Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando i Motivi di Fatto Bloccano l’Appello
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione, Sezione Penale, offre un chiaro esempio di come viene gestita l’inammissibilità ricorso Cassazione, specialmente quando i motivi presentati dall’appellante non riguardano la violazione della legge, ma tentano di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti, compito esclusivo dei giudici di merito. Analizziamo la decisione che ha confermato una condanna per evasione, chiarendo i limiti del giudizio di legittimità.
I Fatti del Processo
Il caso ha origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello per il reato di evasione, previsto dall’art. 385 del codice penale. L’imputato, attraverso il suo difensore, ha impugnato la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando, tra le altre cose, il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis del codice penale.
L’Analisi della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso in Cassazione
La Suprema Corte ha esaminato il ricorso seguendo la procedura non partecipata prevista dall’art. 611 del codice di procedura penale, ritenendo irrilevante l’eventuale astensione degli avvocati. I giudici hanno rapidamente concluso per l’inammissibilità del gravame. La ragione principale risiede nel fatto che le censure mosse alla sentenza impugnata erano state giudicate manifestamente infondate e, soprattutto, proposte per ‘ragioni in fatto’. La Corte di Cassazione, infatti, non è un terzo grado di giudizio dove si può riesaminare il merito della vicenda, ma un giudice di legittimità, il cui compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la logicità della motivazione.
Le Motivazioni della Decisione
Il fulcro della decisione riguarda la valutazione del motivo di ricorso relativo all’art. 131-bis c.p. La Corte ha stabilito che il giudice d’appello aveva fornito una motivazione ‘logica, coerente e puntuale’ per negare l’applicazione della causa di non punibilità. Secondo i giudici di legittimità, la sentenza di secondo grado aveva adeguatamente spiegato perché, nel caso specifico, il fatto non potesse essere considerato di ‘particolare tenuità’. Di fronte a una motivazione così strutturata e priva di vizi logici, la Cassazione non ha potuto fare altro che prenderne atto, senza poter entrare nel merito della valutazione, che spetta in via esclusiva al giudice che ha analizzato le prove. La dichiarazione di inammissibilità ha quindi comportato, come conseguenza di legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei necessari requisiti.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso per Cassazione deve essere fondato su vizi di legittimità e non può trasformarsi in un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti. Per gli operatori del diritto, ciò significa che la redazione di un ricorso deve concentrarsi sulla denuncia di errori nell’interpretazione o applicazione della legge oppure su vizi manifesti della motivazione, come la sua illogicità o contraddittorietà. Proporre motivi che si limitano a contestare la ricostruzione fattica operata nei gradi di merito espone inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con le conseguenti sanzioni economiche a carico del cliente.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile perché il motivo dedotto era manifestamente infondato e proposto per ragioni in fatto, le quali non possono essere riesaminate nel giudizio di legittimità.
Cosa ha deciso la Corte riguardo alla mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La Corte ha confermato la decisione del giudice d’appello, evidenziando che la motivazione fornita per negare l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. era logica, coerente e puntuale, e quindi non sindacabile in sede di legittimità.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34105 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34105 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/11/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Ritenuto che non rileva la proclamazione dell’astensione degli avvocati anche per la data odierna in relazione alla procedura non partecipata adottata ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen.;
Ritenuto che il motivo dedotto con il ricorso in relazione alla sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 385 cod. pen. è inammissibile perché avente ad oggetto una censura manifestamente infondata oltre che proposta per ragioni in fatto.
Considerato, invero, che il giudice del gravame ha motivato in maniera logica, coerente e puntuale con riferimento al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12 luglio 2024
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