Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando i Motivi d’Appello non Possono Essere Nuovi
L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 19273 del 2024 offre un importante chiarimento su un principio fondamentale del processo penale: l’inammissibilità ricorso cassazione per motivi non proposti nel precedente grado di giudizio. Questa decisione ribadisce la necessità di una strategia difensiva completa fin dall’appello, pena la preclusione di far valere le proprie ragioni davanti alla Suprema Corte.
Il Caso in Esame: Furto Aggravato e la Questione della Recidiva
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato, condannato in primo e secondo grado per il reato di furto pluriaggravato. La Corte d’Appello di Milano aveva confermato la sentenza di condanna. L’imputato, tramite il suo difensore, ha quindi deciso di impugnare la decisione davanti alla Corte di Cassazione, sollevando un unico motivo di ricorso: l’erronea applicazione dell’articolo 69 del codice penale.
In particolare, la difesa sosteneva l’insussistenza della recidiva reiterata e specifica che era stata contestata, un’aggravante che incide notevolmente sulla determinazione della pena finale.
La Strategia Difensiva e il Nodo Processuale
Il punto cruciale, tuttavia, non risiedeva tanto nel merito della contestazione sulla recidiva, quanto in un aspetto puramente procedurale. La doglianza relativa alla configurabilità della recidiva, infatti, non era mai stata sollevata nei motivi d’appello presentati alla Corte territoriale. L’imputato aveva, in quella sede, contestato altri aspetti della sanzione, come la presenza di un’altra aggravante, il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e il bilanciamento tra le circostanze. La questione della recidiva, invece, veniva introdotta per la prima volta solo nel ricorso per cassazione.
Le Motivazioni della Corte: Il Principio dell’Inammissibilità del Ricorso in Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione sull’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che i motivi non dedotti con l’appello non possono essere presentati per la prima volta in Cassazione.
I giudici hanno chiarito che la configurabilità della recidiva costituisce un “punto autonomo della decisione”. Di conseguenza, se l’appello si concentra su altri aspetti del trattamento sanzionatorio, non si può successivamente, in sede di legittimità, lamentare una violazione di legge o un vizio di motivazione su un punto – come la recidiva – che non era stato oggetto di specifica impugnazione. La Corte ha richiamato un suo precedente orientamento (sentenza n. 40390/2022), consolidando così l’interpretazione restrittiva della norma. L’effetto devolutivo dell’appello limita il giudizio del grado successivo ai soli punti della decisione che sono stati specificamente contestati.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
La pronuncia in esame è un monito fondamentale per la pratica forense. Essa sottolinea l’importanza di articolare in modo completo ed esaustivo tutti i possibili motivi di contestazione già nell’atto di appello. Tralasciare una censura in quella fase significa, di fatto, precludersi la possibilità di farla valere davanti alla Corte di Cassazione. La decisione sull’inammissibilità ricorso cassazione per motivi nuovi non è un mero formalismo, ma la diretta conseguenza del principio devolutivo che governa le impugnazioni. Per l’imputato, ciò si è tradotto non solo nella conferma della condanna, ma anche nell’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria di 3.000 euro alla Cassa delle ammende.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato, relativo alla contestazione della recidiva, non era stato sollevato come motivo di appello nel precedente grado di giudizio, come richiesto a pena di inammissibilità dall’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale.
È possibile presentare nuovi motivi di ricorso direttamente in Cassazione?
No, sulla base di questa ordinanza non è consentito. La Corte ha stabilito che una censura non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità se non è stata precedentemente formulata come motivo di appello.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 Euro a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19273 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19273 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/09/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte d’appello di Milano ne ha confermato la condanna per il delitto di furto pluriaggravato.
Rilevato che il difensore ha presentato memoria insistendo nel ricorso.
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale il ricorrente lamenta l’erronea applicazione dell’art. 69 cod. pen. in ragione della affermata insussistenza della contestata recidiva reiterata e specifica, non è consentito in sede di legittimità poiché la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen. In particolare, il motivo inerente alla configurabilità della recidiva costituisce un punto autonomo della decisione, sicché, ove l’appello abbia avuto riguardo ad altri aspetti del trattamento sanzionatorio (la configurabilità di un’altra aggravante, il riconoscimento delle attenuanti generiche, il bilanciamento tra le circostanze e la misura della pena), non ci si può dolere dell’insufficiente motivazione o della violazione delle disposizioni in tema di recidiva (ex multis Sez. 5, n. 40390 del 19/09/2022, Milucci, Rv. 283803). Rilevato che peraltro, con riferimento all’esecuzione delle pene oggetto delle condanne più risalenti (contrariamente a quanto avvenuto con quella pronunziata con la sentenza del 23 novembre 2005), non risulta dal certificato penale che l’imputato abbia avuto accesso all’affidamento in prova ai servizi sociali.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 27/03/2024