Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18087 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18087 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SINOPOLI il 03/08/1973
avverso l’ordinanza del 24/01/2025 del TRIBUNALE di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 24 gennaio il Tribunale di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile l’istanza con cui NOME COGNOME aveva chiesto applicarsi la disciplina della continuazione tra i reati oggetto di tre sentenze emesse rispettivamente
dalla Corte d’appello di Reggio Calabria, la n. 883 del 2019, divenuta irrevocabile il 23 novembre 2021;
dalla Corte di appello di Roma, la n. 4576 del 2020, divenuta irrevocabile il 26 ottobre 2021;
dal Tribunale di Milano, la n. 8680 del 2021, divenuta irrevocabile il 12 dicembre 2022.
A ragione osserva che l’istanza costituisce mera reiterazione di richiesta già oggetto di valutazione e rigettata.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME per il tramite del difensore di fiducia avvocato NOME COGNOME articolando due motivi.
2.1. Con il primo denuncia violazione di legge processuale penale in relazione agli articoli 125, 127, 666 cod. proc. pen. e 81, secondo comma, cod. pen.
Lamenta che il Tribunale, nel pervenire alla declaratoria di inammissibilità, non ha operato il confronto necessario per verificare l’asserita identità dei dati, fattuali e giuridici, posti a sostengo dell ‘ istanza con quelli su cui era fondata la precedente richiesta di applicazione della disciplina della continuazione. Qualora avesse, invece, posto realmente a raffronto le due istanze avrebbe rilevato l’esistenza di un elemento nuovo per essere stato preso in considerazione solo da quella depositata successivamente. Si tratta della relazione di servizio redatta da personale della Guardia di Finanza in data 26 ottobre 2021, ritualmente allegata.
Da tale atto si evince che il documento d’identità contraffatto oggetto della del reato per cui è intervenuta la sentenza di condanna sub 3) era stato impiegato dal condannato per poter continuare l’attività di narcotraffico in forma associata, sviluppatasi attraverso la consumazione dei reati oggetto della pronuncia sub 1), reati che, con ordinanza del Giudice dell’ese cuzione del 23 maggio 2023, sono stati già unificati ex art. 81, secondo comma, cod. pen. con il reato giudicato dalla sentenza sub 2).
2.2. con il secondo motivo denuncia manifesta illogicità della motivazione punto
L’ordinanza è affetta è insuperabile contraddizione laddove da, una parte, dà contezza dell’intervenuto accoglimento dell’istanza di continuazione tra i reati di cui alle sentenze sub 1) e sub 2) e, dall ‘ altra, ritiene infondata la richiesta di unificazione a tali violazioni – o quanto meno a quella accertata con la sentenza sub 2) – del reato giudicato con la sentenza sub 3) nonostante il collegamento evidenziato nel primo motivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Entrambi i motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente in ragione della connessione logica delle questioni poste, sono infondati.
L ‘art. . 666, comma 2, cod. proc. pen., consente al giudice o al presidente del collegio di dichiarare inammissibile la richiesta di incidente di esecuzione, quando sia mera riproposizione di richiesta già rigettata, basata sui medesimi elementi.
La disposizione riporta anche nell’ambito del giudizio di esecuzione il più generale principio della preclusione processuale derivante dal divieto di ‘bis in idem’ (Sez. 1, n. 3736 del 1 5/01/2009, P.m. in proc. Anello, Rv. 242533 -01). Secondo la giurisprudenza di legittimità, si tratta di una preclusione allo stato degli atti che, come tale, non opera quando vengano dedotti fatti o questioni che non hanno formato oggetto della precedente decisione (Sez. 1, n. 4761 del 25/10/2024, dep. 2025, D., Rv. 287553 – 01).
La riproposizione è quindi ammessa e non configura un’ipotesi di inammissibilità ex art. 666, comma 2, cod. proc. pen., quando, dopo il rigetto di precedente richiesta, si deducano questioni giuridiche nuove o nuovi elementi di fatto, anche preesistenti, sempreché diversi da quelli valutati dal giudice che ha emesso il primo provvedimento. (Sez. 1, n. 8605 del 13/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285914 – 01).
Quando l’elemento nu ovo è costituito da un documento, che non sia stato valutato con il provvedimento precedente di rigetto, non può darsi luogo a pronuncia di inammissibilità, se il giudice dell’esecuzione, per giungere alla decisione, deve tenere conto della portata intrinseca del documento prodotto, non fermandosi al diniego di quel carattere di novità che era propugnato dall’istante; in tal caso anche se il documento risulti in concreto irrilevante, l’epilogo decisorio non potrà essere meramente processuale ma dovrà sostanziarsi in una pronuncia nel merito, e se del caso di rigetto (cfr. Sez. 1, n. 19358 del 05/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269841 -01).
Il parametro per verificare la legittimità del procedimento ‘de plano’, altrimenti destinato a generare un provvedimento viziato da nullità in assenza di instaurazione del contraddittorio (Sez. 3, n. 35500 del 20/06/2007, P.m. in proc. manzo, Rv. 237529 -01), è stato ritenuto quello della rilevabilità ‘ictu oculi’ dell’assenza di novità, e quindi del fondamento dell’is tanza (Sez. 5, n. 34960 del 14/06/2007, Stara, Rv. 237712 -01). La novità è requisito di tale centralità e rilevanza, che, ove mancante, comporta l’inammissibilità della richiesta anche nel caso di diversità della “causa petendi” posta a fondamento di una nuova istanza sul medesimo titolo esecutivo (Sez. 3, n. 44415 del 30/09/2004, P.m. in proc. COGNOME, Rv. 230943 -01).
Il giudice in tanto può emettere la declaratoria di inammissibilità prevista dall ‘art. 666, comma 2, cod. proc. pen. in quanto abbia avuto esito positivo la necessaria verifica di sovrapponibilità tra questioni giuridiche ed elementi di fatto dedotti nelle due successive richieste.
Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il Tribunale non si è discostato dai principi sin qui ricordati.
Come rilevato dal Procuratore generale nelle sue conclusioni, il ricorrente aveva già presentato istanza – disattesa dal Tribunale con provvedimento del 5 dicembre 2023– volta all ‘ applicazione della continuazione tra i reati oggetto della sentenza sub 2) ed il reato oggetto della sentenza sub 3), nella quale aveva evidenziato che il documento, oggetto del reato di falso giudicato con la sentenza sub 3) era stato utilizzato dal ricorrente proprio perché intenzionato alla commissione di reati in tema di narcotraffico. tale identico profilo è stato poi reiterato nella nuova richiesta del 19 dicembre 2024, dichiarata inammissibile dal provvedimento impugnato.
Sulla scorta del contenuto sovrapponibile delle due istanze il giudice dell ‘ esecuzione ha correttamente dichiarato la seconda inammissibile, ritenendola meramente riproduttiva di quella avanzata in precedenza e già respinta.
Ciò che conta è che il profilo della supposta strumentalità del reato di falso, oggetto della sentenza sub 3), rispetto alla commissione dei reati di narcotraffico, oggetto dlele snetnze sub1) e sub 2), era stato già esaminato e disatteso in precedenza , peraltro con argomentazioni ampie e persuasive, che mettono in luce come la volontà di fabbricare o comunque procurarsi un documento falso si poteva formare nel ricorrente solo dopo la commissione del reato per cui è intervenuta la sentenza di condanna sub 1), ovvero dopo l ‘ emissione di una ordinanza di custodia cautelare.
In tale contesto non vi è quindi spazio anche solo per ipotizzare una deliberazione criminosa unitaria, sottesa o a tutte le violazioni oppure soltanto a quelle oggetto delle sentenze sub 2) e 3), che l ‘agente ha , però, posto in esecuzione in tempi diversi, presupposto indefettibile per il riconoscimento del vincolo della continuazione.
Per le considerazioni sin qui sviluppate, il ricorso deve essere respinto e il ricorrente deve essere condannato alle spese del giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, in Roma 8 aprile 2025.