Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando la Suprema Corte Dice ‘No’
L’accesso alla Corte di Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma è un percorso irto di regole precise. Comprendere cosa significhi l’inammissibilità del ricorso in Cassazione è fondamentale per chiunque affronti un processo penale. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio pratico dei paletti procedurali che, se non rispettati, precludono l’esame del merito del ricorso.
Il caso in esame riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per reati gravi come estorsione e rapina. La sua difesa ha tentato di portare il caso davanti alla Cassazione, ma si è scontrata con un secco provvedimento di inammissibilità. Analizziamo insieme le ragioni di questa decisione.
I Fatti del Processo
L’imputato era stato ritenuto penalmente responsabile per i delitti ascrittigli sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello. Non rassegnato alla condanna, ha proposto ricorso per cassazione, basandolo essenzialmente su tre motivi:
1. Una contestazione generale sulla sua responsabilità penale, proponendo una lettura delle prove diversa da quella dei giudici di merito.
2. Un’ulteriore critica sull’attendibilità delle fonti di prova.
3. La richiesta, per la prima volta, di applicazione di una circostanza attenuante per il reato di rapina.
Tutti e tre i motivi sono stati respinti dalla Corte, che ha dichiarato l’intero ricorso inammissibile.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte ha chiuso le porte a ogni discussione nel merito, dichiarando il ricorso inammissibile. Di conseguenza, la condanna è diventata definitiva e il ricorrente è stato obbligato a pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria di tremila euro alla Cassa delle ammende. La decisione non entra nel vivo della colpevolezza o innocenza, ma si ferma a un controllo preliminare, di natura squisitamente procedurale.
Le Motivazioni: I Pilastri dell’Inammissibilità del Ricorso in Cassazione
Le ragioni della decisione della Suprema Corte sono illuminanti e si fondano su due principi fondamentali del processo penale.
Il Divieto di Riesame del Merito
I primi due motivi di ricorso, con cui si contestava la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti, sono stati giudicati generici. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: il suo ruolo non è quello di un ‘terzo giudice’ che può riesaminare i fatti. Non può sovrapporre la propria valutazione a quella dei giudici di primo e secondo grado, né verificare la tenuta logica della sentenza confrontandola con altri possibili ragionamenti. Il suo compito è limitato a verificare se la motivazione della sentenza d’appello sia priva di vizi logici evidenti o di errori di diritto. Proporre una semplice lettura alternativa delle prove, come ha fatto il ricorrente, si traduce in una richiesta di riesame del merito, inammissibile in questa sede.
Il Principio Devolutivo: I Motivi non Proposti in Appello
Il terzo motivo, relativo alla richiesta di una circostanza attenuante, è inciampato in un altro ostacolo procedurale insormontabile. La Corte ha rilevato che questa specifica doglianza non era mai stata presentata come motivo di appello nel giudizio precedente. L’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale stabilisce chiaramente che non possono essere dedotte in Cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello. Questo principio, noto come ‘effetto devolutivo’, limita il giudizio di impugnazione alle sole questioni sollevate dalla parte. Introdurre un argomento nuovo in Cassazione è una pratica vietata che conduce inevitabilmente all’inammissibilità del motivo.
Le Conclusioni
Questa ordinanza è un monito importante: il ricorso per cassazione non è una terza possibilità per discutere i fatti di un processo. È uno strumento tecnico, finalizzato al controllo della legalità delle decisioni dei giudici di merito. Qualsiasi tentativo di trasformarlo in un appello mascherato, riproponendo valutazioni sui fatti o introducendo tardivamente nuove questioni, è destinato a fallire. La corretta formulazione dei motivi di appello diventa quindi cruciale, poiché definisce i confini invalicabili di ciò che potrà essere discusso nell’ultimo grado di giudizio.
Posso chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove o i fatti di un processo?
No. La Corte di Cassazione non è un ‘terzo giudice di merito’. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti. Un ricorso basato su una diversa lettura delle prove è inammissibile.
Cosa succede se presento un motivo di ricorso in Cassazione che non avevo sollevato in appello?
Il motivo viene dichiarato inammissibile. In base all’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, non è possibile presentare alla Corte di Cassazione questioni che non sono state precedentemente sottoposte al giudice d’appello. Ciò significa che i motivi di ricorso devono essere stati già parte del dibattito nel grado precedente.
Quali sono le conseguenze economiche della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente non solo vede diventare definitiva la sua condanna, ma è anche tenuto a pagare le spese del procedimento e a versare una somma di denaro, stabilita dal giudice, in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso specifico con una condanna al pagamento di tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2822 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2822 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/10/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ALGHERO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/10/2022 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di SASSARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
COGNOME NOME, impugna la sentenza in data 26/10/2022 della Corte di appello di Sassari, che ha rideterminato la pena inflitta con sentenza in data 27/01/2021 del G.u.p. del Tribunale di Sassari, che lo aveva condannato per il reato di estorsione, rapina e lesioni personali.
Ritenuto che i primi due motivi di ricorso, con cui si contesta l’affermazione di penale responsabilità dell’imputato per i delitti a lui ascritti ai capi A e B dell’imputazione, oltre ad evidentemente generici, si fondano su una diversa lettura dei dati processuali o comunque su un diverso giudizio di rilevanza o di attendibilità delle fonti di prova e non sono, perta consentiti dalla legge, stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre l propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260);
che il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni suo convincimento (si vedano le pagine 8, 9 e 10) facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità del prevenuto per entrambi i reati ogget censura;
Considerato che l’ultima doglianza, con cui del tutto genericamente si invoca il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. con riferimento delitto di rapina (capo B), non è consentita perché la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3, cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi gravame riportato nella sentenza impugnata (si veda pagina 7);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 24 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
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Il Presidente