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Inammissibilità ricorso Cassazione: il caso 131-bis

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso di un imputato condannato per tentato furto. Il motivo principale dell’inammissibilità risiede nella genericità dell’appello, che non ha contestato efficacemente la decisione della Corte d’Appello di non applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) a causa del comportamento abituale dell’imputato. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità ricorso Cassazione: Quando la Genericità Costa Cara

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come un’impugnazione mal formulata possa portare a una dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione, con conseguenze economiche significative per il ricorrente. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: i motivi di ricorso devono essere specifici e non limitarsi a una generica contestazione. Questo caso riguarda un imputato condannato per tentato furto, il cui ricorso è stato respinto perché non affrontava adeguatamente le ragioni della sentenza impugnata, in particolare riguardo all’esclusione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine da una condanna per il delitto di tentato furto, confermata in secondo grado dalla Corte di Appello di Milano. L’imputato ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la presunta violazione dell’articolo 131-bis del codice penale. Secondo la difesa, il fatto avrebbe dovuto essere considerato di ‘particolare tenuità’ e, quindi, non punibile. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva già escluso questa possibilità, motivando la sua decisione sulla base dell’abitualità del comportamento dell’imputato, un elemento ostativo all’applicazione di tale beneficio.

L’Inammissibilità del Ricorso per Genericità dei Motivi

Il cuore della decisione della Corte di Cassazione risiede nella valutazione dei motivi presentati dal ricorrente. I giudici hanno stabilito che il ricorso era inammissibile perché non conteneva ‘puntuali censure’ contro l’iter argomentativo della Corte d’Appello. In altre parole, la difesa non ha contestato in modo specifico e dettagliato il ragionamento che aveva portato i giudici di secondo grado a considerare ‘abituale’ il comportamento dell’imputato, limitandosi a riproporre una richiesta già respinta.

La giurisprudenza citata dalla Corte (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013) conferma che, ai fini dell’applicazione dell’art. 131-bis c.p., il giudice deve valutare non solo la gravità del singolo episodio, ma anche il comportamento complessivo dell’imputato. Un comportamento abituale è una barriera insormontabile per ottenere la non punibilità per tenuità del fatto.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. La motivazione si fonda su un principio cardine del giudizio di legittimità: la Cassazione non riesamina i fatti, ma controlla la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso che ignora la motivazione della corte precedente e si limita a una doglianza generica non supera il vaglio di ammissibilità.

Inoltre, la Corte ha ravvisato una ‘colpa’ nel comportamento del ricorrente, data l’evidente inammissibilità dell’impugnazione. Questo profilo di colpa, come sostenuto anche dalla Corte Costituzionale (sent. n. 186/2000), giustifica l’imposizione di una sanzione pecuniaria aggiuntiva, oltre alla condanna al pagamento delle spese processuali.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione. Come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, a questa declaratoria conseguono due sanzioni per il ricorrente:

1. La condanna al pagamento delle spese processuali.
2. La condanna al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Questa ordinanza serve da monito: un ricorso per Cassazione deve essere preparato con la massima diligenza, attaccando specificamente le fondamenta logico-giuridiche della decisione che si intende impugnare. La semplice riproposizione di argomenti già valutati e respinti, senza nuove e pertinenti critiche, espone non solo al rigetto del ricorso, ma anche a sanzioni economiche rilevanti.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’unico motivo presentato era generico e non conteneva critiche puntuali e specifiche contro il ragionamento seguito dalla Corte d’Appello per confermare la condanna.

Per quale motivo non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La non punibilità non è stata applicata perché il comportamento dell’imputato è stato ritenuto ‘abituale’. L’abitualità nel commettere reati è una condizione che, secondo la legge, impedisce di beneficiare della particolare tenuità del fatto.

Oltre al pagamento delle spese processuali, quale altra sanzione è stata imposta al ricorrente e perché?
Il ricorrente è stato condannato a versare la somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione è stata inflitta a causa della ‘colpa’ del ricorrente nell’aver proposto un ricorso la cui inammissibilità era evidente, configurando così un abuso dello strumento processuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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