Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando la Genericità Costa Cara
Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione richiede un rigore formale e sostanziale imprescindibile. La mancata osservanza di questi requisiti può portare a una dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione, una decisione che preclude l’esame nel merito della questione e rende definitiva la sentenza impugnata. Un’ordinanza recente della Suprema Corte offre un chiaro esempio di come la genericità dei motivi e la contestazione della discrezionalità del giudice possano condurre a tale esito.
I Fatti del Caso: Un Ricorso Contro la Sentenza di Appello
Il caso in esame nasce dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Palermo. L’interessato contestava sia l’accertamento della sua responsabilità penale sia il trattamento sanzionatorio che gli era stato applicato. I motivi del ricorso, tuttavia, sono stati giudicati dalla Suprema Corte come inadeguati per sostenere un esame di legittimità.
La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle doglianze dell’imputato, ma si ferma a un livello preliminare, verificando la sussistenza dei presupposti per un valido ricorso. La Corte ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di ricorso inammissibile.
Le Motivazioni: la Ragione dell’Inammissibilità del Ricorso in Cassazione
La Corte ha fondato la sua decisione su due pilastri argomentativi principali. In primo luogo, ha rilevato una totale mancanza di specificità nei motivi del ricorso, in violazione dell’art. 581 del codice di procedura penale. I motivi erano meramente reiterativi di argomentazioni già svolte nei precedenti gradi di giudizio, senza un reale confronto critico con le motivazioni della sentenza d’appello. In pratica, il ricorrente cercava di ottenere una nuova valutazione dei fatti, un’operazione preclusa in sede di legittimità, dove la Corte può giudicare solo sulla corretta applicazione del diritto.
L’analisi del Trattamento Sanzionatorio
In secondo luogo, per quanto riguarda la contestazione della pena, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la graduazione della sanzione è espressione del potere discrezionale del giudice di merito. Tale valutazione non può essere oggetto di ricorso per cassazione, a meno che non emerga un vizio di manifesta illogicità o un mero arbitrio da parte del giudice. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza d’appello fosse sufficiente, anche se espressa con formule sintetiche come ‘pena congrua’ o ‘pena equa’. La Suprema Corte ha specificato che una motivazione così sintetica è ammissibile, soprattutto quando la pena irrogata è inferiore alla media prevista dalla legge per quel reato.
Le Conclusioni: Lezioni Pratiche per un Ricorso Efficace
L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per chi intende adire la Corte di Cassazione. Evidenzia che un ricorso non può essere una semplice riproposizione delle proprie tesi, ma deve contenere una critica puntuale e specifica delle argomentazioni giuridiche della sentenza che si impugna. Inoltre, conferma che la discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena gode di un’ampia tutela, potendo essere sindacata solo in presenza di vizi palesi e macroscopici. La conseguenza di un ricorso inammissibile non è solo la definitività della condanna, ma anche un ulteriore onere economico per il ricorrente.
Per quali motivi un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se è privo dei requisiti di specificità previsti dalla legge (art. 581 c.p.p.), se si limita a ripetere argomenti già presentati senza confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata, o se tenta di ottenere una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.
È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice?
Sì, ma solo a condizioni molto restrittive. La determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. È possibile contestarla in Cassazione solo se la decisione è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento manifestamente illogico, non semplicemente perché non si è d’accordo con la pena inflitta.
Il giudice deve sempre fornire una motivazione dettagliata sulla misura della pena?
No, non sempre. Secondo quanto affermato dalla Corte, una motivazione specifica e dettagliata non è necessaria quando la pena irrogata è inferiore alla media prevista dalla legge per quel tipo di reato. In questi casi, possono essere considerate sufficienti anche espressioni sintetiche come ‘pena congrua’ o ‘pena equa’.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12575 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12575 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/05/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che l’unico motivo di ricorso, con il quale si deducono congiuntamente vizi motivazionali in punto di accertamento della responsabilità e trattamento sanzionatorio, oltre ad essere del tutto privo dei requisiti di specifici previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 581 cod. proc. pen., non sono consentito sia perché meramente reiterativi in assenza di confronto con la motivazione (al fine di introdurre una non consentita lettura alternativa del merito), che, in ordine al trattamento sanzionatorio, perché, trattandosi di esercizio della discrezionalità attribuita al giudice del merito, la graduazione dell pena non può costituire oggetto di ricorso per cassazione laddove la relativa determinazione, sorretta da sufficiente motivazione, non sia stata frutto di mero arbitrio o di ragionamento manifestamente illogico;
che, nella specie, l’onere argomentativo del giudice è stato adeguatamente assolto anche attraverso il richiamo agli elementi di cui all’art. 133 cod. pen ritenuti decisivi o rilevanti ovvero attraverso espressioni del tipo “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, non essendo necessaria una specifica e dettagliata motivazione nel caso in cui venga irrogata una pena inferiore alla media edittale (si veda, in particolare, pag. 4);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 6 marzo 2024.