Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3178 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3178 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a SAN VENDEMIANO il 10/11/1945
avverso la sentenza del 08/11/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
c,
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello d Venezia che, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha concesso all’imputato circostanze attenuanti generiche e rideterminato in mitius la durata delle pene accessorie di cui all’art. 216, ultimo comma, legge fall., ha revocato le statuizioni civili, e ne ha confe responsabilità per il delitto di cui agli artt. 110 cod. pen., 216, comma 1, n. 1, e 223, co legge fall.;
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si denuncia il vizio di motivazio ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo, è privo di specificità in quanto non co un’effettiva critica nei confronti del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/20 Leonardo, Rv. 254584 – 01; conf. Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 262575 – 01), limitandosi a contestarlo con assunti (segnatamente, relativi al fatto che i professionisti ai era rivolto l’imputato non fossero professionisti esterni bensì soggetti preposti a funzioni di c in seno alla procedura di concordato preventivo) non riferibili puntualmente alle considerazioni p dalla Corte territoriale a fondamento della sussistenza della dolosa distrazione di somme, tratta modalità mediante le quali sono state compiute le operazioni esposte in motivazione (in particola di quelle fittizie volte a giustificare l’uscita di denaro);
considerato che il secondo motivo, con il quale si lamentano la violazione di legge pena e il vizio di motivazione in ordine all’errata configurazione del reato ascritto (segnatamente a della cessazione della carica di amministratore unico della società fallita in capo all’imputato) sul quale mancherebbe l’argomentazione in ordine alle doglianze prospettate con l’atto di appello manifestamente infondato nella parte in cui assume la violazione dell’art. 125, comma 3 cod. pro pen. e privo della necessaria specificità, in quanto difetta di un compiuto confronto provvedimento impugnato che ha dato conto degli elementi sulla base dei quali ha affermato l responsabilità del ricorrente per il reato in contestazione, in particolare facendo espresso rifer (rispetto a quanto dedotto con il gravame) non solo alla qualità di amministratore dell’ente rivestita dapprima, ma anche al successivo ruolo di institore (con delega a operare sul conto corre della fallita, come già esposto dal primo Giudice);
considerato che il terzo motivo di ricorso, con il quale si adducono la violazione di penale e il vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenu generiche, è manifestamente infondato e generico, in quanto la Corte distrettuale ha dato conto maniera congrua e logica della ragione posta a fondamento dell’esercizio del potere discrezionale a essa riservato, evidenziando il difetto qualsivoglia elemento passibile di favorevole apprezzame (non potendosi, dunque, ravvisare la mancanza di motivazione pure assunta dal ricorrente); e tal apprezzamento non può essere utilmente censurato in questa sede per il tramite né dell’assertiva
prospettazione dell’erroneità dell’apprezzamento già compiuto già dal primo Giudice né de riferimento alla revoca della costituzione di parte civile nel giudizio di secondo grado;
ritenuto che nulla muta, rispetto a quel che si è osservato, quanto esposto nella memori con la quale il difensore dell’imputato ha ribadito l’ammissibilità e la fondatezza del ricorso;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, COGNOME, Rv. 267585 – 01) versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 09/10/2024.