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Inammissibilità ricorso cassazione: ecco quando

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso avverso una condanna per furto aggravato. La decisione si fonda sul principio secondo cui il ricorso in Cassazione non può limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello. Nel caso specifico, l’imputato lamentava il mancato riconoscimento dell’esclusione di un’aggravante, ma il suo ricorso era una mera reiterazione dei motivi d’appello, senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza di secondo grado. Questa ordinanza ribadisce un importante criterio procedurale sull’inammissibilità del ricorso per cassazione.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando Ripetere Non Giova

L’accesso alla Corte di Cassazione, ultimo baluardo della legalità nel nostro ordinamento, è soggetto a regole precise. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un’importante lezione sull’inammissibilità del ricorso per cassazione, chiarendo perché non è sufficiente ‘copiare e incollare’ i motivi già presentati in appello. Analizziamo insieme questa decisione per capire i limiti e le condizioni di questo fondamentale strumento di impugnazione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna per furto aggravato, emessa dal Giudice per l’Udienza Preliminare e successivamente confermata dalla Corte d’Appello. La pena inflitta all’imputato era di due anni e otto mesi di reclusione, oltre a una multa. L’imputato, tramite il suo difensore, decideva di sfidare la sentenza di secondo grado presentando ricorso alla Corte di Cassazione. Il fulcro della sua difesa si concentrava su un unico punto: la contestazione della circostanza aggravante della cosiddetta ‘minorata difesa’, prevista dall’articolo 61 n. 5 del codice penale, che a suo dire non avrebbe dovuto essere applicata.

La Questione dell’Inammissibilità del Ricorso per Cassazione

Il punto cruciale della vicenda non risiede tanto nel merito dell’aggravante contestata, quanto nella modalità con cui il ricorso è stato redatto. La Corte di Cassazione, infatti, non è entrata nel vivo della questione, ma si è fermata a un gradino prima, dichiarando il ricorso semplicemente inammissibile. La ragione di tale decisione risiede in un principio consolidato nella giurisprudenza: il ricorso per cassazione deve rappresentare un passo avanti critico rispetto al giudizio d’appello, non una sua semplice fotocopia.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha osservato che il ricorso presentato era una mera reiterazione delle stesse argomentazioni e considerazioni critiche già esposte nell’atto di appello. La Corte territoriale, nella sua sentenza, aveva già risposto in modo congruo e logico a quelle doglianze, spiegando dettagliatamente perché l’aggravante della minorata difesa fosse corretta nel caso di specie. Il ricorrente, invece di confrontarsi criticamente con le motivazioni della Corte d’Appello e di evidenziare eventuali vizi logici o giuridici nel suo ragionamento, si è limitato a riproporre le medesime censure. La Suprema Corte ha richiamato il suo orientamento costante, citando diverse sentenze precedenti, secondo cui è inammissibile il ricorso che ‘riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato’. In pratica, non basta lamentarsi genericamente, ma bisogna spiegare perché la risposta del giudice precedente era sbagliata secondo la legge.

Conclusioni

La decisione in commento è un monito fondamentale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. Il ricorso non può essere un tentativo di ottenere una terza valutazione dei medesimi fatti, né una semplice riproposizione di lamentele già vagliate. È necessario un ‘salto di qualità’ argomentativo: bisogna attaccare la logica e la coerenza giuridica della sentenza impugnata, dimostrando dove e perché il giudice di secondo grado ha errato nell’applicare la legge. In assenza di questo confronto critico, la strada verso la Cassazione si chiude con una dichiarazione di inammissibilità, che comporta non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Quando un ricorso per cassazione rischia di essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso per cassazione rischia l’inammissibilità quando si limita a riproporre gli stessi motivi già presentati e respinti nel giudizio d’appello, senza confrontarsi criticamente con le argomentazioni e le motivazioni contenute nella sentenza impugnata.

Cosa significa che il ricorso non si è confrontato criticamente con la sentenza d’appello?
Significa che il ricorrente non ha analizzato le ragioni fornite dalla Corte d’Appello per respingere i suoi motivi, ma si è limitato a ripetere le sue tesi iniziali. Un confronto critico richiede di evidenziare specifici errori di diritto o vizi di motivazione nel ragionamento del giudice di secondo grado.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso fissata in 3.000,00 euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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