Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando la Valutazione della Pena Diventa Intoccabile
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto processuale penale: i limiti del sindacato di legittimità sulla determinazione della pena. Il caso specifico riguarda la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione presentato da due imputati, che contestavano la congruità della sanzione inflitta. Questa decisione sottolinea come una valutazione della pena ben motivata dal giudice di merito, anche se superiore al minimo edittale, diventi di fatto insindacabile in sede di legittimità.
I Fatti del Caso: La Contestazione sulla Misura della Pena
Due fratelli, condannati in primo grado, avevano ottenuto dalla Corte d’Appello una significativa riduzione della pena. Nonostante ciò, hanno deciso di ricorrere in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione proprio in relazione all’entità della sanzione finale. A loro avviso, la Corte territoriale non aveva adeguatamente giustificato la scelta di una pena comunque superiore al minimo previsto dalla legge.
I ricorrenti, con atti di impugnazione identici, hanno cercato di sottoporre al vaglio della Suprema Corte l’apprezzamento di merito compiuto dai giudici d’appello, sperando in un’ulteriore diminuzione.
La Decisione della Corte di Cassazione e l’Inammissibilità del Ricorso
La Corte di Cassazione ha respinto le doglianze, dichiarando entrambi i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda su un principio consolidato: il controllo di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. I giudici supremi hanno constatato che la Corte d’Appello aveva già svolto un’analisi completa e logica dei parametri previsti dall’articolo 133 del codice penale per la commisurazione della pena.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si articolano su tre punti fondamentali. In primo luogo, i giudici di legittimità hanno evidenziato che la Corte d’Appello aveva già ridotto sensibilmente la pena originaria, dimostrando di aver tenuto in conto le argomentazioni difensive. In secondo luogo, la pena rideterminata, sebbene di poco superiore al minimo edittale, era stata giustificata in modo esauriente e privo di aporie logiche. La Corte territoriale aveva infatti considerato elementi cruciali come la serialità delle condotte, il contesto criminale in cui i reati erano maturati e i precedenti penali a carico degli imputati. Infine, la Suprema Corte ribadisce che una valutazione di fatto, se logicamente argomentata e immune da vizi palesi, sfugge al sindacato di legittimità. Tentare di contestarla equivale a chiedere un riesame del merito, non consentito in Cassazione. Di conseguenza, l’inammissibilità del ricorso in Cassazione è stata la naturale conseguenza processuale.
Le Conclusioni
Le conclusioni di questa ordinanza sono nette. Quando un giudice di merito valuta la pena in modo logico e completo, basandosi sui criteri di legge (come la gravità del fatto, la capacità a delinquere, i precedenti), la sua decisione è difficilmente attaccabile in Cassazione. La dichiarazione di inammissibilità ha comportato, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, la condanna dei ricorrenti non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, poiché non è stata ravvisata alcuna assenza di colpa nella loro iniziativa processuale.
Quando un ricorso in Cassazione contro l’entità della pena rischia di essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso è a forte rischio di inammissibilità quando la motivazione della sentenza impugnata risulta logica, completa e ha tenuto conto dei parametri legali per la determinazione della pena (art. 133 c.p.), come la serialità delle condotte e i precedenti penali. In questi casi, contestare la pena si traduce in una richiesta di riesame del merito, non consentita in Cassazione.
Quali elementi considera il giudice d’appello per determinare la pena in modo corretto?
Secondo quanto emerge dall’ordinanza, il giudice d’appello ha correttamente considerato la serialità delle condotte illecite, il contesto criminale in cui sono state realizzate e i precedenti penali specifici degli imputati. Questi elementi, valutati complessivamente, hanno giustificato una pena superiore al minimo edittale.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 c.p.p., se il ricorso è dichiarato inammissibile e non si ravvisa un’assenza di colpa nel ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria (in questo caso 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13300 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13300 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/03/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
NOME DATA_NASCITA nato a PALERMO il DATA_NASCITA
NOME NOME DATA_NASCITA nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/12/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che i ricorsi di COGNOME NOME, classe DATA_NASCITA, e di COGNOME NOME, classe DATA_NASCITA, che, con atti di impugnazione distinti ma di identico contenuto, deducono il vizio di motivazione in relazione all’entità della pena inflitta, sono inammissibili, i quanto la Corte di merito ha sensibilmente ridotto, per entrambi i ricorrenti, la pena irrogata in primo grado, rideterminata in misura di poco superiore al minimo edittale in relazione alla serialità delle condotte, il contesto criminale i cui esse sono state realizzate e i precedenti penali di cui sono gravati gli imputati (cfr. p. 10 e p. 13), con ciò dimostrando di avere esaurientemente e logicamente apprezzato i parametri di cui all’art. 133 cod. proc. pen., sicché tale valutazione di fatto, immune da aporie logiche, sfugge al sindacato di legittimità;
stante l’inammissibilità dei ricorsi e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. Sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 15/03/2024.