Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20457 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20457 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NOTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/09/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputato COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna che ne ha confermato la condanna per i reati di tentata truffa (capo A) e lesioni personali aggravate dal nesso teleologico (capo B) con la recidiva specifica e infraquinquennale;
Ritenuto che il primo e il quarto motivo di ricorso, che denunciano la mancata applicazione dell’art. 162-ter cod. pen., sono inediti e manifestamente infondati, in quanto l’imputato non ha mai coltivato tale motivo di impugnazione né ha mai chiesto l’accesso al beneficio al giudice di primo grado dinanzi al quale il giudizio ha avuto inizio a seguito di citazione a giudizio del 9 giugno 2020 e si è chiuso il 24 gennaio 2022 quando la norma in rassegna era in vigore da tempo;
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso, che deduce l’erronea applicazione dell’art. 56 cod. pen. in quanto il raggiro posto in essere dall’imputato non era astrattamente idoneo a far cadere in errore la persona offesa, è inammissibile perché prospetta deduzioni generiche e prive delle ragioni di diritto e dei dati di fatto che sorreggono le richieste ed è riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non scanditi da specifica critica delle argomentazioni a base della sentenza impugnata (cfr. quattordicesima pagina della sentenza impugnata);
Ritenuto che il terzo motivo di ricorso, che deduce la “violazione norme sul risarcimento del danno da circolazione stradale” è inammissibile perché inerente ad un motivo nuovo deducibile e non dedotto in precedenza;
Ritenuto che il quinto motivo di ricorso, che denuncia la mancanza, la contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in ordine all’attendibilità della persona offesa, è riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non scanditi da specifica critica delle argomentazioni a base della sentenza impugnata (cfr. dodicesima pagina);
Ritenuto che il sesto motivo di ricorso, che eccepisce l’intervenuta prescrizione dei reati contestati, è manifestamente infondato considerato che:
i reati sono stati commessi in data 22 settembre 2014;
il termine massimo di prescrizione che è maturato per primo è quello del capo A) ed è pari ad anni nove, tenuto conto della recidiva “specifica e infraquinquennale” contestata e ritenuta – il delitto di lesioni personali
ha, oltre alla recidiva, una seconda aggravante ad effetto speciale che sposta ancora più in avanti detto termine-;
il termine prescrizionale per il capo A) sarebbe decorso il 22 settembre 2023, dopo la pronuncia della sentenza di appello;
l’inammissibilità del ricorso per cassazione non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata (Sez. U, n. 32 del 22/11/200(1, DL, Rv. 217266);
Considerato che il settimo motivo di ricorso, che contesta la determinazione della pena deducendo l’erronea individuazione del reato più grave in quello sub B) e quindi del computo di pena per il reato continuato, è manifestamente infondata in quanto:
la pena detentiva edittale massima per il delitto di tentata truffa è pari a due anni di reclusione (anni tre, ridotta di un terzo per la fattispecie autonoma del tentativo), con la recidiva specifica e infraquinquennale si perviene alla pena massima di anni tre;
la pena edittale massima per il delitto consumato di lesioni personali, aggravate dal nesso teleologico (e quindi ex art. 585 comma primo, prima parte in relazione all’art. 576, comma prima, n. 1′ cod. pen.) è pari ad anni quattro e mesi sei (anni tre, aumentati della metà ex art. 585 cod. pen.– si tratta di ipotesi tuttora esclusa dalla competenza del giudice di pace proprio in ragione della ridetta aggravante), con la recidiva specifica e infraquinquennale si perviene alla pena massima di anni sei di reclusione, tenuto conto del criterio di contemperamento di cui all’art. 63 comma quarto cod. pen.;
è corretta la individuazione del capo B) quale reato più grave, punito (all’epoca del fatto);
la motivazione sulla determinazione della pena base, stabilita in mesi sei di reclusione, si fonda su due rationes decidendi, una delle quali, facente leva sulla congruità della pena rispetto al fatto non viene toccata dal ricorso che, pertanto, si appalesa, sotto questo profilo inammissibile;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 08/05/2024