eccepiva un vizio di motivazione e un’errata applicazione della legge penale in riferimento a specifiche norme.

La Decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19018/2024, ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. Questa decisione non è entrata nel merito delle questioni sollevate, ma si è fermata a un controllo preliminare, riscontrando vizi procedurali che hanno precluso l’analisi delle doglianze difensive. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha basato la sua decisione su due distinti profili di inammissibilità, uno per ciascun motivo di ricorso presentato.

Il Primo Motivo: Ripetitività e Tentativo di Riesame del Merito

Il primo motivo è stato giudicato inammissibile perché considerato meramente riproduttivo di censure già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: il ricorso di legittimità non può essere una semplice riproposizione degli stessi argomenti già valutati. È necessaria, invece, una critica specifica e puntuale delle argomentazioni contenute nella sentenza impugnata, evidenziando le ragioni per cui esse sarebbero errate in diritto.

Inoltre, la Corte ha rilevato che, con tale motivo, la difesa mirava a ottenere una nuova e diversa valutazione delle fonti probatorie, un’attività preclusa in sede di legittimità. Il sindacato della Cassazione, infatti, è limitato alla verifica della corretta applicazione della legge e della logicità della motivazione, non potendo trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul fatto.

Il Secondo Motivo e l’Inammissibilità del Ricorso in Cassazione per Violazione della Catena Devolutiva

Ancora più netto il giudizio sul secondo motivo. La Suprema Corte ha rilevato che la questione sollevata non era mai stata oggetto dei motivi di appello. Questo vizio procedurale determina un’insanabile ‘frattura della catena devolutiva’.

Il principio della catena devolutiva, sancito dall’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, stabilisce che non è possibile lamentare in Cassazione vizi della sentenza di primo grado che non siano stati specificamente contestati con l’atto di appello. In altre parole, il ricorrente non può ‘saltare’ un grado di giudizio, introducendo per la prima volta in sede di legittimità una questione che avrebbe dovuto e potuto sottoporre al giudice dell’appello. Anche una generica menzione nei motivi di gravame, se non specificamente illustrata, non è sufficiente a salvare il motivo dalla declaratoria di inammissibilità.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza riafferma l’importanza di una corretta tecnica di redazione delle impugnazioni penali. Per evitare una pronuncia di inammissibilità del ricorso Cassazione, è fondamentale che i motivi siano specifici, critici verso la sentenza impugnata e non meramente ripetitivi. Soprattutto, è cruciale rispettare la sequenza procedurale, deducendo tutte le censure pertinenti già in sede di appello. L’introduzione di ‘motivi nuovi’ in Cassazione è una strategia destinata al fallimento, che comporta non solo la conferma della condanna, ma anche un ulteriore onere economico per l’imputato.

È possibile presentare in Cassazione motivi di ricorso già respinti in Appello?
No, il ricorso è inammissibile se si limita a riproporre le stesse censure già esaminate e respinte dal giudice di merito, senza una critica specifica e argomentata delle motivazioni della sentenza impugnata.

Cosa succede se un motivo di ricorso viene sollevato per la prima volta in Cassazione?
Il motivo è dichiarato inammissibile. La Corte di Cassazione può esaminare solo le questioni che sono state specificamente devolute al giudice dell’appello, nel rispetto del principio della ‘catena devolutiva’. Introdurre nuove questioni in sede di legittimità costituisce una violazione procedurale insanabile.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Oltre alla definitività della decisione impugnata, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, in questo caso di 3.000 euro, a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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