Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando la Censura è Manifestamente Infondata
L’accesso alla Corte di Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non è una porta aperta a qualsiasi tipo di doglianza. La sua funzione è quella di garantire l’uniforme interpretazione della legge, non di riesaminare i fatti del processo. Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce ulteriormente i confini dell’istituto, confermando un principio fondamentale: l’inammissibilità ricorso cassazione quando le censure proposte sono una mera ripetizione di argomenti già vagliati e disattesi nei gradi di merito, soprattutto se relative all’applicazione dell’art. 131 bis del codice penale.
I Fatti del Caso: La Richiesta di Applicazione dell’Art. 131 bis c.p.
Il caso in esame trae origine dalla decisione della Corte d’Appello che confermava una sentenza di condanna a carico di un imputato. Quest’ultimo, non rassegnandosi alla decisione, decideva di proporre ricorso per Cassazione. La sua unica doglianza si concentrava sulla mancata applicazione dell’articolo 131 bis del codice penale, la norma che prevede la non punibilità per la “particolare tenuità del fatto”. Secondo la difesa, i giudici di merito avevano errato nel non riconoscere la sussistenza dei presupposti per l’applicazione di tale causa di esclusione della punibilità.
La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 25 novembre 2024, ha tagliato corto, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione non è entrata nel merito della questione sollevata dal ricorrente, ma si è fermata a un vaglio preliminare, ritenendo il ricorso privo dei requisiti minimi per poter essere esaminato. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Le Motivazioni della Suprema Corte sulla inammissibilità ricorso cassazione
La motivazione della Corte si fonda su un concetto cardine della procedura penale: la manifesta infondatezza del ricorso. I giudici hanno spiegato chiaramente perché la censura del ricorrente non potesse trovare accoglimento.
Ripetitività delle Doglianze
Il punto centrale della decisione è che il ricorso non presentava argomenti nuovi o critiche specifiche alla logicità della sentenza impugnata. Si trattava, invece, di una semplice riproposizione di temi e doglianze che erano già stati ampiamente esaminati e motivatamente respinti dai giudici dei precedenti gradi di giudizio. La Corte di Appello aveva già fornito una spiegazione giuridicamente corretta, puntuale e coerente per negare l’applicazione dell’art. 131 bis c.p.
I Limiti del Giudizio di Legittimità
La Cassazione ha ribadito il proprio ruolo di giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è quello di effettuare una nuova valutazione dei fatti o delle prove, ma solo di controllare che i giudici precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio. Poiché la motivazione della Corte d’Appello era immune da vizi logici o giuridici, il giudizio di merito non era sindacabile in quella sede. Di qui, la dichiarazione di inammissibilità ricorso cassazione.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza offre un importante monito per chi intende adire la Suprema Corte. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione di merito per poter proporre un ricorso efficace. È necessario, invece, individuare specifici vizi di legge o palesi illogicità nella motivazione della sentenza impugnata. Proporre un ricorso che si limiti a ripetere le stesse argomentazioni già respinte non solo è inutile, ma espone anche al rischio concreto di una condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria. La via per la Cassazione richiede censure mirate e fondate su questioni di diritto, non un semplice tentativo di ottenere una terza valutazione dei fatti.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché manifestamente infondato. L’unica censura proposta era una semplice replica di doglianze già adeguatamente esaminate e respinte dai giudici di merito con motivazioni corrette, puntuali e logicamente coerenti.
Qual era l’argomento principale del ricorrente?
L’argomento principale del ricorrente era la contestazione della mancata applicazione dell’articolo 131 bis del codice penale, che prevede la non punibilità per la particolare tenuità del fatto.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
In conseguenza della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9683 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9683 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 25/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PORTICI il 14/03/1994
avverso la sentenza del 28/03/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigr esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché l’unica censura prospettata, inerente mancata applicazione dell’art 131 bis cod. pen. è manifestamente infondata perché replica profi di doglianza già adeguatamente vagliati e disattesi dai giudici del merito con argome giuridicamente corretti, puntuali rispetto al portato delle doglianze difensive, coeren riguardo alle emergenze acquisite oltre che immuni da manifeste incongruenze logiche, così da fendere il relativo giudizio di merito non sindacabile in questa sede rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 25 novembre 2024.