Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 29218 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 29218 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/07/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOMECOGNOME nata a Torino il 19/08/1975;
COGNOME NOMECOGNOME nato a Torino il 15/11/1968;
avverso la sentenza del Tribunale di Torino del 15/05/2024, visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Procuratore generale Dr. NOME COGNOME che ha concluso pe l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 15/05/2024, il Tribunale di Torino condannava NOME COGNOME e COGNOME NOME alla pena di mesi sei di arresto e 21.000,00 euro di ammenda, in
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relazione ai reati di cui agli articoli 44 d.P.R. 380/2001, 71 d.P.R. 380/2001, 95 d.P.R. 380/2 e (il solo Scifone) 72 d.P.R. 380/2001, realizzati nel comune di Orbassano, convertendo la pena detentiva nella pena del lavoro di pubblica utilità sostitutivo.
Il giudice, nell’occasione, non disponeva la demolizione delle opere abusive realizzate assenza di permesso di costruire (circostanza che comunque, di per sé, non esclude il potere dell’autorità comunale di disporla in presenza dei presupposti dell’articolo 31 d.P.R. 380/200
Avverso tale sentenza gli imputati hanno proposto appello, impugnazione qualificata dalla Corte di appello di Torino come ricorso per cassazione con ordinanza in data 14 marzo 2025, ritenendo i giudici piemontesi che la sentenza emessa dal Tribunale di Torino fosse inappellabil ex art. 593, comma 3, c.p.p., sia sotto il profilo della condanna alla pena sostitutiva dei LPU sotto il profilo residuale della condanna alla pena pecuniaria dell’ammenda.
3. L’impugnazione si compone di tre motivi.
3.1. Dopo una articolata premessa in fatto, con il primo motivo di impugnazione gli imputat lamentano l’omessa assoluzione ex art. 530 cod. proc. pen., almeno sotto il profilo dell’elemen soggettivo del reato, procedendo ad una differente lettura dei dati emergenti dalla istrutt dibattimentale rispetto alla sentenza di primo grado, con particolare riferimento al conten delle deposizioni dei testi COGNOME e COGNOME nonché del tecnico comunale COGNOME.
Contestano poi l’affermazione della sentenza secondo cui l’esistenza di un provvedimento di tenore inequivoco non poteva consentire al privato di vantare aspettativa alcuna circa un taci assentimento delle opere realizzate.
Circa le opere di terrazzamento, poi, riporta le deposizioni del teste COGNOME e dello ste COGNOME in ordine all’epoca di realizzazione delle stesse e alla sussistenza di una evid sensazione di fattibilità delle opere stesse, tanto da indurre in errore il privato sulla loro realizzazione.
Infine, difetterebbe la stessa oggettività della condotta di cambio di destinazione d’uso quanto l’esercizio di attività cinofila è comunque una attività agricola, indipendentemente suo esercizio in forma di impresa.
Quanto all’edificio residenziale contestano che vi fosse un effettivo cambio di destinazio d’uso e che i lavori non fossero ancora ultimati al momento dell’accertamento, così come rivalutano le risultanze istruttorie in relazione alle variazioni prospettiche in corrisponden corpo delle autorimesse, alla chiusura delle aree porticate al piano terra e ai c.d. «abusi mino insistendo sull’erronea valutazione degli abusi come un unicum.
Quanto alla posizione della COGNOME, la stessa non ha mai abitato il luogo ove sono stat realizzati i presunti abusi e, nel 2020, ha lasciato il compagno COGNOME; ciononostante, è s ritenuta colpevole di avere appoggiato il sogno imprenditoriale dello stesso.
La COGNOME, al contrario, ha potuto rendersi conto degli eventuali abusi posti in essere da Scifoni solo dopo la notifica dell’ordinanza di sospensione.
3.2. Con un secondo motivo lamentano la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’articolo 131-bis cod. pen..
3.3. Con un terzo motivo lamentano l’eccessività della pena, con violazione dell’articolo 1 cod. pen..
Concludono quindi chiedendo l’assoluzione dei due imputati e, in subordine l’applicazione dell’articolo 131-bis cod. pen. e in ulteriore subordine la riduzione della pena, ferma restan sostituzione della pena detentiva.
Con nota del 4 giugno 2025 l’Avv. NOME COGNOME per gli imputati, depositava memoria difensiva in cui, nel ribadire le ragioni del ricorso, insisteva per l’accogliment medesimo.
Preliminarmente, tuttavia, evidenziava una discrasia di trattamento introdotta dal legislat in base al momento in cui l’imputato decida di formulare la richiesta di sostituzione della p detentiva principale.
Qualora, infatti, l’imputato intenda ottenere la garanzia che un’eventuale condanna a pena detentiva venga sostituita con i lavori di pubblica utilità (LPU) – in linea con l’int legislatore che ha concepito le pene sostitutive proprio come strumento per evitare il carcere e ne richieda, pertanto, l’applicazione al termine del giudizio di primo grado, la sentenza accoglie tale richiesta non potrà essere impugnata mediante appello, precludendo così ogni possibilità di riesame nel merito.
Nel diverso caso in cui, invece, l’imputato, condannato in primo grado, procrastini la richi di sostituzione della pena detentiva con i LPU, potrà ex lege impugnare la sentenza e formulare la richiesta di sostituzione in grado di appello, usufruendo, quindi, di una maggiore garan processuale.
Tale conclusione appare distonica rispetto agli stessi obiettivi che il legislatore si era pr essendo evidente che tale soluzione disincentiverà la richiesta di sostituzione in primo grad differendola al grado dell’appello. La scelta del legislatore sembra essere, invero, pri ragionevole motivazione.
Ciò posto, i ricorrenti si chiedono se il consenso prestato all’effettuazione dei lav pubblica utilità sostitutivi possa essere implicitamente inteso quale rinuncia all’impugnazio giungendo a conclusione negativa.
RITENUTO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
Preliminarmente, il Collegio evidenzia come la previsione della inappellabilità delle senten con cui viene applicata la sola pena pecuniaria ovvero il lavoro di pubblica utilità non ap affatto una soluzione irragionevole.
Ed infatti, posto che, come chiarito nella sentenza n. 34 del 2020 della Corte costituziona «la garanzia del doppio grado di giurisdizione non fruisce, di per sé, di riconoscime costituzionale (ex plurimis, sentenze n. 274 e n. 242 del 2009, n. 298 del 2008, n. 26 del 2007, n. 288 del 1997, n. 280 del 1995; ordinanze n. 316 del 2002 e n. 421 del 2001)», non può tacciarsi di irragionevolezza la scelta del legislatore di orbare di un grado di giudizio l’i che, su sua libera scelta, abbia optato per l’applicazione della pena sostitutiva dei lav pubblica utilità sostitutiva che, assieme alla pena pecuniaria, costituisce l’unica ipotesi d sostitutiva che non impinge sulla libertà personale dell’imputato.
Non di rinuncia all’impugnazione si tratta, quindi, ma di una opzione processuale cu consegue necessariamente la non appellabilità della sentenza, non dissimile rispetto a quella che l’imputato effettua laddove opta per l’applicazione della pena su richiesta delle parti.
Tanto premesso, i ricorsi sono inammissibili, non possedendo i requisiti di forma e sostanza previsti dalla legge per il ricorso per cassazione.
Ed invero, è assolutamente consolidato, e dev’essere qui ribadito, il principio secondo cu in tema di impugnazioni, allorché un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice ch riceve l’atto deve limitarsi, a norma dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., a verif l’oggettiva impugnabilità del provvedimento, nonché l’esistenza di una voluntas impugnationis, consistente nell’intento di sottoporre l’atto impugnato a sindacato giurisdizionale, e q trasmettere gli atti, non necessariamente previa adozione di un atto giurisdizionale, al giud competente (Sez. U, n. 45371 del 31/10/2001, COGNOME, Rv. 220221; Sez. 5, n. 7403/2014 del 26/09/2013, COGNOME, Rv. 259532; Sez. 1, n. 33782 del 08/04/2013, COGNOME, Rv. 257117.
Tuttavia, Sez. 3, n. 1589 del 14/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 277945 – 01 ha affermato, con principio che il Collegio intende ribadire, che è inammissibile l’impugnazi proposta con mezzo di gravame diverso da quello prescritto, quando dall’esame dell’atto si tragga la conclusione che la parte abbia effettivamente voluto ed esattamente denominato il mezzo di gravame non consentito dalla legge.
Tale soluzione non si pone in contraddizione con la previsione contenuta nell’art. 568 comma 5, cod. proc. pen., atteso che l’applicazione della disposizione sopra riportata presuppone che, ad onta della denominazione ad essa attribuita dalla parte, l’impugnazione abbia l caratteristiche proprio del mezzo di gravame proponibile di fronte ad un giudice diverso d quello, invece, prescelto dal ricorrente e che, pertanto, in sede di interpretazione dell’at possibile attribuire all’atto stesso una qualificazione diversa da quella apparente.
Laddove, invece, il mezzo di impugnazione abbia le caratteristiche, sostanziali e formal dello strumento di rivalutazione processuale esperibile, in via astratta, di fronte al g prescelto ed emerga in termini di chiarezza che esso sia stato consapevolmente utilizzato per come lo stesso appare dalla parte ricorrente, non entra in gioco la tematica relat all’incompetenza del giudice adito, essendo questo astrattamente competente, ma esclusivamente la questione della inammissibilità del mezzo di impugnazione effettivamente e consapevolmente adottato dalla parte ricorrente.
In una tale fattispecie non viene, quindi, in discussione la necessità di procedere trasmissione degli atti al giudice competente, ma solo la valutazione della ammissibilità o men nel caso concreto del mezzo processuale da parte del giudice in astratto competente per quello.
Valutazione che, quanto al caso di specie, deve essere ‘ espressa nei termini della inammissibilità del ricorso, avendo gli imputati voluto esperire uno strumento di impugnazion non consentito, sviluppando censure strutturate nelle forme tipiche dello strument impugnatorio prescelto (valgano, per tutte, la richiesta di assoluzione, il generico riferiment eccessiva severità del trattamento sanzionatorio, ovvero ancora il riferimento a circostanz riferite da testimoni).
Ad abundantiam, il Collegio evidenzia come i ricorsi siano anche inammissibili nel merito.
Il primo motivo è inammissibile in quanto sollecita a questa Corte una inammissibile rivalutazione del compendio probatorio, non consentita in sede di legittimità.
Come noto, infatti, il ricorso per cassazione è inammissibile quando si fonda su motivi ch postulano una non consentita rivalutazione delle prove, in quanto ciò esula dalle attribuzioni giudice di legittimità, il quale deve limitarsi a verificare la correttezza giuridica e la log motivazione adottata dai giudici di merito (v., ex multis, Sez. 6, n. 43139 del 19/09/2019, Sessa, n.m.).
La censura relativa all’articolo 131-bis cod. pen. è inammissibile.
Questa Corte ritiene che, «ai fini del riconoscimento della causa di esclusione della punibi di cui all’art. 131-bis cod. pen. non è sufficiente che il fatto sia occasionale, ma è necessar l’offesa, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai dell’art. 133, comma primo, sia ritenuta di particolare tenuità» (Sez. 3, n. 50782 del 26/09/20 Bordoni, Rv. 277674 – 01).
Nel caso di specie, il Tribunale (pag. 15-16) ha ritenuto che il fatto non possa considerars particolare tenuità in ragione della pluralità delle violazioni e dalla particolare per dimostrata dagli imputati che, a fronte di plurimi accessi da parte della polizia locale compete hanno perseverato nella loro condotta in totale spregio delle prescrizioni imposte dall’auto amministrativa.
Tale motivazione fa buon governo del principio di anzi esposto e il motivo di ricorso, c con la sentenza non si confronta in modo critico, è generico e inammissibile.
5. Generica e quindi inammissibile è anche l’ultima doglianza.
A fronte di una quantificazione della pena, operata a pagina 16 della sentenza impugnata, mediante precisa indicazione della pena base (mesi 9 di arresto), contenuta al di sotto del
media edittale e sulla quale sono state applicate le circostanze attenuanti generiche nel massima estensione e con aumento operato in continuazione sulla sola pena pecuniaria, la
doglianza si limita ad una laconica lamentela di eccessività della pena, non meglio specificata non nella memoria depositata il 4 giugno 2025, in modo tuttavia totalmente generico.
6. I ricorsi vanno quindi dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamen delle spese processuali.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia propo
il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00 per ciascun ricorrente.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processua e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 2 luglio 2025.