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Inammissibilità istanza continuazione: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione del Tribunale di Milano, dichiarando inammissibile un’istanza volta a ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati oggetto di tre sentenze definitive. L’istanza è stata considerata una mera reiterazione di una precedente richiesta già rigettata, poiché il presunto ‘nuovo elemento’ di prova addotto dal ricorrente era stato, nella sua sostanza fattuale e giuridica, già valutato e respinto. La Corte ha ribadito che l’inammissibilità dell’istanza di continuazione scatta quando non vengono presentati elementi realmente nuovi, ma si ripropongono le medesime questioni.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Istanza Continuazione: Quando una Richiesta è Solo una Ripetizione

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 18087 del 2025, offre un importante chiarimento sui limiti alla riproposizione delle istanze in fase esecutiva, in particolare riguardo alla disciplina della continuazione tra reati. Il principio cardine è chiaro: non si può chiedere al giudice di rivalutare una questione già decisa se non si portano elementi di prova o argomentazioni giuridiche genuinamente nuove. Analizziamo questa decisione per comprendere la logica dietro l’inammissibilità di un’istanza di continuazione meramente ripetitiva.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato con tre distinte sentenze divenute irrevocabili, presentava al Tribunale di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione, un’istanza per ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione. L’obiettivo era unificare i reati contestati (tra cui narcotraffico e falso in documenti) sotto un unico disegno criminoso, con conseguente ricalcolo della pena in modo più favorevole.

Il ricorrente sosteneva che il reato di falso, oggetto della terza sentenza, fosse strumentale alla commissione dei reati di narcotraffico, giudicati nelle prime due sentenze. Tuttavia, una precedente istanza, basata sullo stesso presupposto, era già stata rigettata dal Tribunale. Per superare l’ostacolo, nella nuova richiesta veniva allegato un documento, una relazione di servizio della Guardia di Finanza, presentato come ‘elemento nuovo’ in grado di provare in modo decisivo il collegamento tra i reati.

Il Tribunale di Milano dichiarava la nuova istanza inammissibile, qualificandola come una semplice riproposizione della precedente. Contro tale ordinanza, il condannato proponeva ricorso per Cassazione.

La Decisione della Corte sull’Inammissibilità dell’Istanza di Continuazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando in toto la decisione del giudice dell’esecuzione. I giudici supremi hanno stabilito che il Tribunale ha agito correttamente nel dichiarare l’inammissibilità ai sensi dell’art. 666, comma 2, del codice di procedura penale. Questa norma consente al giudice di respingere de plano (cioè senza formalità di udienza) una richiesta quando questa si configura come una mera riproposizione di un’istanza già rigettata, fondata sui medesimi elementi.

La Corte ha evidenziato che il presunto ‘elemento nuovo’ – la relazione di servizio – non introduceva un dato fattuale o una prospettiva giuridica diversa da quella già esaminata. Il profilo della strumentalità del reato di falso rispetto a quello di narcotraffico era il cuore anche della precedente istanza e il giudice lo aveva già vagliato e motivatamente respinto. La semplice produzione di un nuovo documento a sostegno della medesima tesi non è sufficiente a superare la preclusione processuale.

Le Motivazioni della Sentenza

Il fulcro della motivazione risiede nel principio del ne bis in idem processuale, che opera anche nella fase di esecuzione della pena. Una volta che un giudice si è pronunciato su una determinata questione, non è possibile riaprire il dibattito all’infinito, a meno che non emergano elementi sostanzialmente nuovi e diversi da quelli già valutati.

La Cassazione chiarisce che per ‘elemento nuovo’ non si intende qualsiasi documento non prodotto in precedenza, ma un elemento di fatto, anche preesistente, che non sia stato considerato dal giudice nella decisione precedente e che sia in grado di mutare il quadro probatorio o giuridico di riferimento. Nel caso di specie, l’argomento della strumentalità del falso era già stato ampiamente discusso e rigettato. La relazione di servizio non faceva che ribadire, da un’altra fonte, lo stesso concetto già esaminato e ritenuto insufficiente a dimostrare l’unicità del disegno criminoso sin dall’origine.

I giudici hanno sottolineato come la volontà di procurarsi un documento falso potesse essere sorta nel ricorrente solo in un momento successivo alla commissione dei reati di narcotraffico, ad esempio dopo l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare, interrompendo così l’unitarietà della deliberazione criminosa, presupposto indispensabile per il riconoscimento della continuazione.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza il principio di stabilità delle decisioni giudiziarie anche nella fase esecutiva. Per superare il vaglio di ammissibilità, una nuova istanza non può limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni, magari corredate da documentazione formalmente diversa ma sostanzialmente identica nei contenuti già vagliati. È necessario dedurre fatti o questioni giuridiche che non abbiano formato oggetto della precedente decisione, in grado di offrire al giudice una prospettiva realmente inedita. In assenza di tale novità sostanziale, l’istanza è destinata a essere dichiarata inammissibile, in applicazione di un principio volto a garantire la certezza del diritto e a prevenire l’abuso degli strumenti processuali.

Quando è possibile ripresentare un’istanza in fase esecutiva dopo un rigetto?
È possibile ripresentare un’istanza solo se si deducono questioni giuridiche nuove o nuovi elementi di fatto, anche preesistenti, che non siano stati valutati dal giudice nel provvedimento precedente. Non è sufficiente riproporre la stessa richiesta con i medesimi elementi.

Cosa si intende per ‘elemento nuovo’ ai fini dell’ammissibilità di una nuova istanza?
Un ‘elemento nuovo’ non è un qualsiasi documento non prodotto prima, ma un dato che ha la capacità di modificare il quadro di valutazione del giudice. Deve essere un elemento intrinsecamente diverso da quelli già esaminati, tale da giustificare una riconsiderazione nel merito della questione già decisa.

Perché nel caso specifico l’istanza di continuazione è stata dichiarata inammissibile?
L’istanza è stata dichiarata inammissibile perché era una mera riproposizione di una richiesta precedente già rigettata. Il presunto ‘elemento nuovo’ (una relazione di servizio) non introduceva fatti diversi, ma si limitava a sostenere la medesima tesi della strumentalità di un reato rispetto ad altri, profilo che il giudice aveva già analizzato e respinto nella decisione anteriore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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