Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11593 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11593 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/03/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
Conti NOME
nato a Roma il 02/08/1974
Vescovo NOME
nato a Roma il 18/08/1982
avverso la ordinanza del 14/11/2024 del Tribunale di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l ‘annull a mento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 14 novembre 2024 il Tribunale di Roma -per quanto qui rileva -rigettava le richieste di riesame presentate nell’interesse di NOME COGNOME e di NOME COGNOME avverso l’ordinanza con la quale era stata applicata a entrambi gli imputati la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di rapina aggravata in concorso.
Hanno proposto distinti ricorsi gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è articolato in tre motivi.
3.1. Violazione di legge per inosservanza dell’art. 309 , comma 10, cod. proc. pen., non avendo l’ufficio di Procura trasmesso al Tribunale del riesame i l support o con il filmato del circuito di videosorveglianza dell’Agenzia Funebre Nomentana da cui è stato estratto il fotogramma utilizzato per la identificazione dell’imputato, elemento quest’ultimo decisivo sul quale si era fondata la richiesta cautelare.
Il Tribunale ha superato il rilievo facendo un richiamo all’archivio digitale ex art. 268, comma 4, cod. proc. pen., inconferente in quanto tale archivio riguarda le intercettazioni telefoniche e ambientali e nulla ha a che vedere con un filmato ripreso da telecamere a circuito chiuso.
Solo il 9 dicembre 2024 presso la segreteria della Procura è stata depositata la nota dei Carabinieri in data 6 dicembre 2024 contenente anche i supporti informatici riguardanti i filmati acquisiti dalla polizia giudiziaria, non depositati dall’Ufficio della Procura ‘entro i termini previsti dall’art. 309 c.p.p. in quanto non ne era ancora in possesso’.
La misura cautelare, pertanto, è divenuta inefficace, ai sensi dell’art. 309 , comma 10, del codice di rito.
3.2. Mancanza della motivazione in ordine alla ritenuta gravità indiziaria.
In ordine alla individuazione di Conti quale il soggetto visibile nel fotogramma utilizzato per l’identificazione dell’indagato la difesa aveva evidenziato la mancanza di conoscenza diretta dello stesso da parte degli inquirenti, la cui valutazione era frutto di una mera impressione; il mancato esame di due testi che si erano dichiarati in grado di riconoscere i rapinatori; le differenze nella indicazione della corporatura del rapinatore visto scendere dall’auto, fatta dagli stessi testi e dagli operanti.
Il Tribunale non si è confrontato con alcuno di tali argomenti né sulle censure sollevate ‘sulle celle telefoniche agganciate dal COGNOME e dalla COGNOME il giorno della rapina nell’area geografica del quartiere Centocelle e sull’interpretazione data sulle conversazioni intercettate’.
3.3. Manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla ritenuta ir rilevanza del contratto di lavoro dell’indagato e all a inadeguatezza della misura richiesta in luogo di quella di massimo grado (obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria o arresti domiciliari). Nel gennaio del 2024 COGNOME è stato assunto quale impiegato con un contratto di lavoro a tempo indeterminato e percepisce una retribuzione di duemila euro al mese.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è articolato in due motivi, nel primo dei quali, a sostegno della sopravvenuta inefficacia della misura, sono svolte argomentazioni analoghe a quelle proposte nel ricorso di COGNOME, anche se il vizio viene denunciato sotto il profilo della illogicità della motivazione dell’ordinanza impugnata.
Anche in questo ricorso viene evidenziato che il compendio probatorio costituito dalle videoriprese ‘risulta essenziale per la dinamica delittuosa, così come contestata agli indagati e base determinante ed imprescindibile per la ordinanza impositiva della misura’.
Con il secondo motivo l’ordinanza viene censurata per mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico di COGNOME il cui ruolo di organizzatore e di accompagnatore degli autori materiali sul luogo della rapina è stato riconosciuto in assenza di riscontri.
Si è proceduto alla trattazione scritta del procedimento in cassazione, in mancanza di alcuna tempestiva richiesta di discussione proposta ai sensi dell’art. 611, commi 1bis e 1ter , del codice di rito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I due ricorsi presentati dall’avv. NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME trasmessi a mezzo di posta elettronica certificata il 16 e 17 dicembre 2024, sono inammissibili in quanto non sottoscritti con firma digitale.
La normativa transitoria applicabile prima dell’entrata in vigore del processo penale telematico è dettata dall’art. 87bis decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, che ha ricalcato la disciplina emergenziale pandemica (art. 24, commi 6bis e ss. decreto legislativo 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, non più vigenti), prevedendo al comma 3 che, quando il deposito di cui al comma 1 -mediante invio dall ‘i ndirizzo di posta elettronica certificata -ha ad oggetto un ‘ impugnazione, il documento informatico è sottoscritto digitalmente secondo le modalità indicate con provvedimento della DGSIA e contiene la specifica indicazione degli allegati, che sono trasmessi in copia informatica per immagine, sottoscritta digitalmente dal difensore per conformità all’originale.
Il comma 4 prevede che l ‘ atto di impugnazione sia trasmesso tramite posta elettronica certificata dall ‘ indirizzo di posta elettronica certificata del difensore a quello dell ‘ ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato, individuato ai
sensi del comma 1, con le modalità e nel rispetto delle specifiche tecniche ivi indicate.
Il comma 7 dello stesso articolo stabilisce che, fermo restando quanto previsto dall ‘ art. 591 cod. proc. pen., nel caso di presentazione dell ‘ atto a mezzo p.e.c., l ‘ impugnazione è inammissibile, tra l ‘ altro (e per quanto qui rileva), «quando l ‘ atto di impugnazione non è sottoscritto digitalmente dal difensore».
Il comma 8 dispone che, nei casi previsti dal comma 7, «il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato dichiara, anche d ‘ ufficio, con ordinanza l ‘ inammissibilità dell ‘ impugnazione e dispone l ‘ esecuzione del provvedimento impugnato».
Queste disposizioni sono state richiamate e applicate in recenti pronunce di questa Corte, relative sia alla vigente disposizione di cui all’art. 87bis del decreto legislativo n. 150 del 2022 (Sez. 6, n. 15672 del 13/03/2024, COGNOME, Rv. 286302 -01; Sez. 4, n. 48545 del 25/10/2023, Poscente, Rv. 285571 -01) sia nel vigore della disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da COVID-19 (Sez. 3, n. 29322 del 20/06/2024, Li Shenghe, Rv. 286831 -01).
Nel caso di specie, pertanto, la Corte di appello avrebbe dovuto pronunciare una ordinanza di inammissibilità del ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME declaratoria che deve essere emessa in questa sede, in ragione di quanto disposto dall’art. 591, comma 4, cod. proc. pen., non essendo le cause di inammissibilità soggette a sanatoria (Sez. 3, n. 20356 del 02/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 281630 -01; Sez. 3, n. 35715 del 17/09/2020, COGNOME, Rv. 280694 -04; Sez. 2, n. 40816 del 10/07/2014, COGNOME, Rv. 260359 -01).
Anche il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è inammissibile.
2.1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Con una risalente pronuncia le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che la perdita di efficacia del provvedimento cautelare consegue solo al caso di mancato invio al tribunale di tutti gli atti a suo tempo trasmessi al G.i.p. in sede di richiesta della misura, mentre una siffatta sanzione non opera quando quest’ultimo aveva ricevuto gli atti in maniera parziale (Sez. U, n. 21 del 20/11/1996, dep. 1997, Glicora, Rv. 206955 -01).
Pertanto, l’inefficacia della ordinanza cautelare ex art. 309, commi 5 e 10, cod. proc. pen. non si verifica se non risulta che l’atto asseritamente non inviato era stato trasmesso unitamente alla richiesta della misura al G.i.p. (Sez. 1, n. 29036 del 06/02/2018, COGNOME, Rv. 273296 -01; Sez. 4, n. 18807 del 23/03/2017, COGNOME, Rv. 269885 -01; Sez. 1, n. 4567 del 22/01/2009, COGNOME, Rv. 242818 -01).
La sentenza n. 18807 del 2017 ha riguardato proprio un caso di omessa trasmissione dal pubblico ministero al g.i.p., con la richiesta cautelare, della videoregistrazione delle riprese , i cui esiti erano contenuti nell’annotazione della polizia giudiziaria. Con tale pronuncia si è ribadito anche che, in tema di riesame, il pubblico ministero non ha l ‘ obbligo di trasmettere, ai sensi del comma 5 dell’art. 309 cod. proc. pen., i supporti informatici contenenti le videoriprese utilizzate ai fini dell ‘ applicazione della misura (in precedenza, cfr. Sez. 1, n. 33819 del 20/06/2014, COGNOME, Rv. 261092 -01, proprio in un caso, come quello di cui qui si tratta, di videoriprese ritraenti le sequenze dell ‘ azione delittuosa, nonché Sez. 1, n. 34651 del 27/05/2013, COGNOME, Rv. 257440 -01).
Il richiamo contenuto nell’ordinanza impugnata all’archivio digitale ex art. 268, comma 4, cod. proc. pen. non è pertinente, poiché in tale archivio sono custodite le intercettazioni telefoniche e ambientali, mentre i filmati in questione hanno carattere meramente documentale. È comunque pacifico che i difensori non chiesero neppure, dopo l’applicazione della misura, di poter visionare i filmati richiamati nell’annotazione : ciò si rileva non già sotto il profilo della eventuale inefficacia della misura (insussistente in ragione del principio sopra richiamato), bensì per escludere che nel caso di specie sia anche solo ipotizzabile una lesione del diritto di difesa.
2.2. Il secondo motivo di ricorso, in tema di gravità indiziaria, è del tutto generico sotto il profilo del difetto di specificità estrinseca, rilevante anche in sede cautelare, con riferimento al l’impugnazione di provvedimenti del tribunale del riesame, attesa la comune ratio fondata sul necessario rispetto dei requisiti di specificità di cui all’art. 581 , comma 1, lett. c ), cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 11008 del 11/02/2020, COGNOME, Rv. 278716 -01; Sez. 3, n. 13744 del 24/02/2016, COGNOME, Rv. 266782 -01; Sez. 4, n. 12995 del 05/02/2016, Uda, Rv. 266295 -01; Sez. 2, n. 13951 del 05/02/2014, COGNOME, Rv. 259704 -01; Sez. 6, n. 32227 del 16/07/2010, T., Rv. 248037 -01).
La motivazione dell’ordinanza impugnata non è affatto illogica o carente, avendo il Tribunale rimarcato una serie di elementi indicativi della qualificata probabilità di colpevolezza del ricorrente (questo il criterio che deve guidare il giudizio in ordine alla gravità indiziaria: cfr., ex plurimis , Sez. 2, n. 48276 del 24/11/2022, COGNOME, Rv. 284299 -02; Sez. 3, n. 30056 del 25/02/2021, COGNOME, Rv. 282232 -01; Sez. 3, n. 17527 del 11/01/2019, COGNOME, Rv. 275699 -02).
Non si tratta, infatti, solo delle dichiarazioni spontanee rese da COGNOME e dagli altri indagati nel corso degli interrogatorio resi al G.i.p., ma anche dei dati dei tabulati relativi ai loro telefoni cellulari, degli esiti delle videoriprese, degli accertamenti sulla proprietà dell’autovettura con la quale gli esecutori
materiali furono accompagnati presso la sala scommesse, risultata di proprietà di COGNOME, il quale aveva eseguito i sopralluoghi preliminari e fu colui che consegnò a COGNOME il passamontagna utilizzato per il travisamento.
Con questi specifici elementi, valorizzati dal Tribunali (§ 4), il ricorrente, in larga parte, non si è confrontato.
All’inammissibilità dell e impugnazioni proposte segue, ai sensi d ell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila ciascuno, così equitativamente fissata in ragione dei motivi proposti.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà dei ricorrenti, deve disporsi – ai sensi dell ‘ articolo 94, comma 1 ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui gli indagati si trovano ristretti, perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo 94.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in data 11/03/2025.