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Inammissibilità ricorso: analisi Cassazione 37307/2025

Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato contro una sentenza della Corte d’Appello. La decisione si fonda sulla manifesta infondatezza delle censure mosse dal ricorrente. La Corte ha stabilito che la valutazione di merito del giudice precedente, che aveva escluso l’ipotesi della lieve entità del fatto basandosi su una recente pronuncia della Corte Costituzionale, è corretta, logica e non sindacabile in sede di legittimità. Di conseguenza, l’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso: Quando le Censure sono Manifestamente Infondate

L’analisi di un’ordinanza della Corte di Cassazione offre spunti cruciali per comprendere i limiti del giudizio di legittimità, in particolare riguardo alla inammissibilità del ricorso. Questo concetto è fondamentale nel nostro ordinamento, poiché delinea i confini entro cui la Suprema Corte può intervenire, distinguendo le questioni di diritto da quelle di fatto, riservate ai giudici di merito. Il caso in esame, deciso con ordinanza del 24 ottobre 2025, illustra perfettamente come la manifesta infondatezza delle censure proposte dal ricorrente conduca a una declaratoria di inammissibilità, con le relative conseguenze processuali ed economiche.

Il Contesto del Caso Giudiziario

Un soggetto proponeva ricorso per cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello di Roma. Il nucleo della controversia ruotava attorno alla corretta qualificazione giuridica di un fatto, specificamente se potesse rientrare nell’ipotesi di lieve entità prevista dall’articolo 628, comma 2, del codice penale. La Corte d’Appello, nel decidere, si era attenuta ai principi espressi da una precedente sentenza rescindente della Cassazione e da una significativa pronuncia della Corte Costituzionale (la n. 84 del 2024). Sulla base di questi riferimenti, aveva escluso la possibilità di riconoscere la minore gravità del fatto, compiendo una valutazione basata sulla natura, i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione.

La Decisione della Corte: Focus sull’Inammissibilità del Ricorso

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del giudizio di legittimità: la Corte non è un terzo grado di merito. Il suo compito non è rivalutare i fatti, ma assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge.

L’Applicazione dei Principi della Corte Costituzionale

Nel caso specifico, la Cassazione ha evidenziato come la Corte d’Appello avesse correttamente recepito le indicazioni della sentenza additiva della Corte Costituzionale n. 84 del 2024. Quest’ultima aveva ampliato lo spazio valutativo del giudice di merito nel determinare la lieve entità del fatto. La Corte territoriale ha quindi esercitato questo potere discrezionale in modo giuridicamente corretto, coerente e privo di vizi logici, rendendo la sua valutazione incensurabile in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Cassazione

Le motivazioni della Suprema Corte sono chiare e dirette. Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché le censure sollevate erano manifestamente infondate. Il ricorrente, in sostanza, chiedeva alla Cassazione una nuova e diversa valutazione del materiale probatorio e delle circostanze del fatto, un’attività che esula completamente dalle competenze del giudice di legittimità. La Corte ha ribadito che il giudizio di merito, se immune da manifeste incongruenze logiche e giuridicamente corretto, non può essere oggetto di sindacato.

L’Insindacabilità del Giudizio di Merito

Un punto centrale della motivazione è l’insindacabilità del giudizio di merito. La Corte d’Appello aveva ponderato la natura, la specie, i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione, concludendo per l’impossibilità di applicare l’attenuante della lieve entità. Questa valutazione, essendo frutto di un’analisi fattuale ben argomentata, non si presta a essere riesaminata dalla Cassazione. Qualsiasi tentativo di farlo si tradurrebbe in una richiesta di rivalutazione del fatto, inammissibile in questa sede.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Le conclusioni che si possono trarre da questa ordinanza sono significative. In primo luogo, viene riaffermata la distinzione netta tra giudizio di fatto e giudizio di diritto. Chi intende proporre ricorso per cassazione deve concentrarsi su vizi di legittimità (violazione di legge o vizi di motivazione) e non tentare di ottenere una terza valutazione del merito. In secondo luogo, la declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta conseguenze onerose: ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve quindi da monito sull’importanza di formulare ricorsi fondati su censure pertinenti e non meramente ripetitive delle argomentazioni già respinte nei gradi di merito.

Per quale motivo principale la Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le censure proposte dal ricorrente erano manifestamente infondate, ovvero consistevano in una richiesta di rivalutazione dei fatti già correttamente esaminati dalla Corte d’Appello, attività che esula dalle competenze della Corte di Cassazione.

Quale ruolo ha avuto la valutazione sulla ‘lieve entità del fatto’ nella decisione?
La valutazione sulla ‘lieve entità del fatto’ è stata centrale. La Corte d’Appello aveva escluso questa ipotesi con un giudizio di merito ritenuto dalla Cassazione giuridicamente corretto, logico e coerente. Poiché questa valutazione è insindacabile in sede di legittimità, le critiche del ricorrente su questo punto sono state respinte come infondate.

Quali sono le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
In conseguenza della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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