Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando l’Appello è una Richiesta di Re-Giudizio
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cardine del nostro sistema processuale: l’inammissibilità del ricorso in Cassazione quando questo si traduce in una semplice richiesta di rivalutazione delle prove. Il caso, relativo a una condanna per furto in abitazione e indebito utilizzo di carta di credito, offre uno spunto prezioso per comprendere i confini precisi del giudizio di legittimità e le ragioni che possono portare alla chiusura definitiva di un procedimento penale senza un esame nel merito da parte della Suprema Corte.
I Fatti del Caso
L’imputato era stato condannato in primo grado, con rito abbreviato, per furto in un’abitazione e per il successivo utilizzo illecito di una carta di credito sottratta alla vittima. La sentenza era stata integralmente confermata dalla Corte di Appello di Firenze, che aveva ritenuto provata la responsabilità penale sulla base di solidi elementi indiziari. In particolare, l’imputato era stato trovato in possesso della carta bancomat rubata subito dopo il furto ed era stato visto all’interno dello stesso edificio in cui il reato era stato commesso, senza essere in grado di fornire una spiegazione plausibile della sua presenza.
I Motivi del Ricorso e l’Inammissibilità in Cassazione
Nonostante la doppia pronuncia di condanna, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. Erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione: Secondo la difesa, gli indizi a carico dell’imputato non erano ‘gravi, precisi e concordanti’ e, pertanto, la sua colpevolezza non era stata provata al di là di ogni ragionevole dubbio.
2. Violazione di legge sulla commisurazione della pena: La difesa lamentava la mancata concessione sia dell’attenuante per il danno di speciale tenuità (art. 62, n. 4 c.p.) sia delle attenuanti generiche.
La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i motivi inammissibili, evidenziando come le censure mosse non fossero ammissibili in sede di legittimità.
La Questione della Prova e i Limiti della Cassazione
Con riferimento al primo motivo, la Corte ha chiarito che l’imputato non stava denunciando un vero errore di diritto o un vizio logico manifesto nella motivazione della sentenza d’appello. Al contrario, stava tentando di ottenere una ‘rivalutazione delle fonti probatorie’, ovvero un nuovo giudizio sui fatti. Questa attività, però, è di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il ruolo della Cassazione non è quello di un ‘terzo grado’ di giudizio dove si può riesaminare se un testimone sia credibile o se un indizio sia più o meno forte.
L’Inammissibilità del Ricorso sulla Pena
Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha osservato che si trattava di una mera riproposizione di argomenti già esaminati e correttamente respinti dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva fornito una motivazione logica e coerente per negare le attenuanti, spiegando che:
* L’attenuante del danno di speciale tenuità non era applicabile, considerando il valore complessivo di quanto sottratto (denaro contante, carte di credito e documenti).
* Le attenuanti generiche non potevano essere concesse poiché l’imputato non era incensurato, ma aveva a suo carico numerosi precedenti specifici per reati contro il patrimonio.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La decisione della Cassazione si fonda sulla netta distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità. I giudici di merito valutano le prove e ricostruiscono i fatti. La Corte di Cassazione, invece, verifica che i giudici di merito abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato le loro decisioni in modo logico e non contraddittorio.
Nel caso di specie, il ricorso è stato giudicato inammissibile perché non ha individuato specifici vizi di legittimità nella sentenza impugnata. Piuttosto, ha manifestato un generico dissenso rispetto alla valutazione delle prove e alla decisione sulla pena, chiedendo implicitamente alla Suprema Corte di sostituire la propria valutazione a quella, già compiuta, dai giudici dei gradi precedenti. Questa impostazione è inammissibile e trasforma il ricorso in un tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio sul fatto, che l’ordinamento non prevede.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale per avvocati e cittadini: per avere successo, un ricorso in Cassazione deve essere tecnicamente impeccabile. Non è sufficiente essere in disaccordo con la sentenza di appello. È necessario dimostrare che quella sentenza contiene un errore di diritto o un difetto di motivazione così grave da renderla illegittima. In assenza di tali vizi, il ricorso viene dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, rendendo definitiva la condanna.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di contestare errori di diritto nella sentenza d’appello, si limitava a chiedere una nuova valutazione delle prove e dei fatti, un’attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.
Per quale motivo non è stata concessa l’attenuante del danno di lieve entità?
La Corte d’Appello, con motivazione ritenuta corretta dalla Cassazione, ha negato questa attenuante perché il valore complessivo dei beni sottratti (denaro contante, carte di credito e documenti) non poteva essere considerato di speciale tenuità.
Perché sono state negate anche le attenuanti generiche?
Le attenuanti generiche sono state negate perché l’imputato non era incensurato, avendo a suo carico numerosi precedenti penali, in particolare per reati contro il patrimonio. Ciò ha indotto i giudici a ritenere che non vi fossero elementi positivi da valorizzare per una riduzione della pena.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 988 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 988 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LIVORNO il 09/04/1968
avverso la sentenza del 04/05/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Livorno del 3 ottobre 2018 che, all’esito del giudizio abbreviato, aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME per il reato di furto in abitazione e di indebito utilizzo di carta di credito intestata ad altro soggetto e, esclusa la recidiva contestata e ritenuto il vincolo della continuazione tra i reati, l’aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia;
che il primo motivo del ricorso dell’imputato, che lamenta l’erronea applicazione della legge penale e il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza di indizi gravi, precisi e concordanti che hanno fondato il giudizio sulla penale responsabilità dell’imputato, non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché volto ad ottenere una rivalutazione delle fonti probatorie avulsa da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito atteso che la Corte territoriale ha evidenziato che l’imputato era in possesso della carta bancomat nell’immediatezza del furto, oltre ad essere stato visto all’interno dell’edificio stesso in cui il fatto è stato commesso senza una valida spiegazione (si veda, in particolare, pag. 6 del provvedimento impugnato);
che il secondo motivo del ricorso, con cui il ricorrente si duole della violazione di legge e del vizio di motivazione in punto di commisurazione della pena e mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen. e delle circostanze attenuanti generiche, è inammissibile in quanto meramente riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito con i quali il ricorrente mostra di non volersi confrontare (si vedano, in particolare, pagg. 6 e 7 della sentenza impugnata, in cui la Corte territoriale espressamente afferma che, tenuto conto della somma di danaro contante presente nel portafogli e delle carte di credito e dei documenti non può ritenersi applicabile l’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen., e neppure si possono riconoscere le circostanze attenuanti generiche in quanto l’imputato non è soggetto incensurato ma ha a suo carico numerosi precedenti soprattutto per reati contro il patrimonio e non vi sono altre ragioni apprezzabili che le giustifichino);
– che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc.
pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 13/12/2023.