Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando il Motivo è Troppo Generico
L’inammissibilità del ricorso per cassazione rappresenta uno degli esiti più comuni e al contempo più severi nel processo penale. Con la recente Ordinanza n. 38537/2024, la Suprema Corte ha ribadito i paletti rigorosi per l’accesso al giudizio di legittimità, specialmente quando le censure riguardano la determinazione della pena. Questo caso offre uno spunto cruciale per comprendere perché un’impugnazione, se non adeguatamente strutturata, viene respinta senza nemmeno entrare nel merito della questione.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una condanna emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte di Appello. L’imputato era stato ritenuto colpevole di un reato in materia di stupefacenti e condannato a una pena di un anno e otto mesi di reclusione, oltre a una multa di 2.000 euro.
Contro la sentenza di secondo grado, la difesa proponeva ricorso per cassazione, articolando un unico motivo: un presunto vizio di motivazione relativo alla dosimetria della pena. In sostanza, si contestava il modo in cui i giudici di merito avevano quantificato la sanzione, ritenendolo illogico o insufficientemente giustificato.
La Decisione della Corte: Focus sull’Inammissibilità Ricorso Cassazione
La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La scelta si è fondata su una duplice valutazione: la manifesta infondatezza e l’eccessiva genericità del motivo proposto. Questo evidenzia un principio fondamentale: il giudizio di cassazione non è una terza istanza di merito dove si possono ridiscutere le valutazioni fattuali dei giudici precedenti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge.
Il ricorso è stato respinto perché non indicava un vizio di legittimità concreto, limitandosi a contestare una valutazione discrezionale del giudice di merito che, secondo la Suprema Corte, era stata invece esercitata in modo logico e coerente.
Le Motivazioni
Nelle motivazioni, i Giudici hanno chiarito che la Corte d’Appello aveva adeguatamente giustificato la pena inflitta. In particolare, era stato dato rilievo alla quantità di sostanza stupefacente detenuta dall’imputato, un elemento che permetteva di collocare il fatto ai margini superiori della fattispecie di lieve entità. Questa considerazione, secondo la Cassazione, non è né illogica né contraddittoria, ma rientra pienamente nel potere discrezionale del giudice di merito. Un ricorso che non riesce a dimostrare un’autentica violazione di legge o un vizio logico palese si traduce in una censura di merito, non ammissibile in sede di legittimità.
Inoltre, richiamando la consolidata giurisprudenza e la sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000, la Corte ha sottolineato che l’inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende. Tale sanzione economica scatta quando non emergono elementi per ritenere che il ricorso sia stato proposto ‘senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’.
Conclusioni
L’ordinanza in esame è un monito sull’importanza di redigere ricorsi per cassazione specifici, pertinenti e giuridicamente fondati. La contestazione della dosimetria della pena può avere successo solo se si riesce a dimostrare un’evidente illogicità nel ragionamento del giudice o una violazione delle norme che regolano la commisurazione della sanzione. In caso contrario, il rischio è quello di incorrere in una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria, rendendo definitiva la sentenza impugnata. La decisione rafforza il ruolo della Corte di Cassazione come giudice della legalità e non del fatto, ponendo un argine ai ricorsi meramente dilatori o infondati.
Per quale motivo principale il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato era manifestamente infondato ed eccessivamente generico. Non evidenziava un vizio di legittimità o una motivazione illogica da parte della Corte d’Appello, ma si limitava a contestare la valutazione discrezionale sulla quantità della pena.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
In applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Su quale elemento si è basata la Corte d’Appello per determinare l’entità della pena?
La Corte d’Appello ha basato la sua decisione sulla quantità della sostanza stupefacente, ritenendola un fattore sufficiente a giustificare una pena collocata ai margini superiori della fattispecie di lieve entità. La Corte di Cassazione ha considerato questo ragionamento pienamente logico e corretto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38537 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38537 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/06/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che con sentenza depositata in cancelleria il giorno 8 agosto 2023 la Corte di appello di Palermo confermava la sentenza del giorno 11 febbraio 2020 con cui il Tribunale di Palermo aveva condannato COGNOME NOME alla pena di anni 1 e mesi 8 di reclusione ed C 2.000 di multa, avendolo ritenuto colpevole del reato ascritto;
che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il prevenuto articolando un unico motivo di impugnazione con cui eccepiva il vizio di motivazione con riferimento alla dosimetria della pena irrogata.
Considerato che il ricorso è inammissibile;
che il motivo in esso contenuto risulta manifestamente infondato atteso che la Corte territoriale, ha irrogato una pena determinata in misura non manifestazione illogica dando rilievo alla quantità di sostanza stupefacente nel cui possesso era il prevenuto, da collocare ai margini superiori del fatto di liev entità;
che il ricorso devo perciò essere dichiarato inammissibile per eccessiva genericità e, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente fissata in C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 1 marzo 2024
Il lonsigliere estensore
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