Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 29167 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29167 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 27/05/1990
avverso la sentenza del 11/11/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Considerato che NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia, indicata in epigrafe, che ha parzialmente riformato, assolvendo l’imputata dal reato di cui al capo b) e confermando nel resto, la sentenza con la quale l’imputata era stata condannata il 21 settembre 2020 dal Tribunale di Padova per il reato di cui agli artt. 56, 624,625 n.2 cod. pen. (capo a) e per il reato di cui all’art. 648 cod. pen. (capo b) commessi in Rubano il 9 maggio 2018;
considerato che, con il primo motivo, deduce manifesta illogicità della motivazione e travisamento della prova in relazione al capo a); che, con il secondo motivo, deduce manifesta illogicità e travisamento della prova in relazione al capo b); con il terzo motivo deduce contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al mancato riconoscimento della tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131 bis cod. pen. e in relazione alla misura della pena;
considerato, con riguardo al primo motivo, che la ricorrente deduce l’insussistenza di elementi indiziari indicativi dell’intento furtivo, omettendo d confrontarsi con la motivazione fornita nelle conformi sentenze di merito, e segnatamente con la descrizione delle prove acquisite a pag.4 della sentenza impugnata;
considerato, con riguardo al secondo motivo, che l’assenza di correlazione con il provvedimento impugnato è tale da trascurare che la Corte di appello ha assolto l’imputata dal reato di cui al capo b);
considerato, con riguardo al terzo motivo, che la censura difetta di confronto con il rilievo dei numerosi precedenti specifici gravanti sull’imputata effettuato dal giudice di appello, nonchè con il fatto che le circostanze attenuanti generiche sono state già riconosciute dal giudice di primo grado e che il giudizio di bilanciamento è stato ampiamente motivato;
considerato, pertanto, che i motivi non sono scanditi da necessaria analisi critica delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione);
rilevato che la pena irrogata, ferma restando la motivazione resa dalla Corte territoriale, con la quale il ricorso si confronta solo apparentemente, è comunque inferiore alla misura media edittale (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena, Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243) e che la ratio della disposizione di cui all’art.62 bis cod. pen., che attribuisce al giudice la facoltà di cogliere, sulla base di numerosi e diversificati dati sintomatici, gl elementi che possono condurre ad attenuare la pena edittale, non impone, tuttavia, al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti;
considerato che alla inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte cost. n. 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 14 luglio 2025
k