LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Inammissibilità ricorso: appello ripetitivo e infondato

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso presentato da due imputati contro una condanna per truffa. I motivi sono stati giudicati in parte una mera reiterazione di argomentazioni già respinte in appello e in parte manifestamente infondati, in particolare sulla questione della recidiva. La Corte ha confermato la validità delle dichiarazioni della persona offesa, assente per gravi motivi di salute, e ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità ricorso: quando l’appello non supera il vaglio della Cassazione

L’inammissibilità del ricorso è un concetto cruciale nel nostro sistema giudiziario, che sancisce la fine del percorso processuale per chi non presenta motivi di impugnazione validi. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come la mera riproposizione di argomenti già esaminati e la manifesta infondatezza delle censure portino a una tale declaratoria, con conseguente condanna alle spese. Analizziamo insieme questo caso per comprendere meglio i limiti e i requisiti di un ricorso efficace.

I Fatti del Caso

Due soggetti, già condannati in secondo grado dalla Corte d’Appello per il reato di truffa ai sensi dell’art. 640 del codice penale, hanno proposto ricorso per Cassazione. I loro motivi di doglianza si concentravano principalmente su due aspetti: la presunta erroneità della valutazione delle prove, in particolare delle dichiarazioni della persona offesa, e la contestazione della sussistenza della recidiva, un’aggravante che aveva pesato sulla determinazione della pena.

Analisi della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso

La Suprema Corte ha esaminato il primo motivo di ricorso, relativo alla responsabilità penale, e lo ha liquidato come inammissibile. La ragione è netta: gli argomenti presentati non erano altro che una “pedissequa reiterazione” di quelli già sollevati e puntualmente respinti dalla Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno sottolineato che un ricorso, per essere valido, deve contenere una critica argomentata e specifica contro la sentenza impugnata, non limitarsi a ripetere le stesse difese.

Inoltre, la Corte ha ribadito la piena utilizzabilità delle dichiarazioni della persona offesa, anche se quest’ultima non aveva potuto partecipare al processo per gravi e sopravvenuti motivi di salute. La sua assenza non è stata interpretata come una volontaria sottrazione al contraddittorio, rendendo le sue testimonianze legittime ai fini della decisione.

La Questione della Recidiva

Anche il secondo motivo di ricorso, che contestava l’applicazione della recidiva, è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha chiarito che la valutazione della recidiva non è sindacabile in sede di legittimità se il giudice di merito ha correttamente motivato la sua decisione. Nel caso specifico, i giudici d’appello avevano esaminato concretamente il legame tra il reato in giudizio e le precedenti condanne, rilevando una “perdurante inclinazione al delitto” che giustificava pienamente l’applicazione dell’aggravante. La manifesta infondatezza di questo secondo motivo ha comportato, peraltro, l’assorbimento del terzo motivo di ricorso.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha concluso che entrambi i ricorsi dovevano essere dichiarati inammissibili. Il primo motivo era stato giudicato non specifico ma solo apparente, poiché si limitava a riproporre doglianze già esaminate senza una critica costruttiva della sentenza di secondo grado. Il secondo motivo, riguardante la recidiva, era stato ritenuto manifestamente infondato, poiché basato su una valutazione di merito che il giudice aveva compiutamente e logicamente argomentato. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di ricorso inammissibile.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. È un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge. Presentare motivi generici, ripetitivi o manifestamente infondati conduce inevitabilmente a una dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione. Per gli operatori del diritto, ciò sottolinea l’importanza di formulare ricorsi specifici, pertinenti e fondati su vizi di legittimità, evitando di riproporre questioni già decise nel merito.

Quando un ricorso per Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi presentati sono una mera e pedissequa reiterazione di quelli già respinti nei gradi precedenti, mancando di una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata, oppure quando i motivi sono manifestamente infondati.

Le dichiarazioni di una persona offesa assente al processo possono essere utilizzate?
Sì, secondo la Corte, le dichiarazioni della persona offesa sono pienamente utilizzabili se la sua assenza al processo non è dovuta a una volontaria sottrazione al contraddittorio, ma a gravi e comprovati motivi di salute.

Come viene valutata la recidiva dal giudice?
Il giudice di merito valuta la recidiva esaminando in concreto il rapporto tra il reato per cui si procede e le precedenti condanne. Se rileva che le condotte passate indicano una perdurante inclinazione al delitto che ha influito sulla commissione del nuovo reato, può ritenere sussistente l’aggravante, basando la sua decisione sui criteri dell’art. 133 del codice penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati