Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando le Prove non si Discutono Più
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4368 del 2024, ha ribadito un principio cardine del nostro sistema giudiziario: il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Questa pronuncia offre un chiaro esempio di inammissibilità del ricorso in Cassazione quando i motivi proposti mirano a una rivalutazione delle prove, specialmente in un contesto delicato come quello dei reati legati agli stupefacenti.
I Fatti del Caso
La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un individuo per la detenzione di 200 grammi di sostanza stupefacente. L’imputato, dopo la conferma della condanna in appello, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione. I suoi motivi di doglianza si concentravano su due punti principali: un presunto travisamento del dato ponderale della sostanza e l’illogicità della motivazione con cui i giudici di merito avevano escluso l’uso puramente personale dello stupefacente. In sostanza, la difesa contestava il modo in cui le prove erano state interpretate, chiedendo alla Suprema Corte una lettura alternativa dei fatti.
La Decisione e le Motivazioni della Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una distinzione fondamentale nel processo penale: quella tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità. 
I primi due gradi di giudizio (Tribunale e Corte d’Appello) hanno il compito di accertare i fatti, valutare le prove e decidere sulla colpevolezza o innocenza dell’imputato. Il giudizio della Corte di Cassazione, invece, è un sindacato di legittimità. Ciò significa che la Corte non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e non contraddittoria.
Nel caso di specie, i giudici supremi hanno rilevato che le censure mosse dal ricorrente non denunciavano un vizio di legge, ma erano tese a ‘sollecitare una rivalutazione e/o un’alternativa rilettura delle fonti probatorie’. L’imputato, in pratica, stava chiedendo alla Cassazione di fare ciò che la legge non le consente: comportarsi come un giudice di terzo grado e rimettere in discussione l’accertamento dei fatti.
La Corte ha inoltre specificato che le argomentazioni erano mere riproposizioni di censure già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello con ‘corretti argomenti giuridici’. Anche il dettaglio su cui insisteva la difesa – se la droga fosse divisa in uno o due panetti – è stato ritenuto irrilevante ai fini della decisione, poiché era già stato accertato che l’intero quantitativo era nella disponibilità dei coimputati.
Le Conclusioni Pratiche
Questa ordinanza è un monito importante per chiunque intenda presentare un ricorso in Cassazione. La strategia difensiva non può basarsi sulla speranza di convincere i giudici supremi a ‘rileggere’ le prove in modo diverso. Il ricorso deve, invece, individuare specifici errori di diritto o vizi logici macroscopici nella motivazione della sentenza di appello. In assenza di tali elementi, il rischio concreto è una declaratoria di inammissibilità del ricorso in Cassazione, che comporta non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso.
 
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi presentati non denunciavano errori di diritto, ma miravano a ottenere una nuova valutazione delle prove e dei fatti, un’attività che esula dalla competenza della Corte di Cassazione, la quale svolge un controllo di mera legittimità.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un processo?
No, non è possibile. Il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato per ottenere un riesame delle fonti di prova o una diversa ricostruzione dei fatti. La valutazione del materiale probatorio è di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo specifico caso è stata fissata in tremila euro.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4368 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 4368  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a RAGUSA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/02/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza indicata in epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
rilevato che il ricorso è inammissibile perché i motivi proposti – con cui il ricorrente ha dedotto, sia al fine dell’accertamento della sua responsabilità che della subordinata richiesta di applicazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90, un asserito travisamento del dato ponderale della sostanza stupefacente da lui detenuta nonché l’illogicità della motivazione in riferimento agli elementi indicatori dell’uso non esclusivamente personale della sostanza, previsti dall’art. 74 comma 1 bis, cod. pen. d.P.R. citato – sono tesi a sollecitare una rivalutazione e/o un’alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità e sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal Giudice di merito (si vedano le pagine 4 e 5 della sentenza impugnata), dovendosi precisare che non è decisivo il dato sul se la sostanza fosse divisa in due panetti o in un unico panetto, atteso che la ricostruzione dei fatti, come effettuata da entrambe le sentenze di merito, rende evidente che ciascuno dei due coimputati deteneva l’intero quantitativo di sostanza stupefacente, pari a 200 grammi;
rilevato che con la memoria depositata sono state sollevate censure già formulate con il ricorso;
ritenuto che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte cost. n. 186 del 2000) – della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.N11.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/11/2023