L’Inammissibilità del Ricorso in Cassazione: Analisi di un Caso Pratico
Il ricorso alla Corte di Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma il suo accesso è soggetto a rigidi requisiti. Una recente ordinanza ha ribadito un principio fondamentale: non è possibile utilizzare questo strumento per richiedere una nuova valutazione dei fatti. Analizziamo la decisione per comprendere i limiti del giudizio di legittimità e le ragioni che portano alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso in cassazione.
Il Contesto del Ricorso: Furto Aggravato e Recidiva
Il caso in esame trae origine da una condanna per furto aggravato, confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato, già gravato da precedenti penali, decideva di presentare ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi principali.
Con il primo motivo, si lamentava l’applicazione della recidiva. A suo dire, i giudici di merito non avrebbero considerato adeguatamente la limitata pericolosità sociale dell’episodio specifico. Con il secondo motivo, veniva contestato il trattamento sanzionatorio complessivo, ritenuto sproporzionato secondo i criteri stabiliti dall’art. 133 del codice penale.
La Decisione della Corte: la Dichiarazione di Inammissibilità del Ricorso in Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle doglianze, ma si ferma a un livello precedente, quello procedurale. La Corte ha stabilito che i motivi presentati non possedevano i requisiti necessari per essere esaminati in sede di legittimità.
Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni
La Suprema Corte ha fondato la sua decisione su principi consolidati. Per quanto riguarda la recidiva, i giudici hanno osservato che il ricorso era generico e non si confrontava con la motivazione della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva, infatti, giustificato l’aggravante evidenziando i precedenti specifici dell’imputato, tra cui uno recente per un reato della stessa natura.
Sul secondo motivo, relativo alla quantificazione della pena, la Corte ha ribadito la propria funzione. Il giudizio di cassazione non è un terzo grado di merito. La graduazione della pena, inclusa la valutazione delle circostanze aggravanti e attenuanti, rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. La Cassazione può intervenire solo se tale valutazione è palesemente illogica o arbitraria, cosa che non è stata riscontrata nel caso di specie. Il ricorso, limitandosi ad affermare apoditticamente una violazione dei criteri di dosimetria della pena senza fornire censure concrete, si è risolto in una richiesta inammissibile di nuova valutazione dei fatti.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre un’importante lezione sui limiti del ricorso per cassazione. Non è sufficiente lamentare un presunto errore del giudice di merito; è necessario che il ricorso articoli censure specifiche, pertinenti e non generiche, che evidenzino una chiara violazione di legge o un vizio logico manifesto nella motivazione. Tentare di ottenere dalla Cassazione una riconsiderazione del fatto o una diversa valutazione della pena, come in questo caso, porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità del ricorso in cassazione, con le conseguenti sanzioni economiche per il ricorrente.
È possibile contestare in Cassazione la valutazione del giudice sulla recidiva?
No, se la contestazione è generica e non si confronta specificamente con la motivazione della sentenza impugnata, la quale, nel caso in esame, aveva adeguatamente giustificato l’applicazione dell’aggravante sulla base dei precedenti penali dell’imputato.
La Corte di Cassazione può modificare la pena decisa nei gradi di merito?
No, la determinazione e la congruità della pena rientrano nella discrezionalità del giudice di merito. La Corte di Cassazione non può effettuare una nuova valutazione, ma può intervenire solo se la decisione sulla pena è il risultato di un palese arbitrio o di un ragionamento manifestamente illogico.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in denaro, stabilita dal giudice, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14598 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14598 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NASO NOME, nato a TAURIANOVA (RC) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/04/2023 della CORTE D’APPELLO DI VENEZIA;
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Rilevato che con la sentenza impugnata la Corte di appello di Venezia ha confermato la condanna del ricorrente per il reato di cui all’art. 624, aggravato ex artt. 99 e 625 n. 7 cod. pen.;
Considerato che con il primo motivo il NASO lamenta l’applicazione della contestata recidiva che non avrebbe tenuto conto della limitata pericolosità sociale dell’episodio, senza confrontarsi con la puntuale motivazione della decisione della Corte territoriale laddove ha evidenziato, nel rispondere all’analogo motivo di gravame, che l’imputato aveva precedenti ed in particolare uno recente per furto in concorso, con conseguente genericità della censura;
Rilevato che mediante il secondo motivo di ricorso l’imputato contesta il trattamento sanzionatorio irrogato rispetto agii indicici di cui all’art. 133 cod. pen.
Ricordato, in proposito, che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen. è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, Rv. 259142);
Ritenuta dunque l’inammissibilità del ricorso poiché il NASO si è limitato ad assumere, del tutto apoditticamente, che sarebbero stati violati detti criteri nella dosimetria sanzionatoria senza operare alcuna concreta censura;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13/03/2024