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Inammissibilità ricorso Cassazione e tenuità del fatto

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 4 luglio 2025, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello. La decisione si fonda sulla natura ripetitiva delle censure sollevate, già esaminate nei gradi di merito, e sulla corretta esclusione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, data l’abitualità della condotta dell’imputato e l’entità del profitto illecito. Questo caso evidenzia i limiti del giudizio di legittimità e le condizioni per l’applicazione della tenuità del fatto, confermando l’inammissibilità del ricorso in Cassazione.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando l’Appello Non Supera il Vaglio di Legittimità

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico che chiarisce i confini del giudizio di legittimità e i motivi che possono portare a una dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione. La decisione sottolinea l’impossibilità di utilizzare il ricorso in Cassazione come un ‘terzo grado’ di giudizio per riesaminare i fatti e ribadisce i criteri per l’esclusione della causa di non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’. Analizziamo nel dettaglio questa pronuncia per comprenderne le implicazioni pratiche.

I Fatti del Processo

Un individuo, condannato dalla Corte d’Appello di Torino con sentenza del 30 gennaio 2025, ha proposto ricorso per Cassazione avverso tale decisione. Tra i motivi di ricorso, il ricorrente ha tentato di rimettere in discussione la valutazione delle prove e delle circostanze di fatto già ampiamente esaminate e decise dai giudici di merito. In particolare, contestava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

La Decisione della Corte Suprema

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con ordinanza del 4 luglio 2025, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha ritenuto che i motivi di appello fossero una mera riproposizione di deduzioni già adeguatamente vagliate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. Invece di sollevare specifiche critiche di violazione di legge, il ricorso si limitava a sollecitare una rivalutazione delle prove, attività preclusa in sede di legittimità. La Corte ha quindi condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle Ammende.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni alla base della declaratoria di inammissibilità sono chiare e si articolano su due punti fondamentali, cruciali per comprendere la funzione della Corte di Cassazione.

Riproposizione di Censure e i Limiti del Giudizio di Legittimità

Il primo motivo di rigetto risiede nella natura stessa del ricorso. La Corte ha osservato che le censure erano ‘riproduttive di deduzioni già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito’. Questo significa che il ricorrente non ha presentato nuove questioni di diritto o vizi procedurali, ma ha cercato di ottenere una terza valutazione degli stessi fatti. La Cassazione non è un giudice del fatto, ma un giudice della legge (giudice di legittimità). Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente, non stabilire se i fatti si siano svolti in un modo o in un altro. Un ricorso che chiede una ‘rilettura alternativa delle fonti probatorie’ senza indicare specifici travisamenti è destinato all’ inammissibilità del ricorso in Cassazione.

Esclusione della Particolare Tenuità del Fatto

Il secondo punto chiave riguarda il diniego della causa di proscioglimento per ‘particolare tenuità del fatto’. La Corte di merito aveva escluso questa possibilità basandosi su due elementi oggettivi:
1. L’abitualità della condotta: L’imputato aveva a suo carico una pluralità di condanne per reati contro il patrimonio, indicativi di una tendenza a delinquere e non di un episodio isolato e di scarsa gravità.
2. L’entità del profitto: Il profitto indebitamente percepito ammontava a 5.392,28 euro, una somma ritenuta non trascurabile e quindi incompatibile con la ‘particolare tenuità’ dell’offesa.
La Cassazione ha ritenuto questa valutazione del tutto corretta e logicamente motivata, confermando che la decisione del giudice di merito era immune da vizi di legittimità.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza offre due importanti lezioni. In primo luogo, ribadisce che il ricorso per Cassazione deve essere fondato su precise critiche di violazione di legge o vizi procedurali, e non può trasformarsi in un tentativo di ottenere un nuovo giudizio sui fatti. La semplice riproposizione di argomenti già respinti porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. In secondo luogo, chiarisce che l’applicazione dell’istituto della particolare tenuità del fatto richiede un’attenta valutazione non solo dell’offesa in sé, ma anche della condotta complessiva dell’autore del reato e delle conseguenze economiche del suo agire. L’abitualità nel commettere reati e un profitto non irrisorio sono ostacoli insormontabili per ottenere tale beneficio.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché riproponeva censure già esaminate e respinte dal giudice di merito, senza sollevare specifiche critiche giuridiche, ma chiedendo una rivalutazione dei fatti, attività non consentita in sede di Cassazione.

Per quale motivo non è stata riconosciuta la causa di non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’?
La ‘particolare tenuità del fatto’ è stata esclusa per due ragioni: la condotta abituale dell’imputato, dimostrata da precedenti condanne per reati contro il patrimonio, e l’entità del profitto illecito, pari a 5.392,28 euro, ritenuta non trascurabile.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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