Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando l’Impugnazione è Manifestamente Infondata
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di inammissibilità del ricorso in Cassazione, una delle decisioni procedurali più nette che la Suprema Corte possa adottare. Questo provvedimento si verifica quando l’impugnazione non supera un vaglio preliminare di ammissibilità, impedendo ai giudici di entrare nel merito della questione. Analizziamo una recente pronuncia per capire le ragioni di tale esito e le sue severe conseguenze per il ricorrente.
I Fatti del Caso: L’Appello Contro la Rideterminazione della Pena
Il caso trae origine da un procedimento penale in cui l’imputato era stato condannato in primo grado per due reati (indicati come capo A e capo B), unificati sotto il vincolo della continuazione ai sensi dell’art. 81 del codice penale. In sede di appello, la situazione cambiava radicalmente: la Corte d’Appello assolveva l’imputato dal reato di cui al capo A.
Di conseguenza, i giudici di secondo grado procedevano a rideterminare la pena per il solo reato residuo, quello del capo B, che era anche il più grave. Nel farlo, eliminavano l’aumento di pena che era stato applicato in primo grado per la continuazione con il reato A, e applicavano la riduzione di un terzo per le circostanze attenuanti generiche già riconosciute. Nonostante ciò, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando una presunta violazione di legge nella modalità di calcolo della pena definitiva.
La Decisione della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso Cassazione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha stroncato sul nascere le doglianze del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato. Secondo i giudici di legittimità, la Corte d’Appello aveva operato in modo giuridicamente ineccepibile. Il ricorso, pertanto, non presentava alcun argomento meritevole di essere discusso nel merito.
Le conseguenze dell’inammissibilità del ricorso Cassazione
L’esito non è stato indolore per il ricorrente. La legge, precisamente l’articolo 616 del codice di procedura penale, prevede che in caso di inammissibilità del ricorso, il proponente venga condannato non solo al pagamento delle spese del procedimento, ma anche al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata quantificata in 3.000 euro, ritenuta equa dalla Corte.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Suprema Corte sono lineari e si fondano sulla corretta applicazione dei principi che regolano il reato continuato e la rideterminazione della pena. La Corte d’Appello, una volta venuto meno uno dei reati satellite (capo A), ha correttamente ‘smontato’ la struttura sanzionatoria precedente. Ha preso la pena base per il reato più grave rimasto (capo B), ha eliminato l’aumento per la continuazione (che non aveva più ragione di esistere) e ha applicato le riduzioni previste (attenuanti generiche). Questo procedimento è l’unico corretto e non viola alcuna norma di legge. Il ricorso, pertanto, si palesava come un tentativo pretestuoso di rimettere in discussione una decisione giuridicamente corretta, configurandosi così come ‘manifestamente infondato’. La condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria è la logica e obbligatoria conseguenza di un’impugnazione che, in assenza di colpa scusabile (come precisato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000), si rivela essere un inutile aggravio del sistema giudiziario.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito, ma un controllo di legittimità su specifici vizi della sentenza impugnata. Proporre un ricorso basato su censure palesemente infondate espone al rischio concreto non solo di una declaratoria di inammissibilità, ma anche di sanzioni economiche significative. La decisione serve da monito sull’importanza di valutare con estremo rigore i presupposti per un’impugnazione dinanzi alla Suprema Corte, al fine di evitare conseguenze pregiudizievoli e di non intasare inutilmente il lavoro dei giudici di legittimità.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. La Corte di Cassazione ha stabilito che la Corte d’Appello aveva calcolato la pena in modo del tutto corretto, rendendo le lamentele del ricorrente prive di qualsiasi fondamento giuridico.
Come ha agito la Corte d’Appello nel ricalcolare la pena?
La Corte d’Appello, dopo aver assolto l’imputato da uno dei due reati contestati, ha eliminato l’aumento di pena che era stato applicato per il vincolo della continuazione e ha poi applicato la riduzione di un terzo per le circostanze attenuanti generiche al reato residuo, quello più grave.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito dell’inammissibilità?
A causa dell’inammissibilità del ricorso e non ravvisando un’assenza di colpa, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25636 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25636 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BELMONTE MEZZAGNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/11/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il ricorso proposto nell’interesse ch NOME COGNOME, che eccepisce la violazione di legge in relazione agli artt. 23 e 81 cod. pen., è inammissibile perché manifestamente infondato, in quanto del tutto correttamente la Corte di appello, avendo assolto l’imputato dal reato di cui al capo A) – la cui pena era stata determinata dal Tribunale ex art. 81 cpv. cod. pen. – la pena per il residuo (e più grave) reato di cui al capo B) è stata rideterminata eliminando l’aumento di pena per la continuazione di cui all’indicato capo A), e applicando la riduzione di un terzo per la già riconosciute circostanze attenuanti generiche;
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 24 maggio 2024.