Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24120 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24120 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME NOMECOGNOME nato in Marocco il 01/01/1978
avverso la sentenza del 23/10/2024 della Corte d’appello di Milano visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Milano, in riforma parziale della sentenza del Tribunale di Pavia del 19/03/2024, che aveva condannato NOME COGNOME NOME in ordine al delitto di cui a ll’ articolo 73, comma 1, d.P.R. 309/1990, alla pena di anni 2 di reclusione ed euro 2.000,00 di multa, riduceva la pena allo stesso inflitta in anni 1 e mesi 8 di reclusione ed euro 1.800,00 di multa.
Avverso tale sentenza l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, lamentando, con un primo motivo, violazione dell’articolo 99 cod. pen. laddove la
sentenza non ha escluso la recidiva e, con un secondo motivo, laddove non ha applicato la riduzione per le circostanze attenuanti generiche nella massima estensione.
3. Il ricorso è inammissibile.
Il motivo sulla recidiva è inammissibile in quanto non era stato dedotto con i motivi di appello ed è stato dedotto per la prima volta in cassazione.
Ed infatti, dal non contestato riepilogo dei motivi di appello ( sull’obbligo di contestare a pena di inammissibilità tale riepilogo ove non conforme ai motivi di appello vedi, ex multis , Sez. 3, n. 11830 del 13/03/2024, COGNOME n.m.; Sez. 3, n. 8657 del 15/02/2024, Immobile, n.m.; Sez. 3, n. 33415 del 19/05/2023, COGNOME n.m.; Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017, COGNOME, Rv. 270627 -01; Sez. 2, n. 9028/2014 del 05/11/2013, COGNOME, Rv. 259066), emerge che il vizio in parola non era stato dedott o, con conseguente inammissibilità del ricorso ai sensi dell’ar ticolo 606, comma 3, cod. proc. pen..
5. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
questa Corte ritiene che, in tema di bilanciamento di circostanze eterogenee, per il carattere globale del giudizio, il giudice di merito non è tenuto a specificare le ragioni che hanno indotto a dichiarare la equivalenza piuttosto che la prevalenza, a meno che non vi sia stata una specifica richiesta della parte, con indicazione di circostanze di fatto tali da legittimare la richiesta stessa (Sez. 7, Ord. n. 11210 del 20/10/2017, dep. 2018, Rv. 272460 -01; Sez. 6, n. 6616 del 28/02/1994, COGNOME, Rv. 198524 – 01).
In secondo luogo, le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto ( ex multis , v. Sez. U, Sentenza n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931 -01; Sez. 4, n. 8291 del 30/01/2024, COGNOME, n.m.; Sez. 1, n. 3778 del 20/10/2023, dep. 2024, COGNOME, n.m.; Sez. 2, Sentenza n. 31543 del 08/06/2017, COGNOME, Rv. 270450 – 01).
Nel caso in esame, la Corte territoriale, a pagina 6, giustifica la scelta di non applicare la riduzione per le generiche nella massima estensione alla luce della condotta dell’imputato dopo il fatto, che ha tentato di darsi alla fuga .
Tale motivazione non si pone in termini di irragionevolezza o contraddittorietà, ma fa anzi buon uso dei principi elaborati da questa Corte.
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima cons egue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso l’11 aprile 2025.