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Inammissibilità ricorso cassazione: dosimetria pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso avverso una condanna per reati legati agli stupefacenti. Il motivo, basato sulla dosimetria della pena, è stato ritenuto manifestamente infondato e generico, poiché la Corte d’Appello aveva logicamente motivato la sanzione in base alla quantità della sostanza. L’esito conferma il principio dell’inammissibilità del ricorso in cassazione quando non si evidenziano vizi di legittimità, con condanna del ricorrente alle spese e a un’ammenda.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando il Motivo è Troppo Generico

L’inammissibilità del ricorso per cassazione rappresenta uno degli esiti più comuni e al contempo più severi nel processo penale. Con la recente Ordinanza n. 38537/2024, la Suprema Corte ha ribadito i paletti rigorosi per l’accesso al giudizio di legittimità, specialmente quando le censure riguardano la determinazione della pena. Questo caso offre uno spunto cruciale per comprendere perché un’impugnazione, se non adeguatamente strutturata, viene respinta senza nemmeno entrare nel merito della questione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte di Appello. L’imputato era stato ritenuto colpevole di un reato in materia di stupefacenti e condannato a una pena di un anno e otto mesi di reclusione, oltre a una multa di 2.000 euro.

Contro la sentenza di secondo grado, la difesa proponeva ricorso per cassazione, articolando un unico motivo: un presunto vizio di motivazione relativo alla dosimetria della pena. In sostanza, si contestava il modo in cui i giudici di merito avevano quantificato la sanzione, ritenendolo illogico o insufficientemente giustificato.

La Decisione della Corte: Focus sull’Inammissibilità Ricorso Cassazione

La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La scelta si è fondata su una duplice valutazione: la manifesta infondatezza e l’eccessiva genericità del motivo proposto. Questo evidenzia un principio fondamentale: il giudizio di cassazione non è una terza istanza di merito dove si possono ridiscutere le valutazioni fattuali dei giudici precedenti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge.

Il ricorso è stato respinto perché non indicava un vizio di legittimità concreto, limitandosi a contestare una valutazione discrezionale del giudice di merito che, secondo la Suprema Corte, era stata invece esercitata in modo logico e coerente.

Le Motivazioni

Nelle motivazioni, i Giudici hanno chiarito che la Corte d’Appello aveva adeguatamente giustificato la pena inflitta. In particolare, era stato dato rilievo alla quantità di sostanza stupefacente detenuta dall’imputato, un elemento che permetteva di collocare il fatto ai margini superiori della fattispecie di lieve entità. Questa considerazione, secondo la Cassazione, non è né illogica né contraddittoria, ma rientra pienamente nel potere discrezionale del giudice di merito. Un ricorso che non riesce a dimostrare un’autentica violazione di legge o un vizio logico palese si traduce in una censura di merito, non ammissibile in sede di legittimità.

Inoltre, richiamando la consolidata giurisprudenza e la sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000, la Corte ha sottolineato che l’inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende. Tale sanzione economica scatta quando non emergono elementi per ritenere che il ricorso sia stato proposto ‘senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’.

Conclusioni

L’ordinanza in esame è un monito sull’importanza di redigere ricorsi per cassazione specifici, pertinenti e giuridicamente fondati. La contestazione della dosimetria della pena può avere successo solo se si riesce a dimostrare un’evidente illogicità nel ragionamento del giudice o una violazione delle norme che regolano la commisurazione della sanzione. In caso contrario, il rischio è quello di incorrere in una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria, rendendo definitiva la sentenza impugnata. La decisione rafforza il ruolo della Corte di Cassazione come giudice della legalità e non del fatto, ponendo un argine ai ricorsi meramente dilatori o infondati.

Per quale motivo principale il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato era manifestamente infondato ed eccessivamente generico. Non evidenziava un vizio di legittimità o una motivazione illogica da parte della Corte d’Appello, ma si limitava a contestare la valutazione discrezionale sulla quantità della pena.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
In applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Su quale elemento si è basata la Corte d’Appello per determinare l’entità della pena?
La Corte d’Appello ha basato la sua decisione sulla quantità della sostanza stupefacente, ritenendola un fattore sufficiente a giustificare una pena collocata ai margini superiori della fattispecie di lieve entità. La Corte di Cassazione ha considerato questo ragionamento pienamente logico e corretto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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