Inammissibilità ricorso: quando l’appello non supera il vaglio della Cassazione
L’inammissibilità del ricorso è un concetto cruciale nel nostro sistema giudiziario, che sancisce la fine del percorso processuale per chi non presenta motivi di impugnazione validi. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come la mera riproposizione di argomenti già esaminati e la manifesta infondatezza delle censure portino a una tale declaratoria, con conseguente condanna alle spese. Analizziamo insieme questo caso per comprendere meglio i limiti e i requisiti di un ricorso efficace.
I Fatti del Caso
Due soggetti, già condannati in secondo grado dalla Corte d’Appello per il reato di truffa ai sensi dell’art. 640 del codice penale, hanno proposto ricorso per Cassazione. I loro motivi di doglianza si concentravano principalmente su due aspetti: la presunta erroneità della valutazione delle prove, in particolare delle dichiarazioni della persona offesa, e la contestazione della sussistenza della recidiva, un’aggravante che aveva pesato sulla determinazione della pena.
Analisi della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso
La Suprema Corte ha esaminato il primo motivo di ricorso, relativo alla responsabilità penale, e lo ha liquidato come inammissibile. La ragione è netta: gli argomenti presentati non erano altro che una “pedissequa reiterazione” di quelli già sollevati e puntualmente respinti dalla Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno sottolineato che un ricorso, per essere valido, deve contenere una critica argomentata e specifica contro la sentenza impugnata, non limitarsi a ripetere le stesse difese.
Inoltre, la Corte ha ribadito la piena utilizzabilità delle dichiarazioni della persona offesa, anche se quest’ultima non aveva potuto partecipare al processo per gravi e sopravvenuti motivi di salute. La sua assenza non è stata interpretata come una volontaria sottrazione al contraddittorio, rendendo le sue testimonianze legittime ai fini della decisione.
La Questione della Recidiva
Anche il secondo motivo di ricorso, che contestava l’applicazione della recidiva, è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha chiarito che la valutazione della recidiva non è sindacabile in sede di legittimità se il giudice di merito ha correttamente motivato la sua decisione. Nel caso specifico, i giudici d’appello avevano esaminato concretamente il legame tra il reato in giudizio e le precedenti condanne, rilevando una “perdurante inclinazione al delitto” che giustificava pienamente l’applicazione dell’aggravante. La manifesta infondatezza di questo secondo motivo ha comportato, peraltro, l’assorbimento del terzo motivo di ricorso.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha concluso che entrambi i ricorsi dovevano essere dichiarati inammissibili. Il primo motivo era stato giudicato non specifico ma solo apparente, poiché si limitava a riproporre doglianze già esaminate senza una critica costruttiva della sentenza di secondo grado. Il secondo motivo, riguardante la recidiva, era stato ritenuto manifestamente infondato, poiché basato su una valutazione di merito che il giudice aveva compiutamente e logicamente argomentato. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di ricorso inammissibile.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. È un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge. Presentare motivi generici, ripetitivi o manifestamente infondati conduce inevitabilmente a una dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione. Per gli operatori del diritto, ciò sottolinea l’importanza di formulare ricorsi specifici, pertinenti e fondati su vizi di legittimità, evitando di riproporre questioni già decise nel merito.
Quando un ricorso per Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi presentati sono una mera e pedissequa reiterazione di quelli già respinti nei gradi precedenti, mancando di una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata, oppure quando i motivi sono manifestamente infondati.
Le dichiarazioni di una persona offesa assente al processo possono essere utilizzate?
Sì, secondo la Corte, le dichiarazioni della persona offesa sono pienamente utilizzabili se la sua assenza al processo non è dovuta a una volontaria sottrazione al contraddittorio, ma a gravi e comprovati motivi di salute.
Come viene valutata la recidiva dal giudice?
Il giudice di merito valuta la recidiva esaminando in concreto il rapporto tra il reato per cui si procede e le precedenti condanne. Se rileva che le condotte passate indicano una perdurante inclinazione al delitto che ha influito sulla commissione del nuovo reato, può ritenere sussistente l’aggravante, basando la sua decisione sui criteri dell’art. 133 del codice penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 244 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 244 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a BOLOGNA il 26/09/1958 NOME COGNOME nato a AVERSA il 13/09/1954
avverso la sentenza del 07/02/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME Bruno,
Ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si contesta la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità per il reato di cui all’art. 640 cod. pen. è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, nella parte in cui rile che le dichiarazioni della persona offesa sono pienamente utilizzabili in quanto la stessa non si è volontariamente sottratta al contraddittorio, ma non ha potuto presenziare al processo per sopravvenuti gravi motivi di salute;
che, per tale ragione, lo stesso deve considerarsi non specifico ma soltanto apparente, in quanto omette di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che il secondo motivo di ricorso, con il quale si contesta la sussistenza della recidiva, non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato in quanto il giudice di merito ha esaminato in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente il fatto per cui si procede e le precedenti condanne, rilevando che le pregresse condotte criminose sono indicative di una perdurante inclinazione al delitto che ha certamente influito sulla realizzazione del reato di cui all’imputazione;
che la manifesta infondatezza del secondo motivo determina l’assorbimento del terzo;
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 3 dicembre 2024
Il Consigliere estensore