Inammissibilità dell’appello: quando i motivi sono troppo generici
L’inammissibilità dell’appello è una delle questioni procedurali più delicate e frequenti nel processo penale. Un’impugnazione non correttamente formulata può precludere l’accesso a un nuovo grado di giudizio, con conseguenze decisive per l’imputato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 8456/2024) offre un chiarimento fondamentale: un appello è inammissibile se le sue censure non si confrontano specificamente con le ragioni fondanti della sentenza impugnata. Analizziamo insieme la vicenda.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di primo grado. L’imputato, tramite il suo difensore, proponeva appello, ma la Corte d’Appello lo dichiarava inammissibile. Contro questa decisione, l’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando una violazione di legge. Secondo la difesa, la Corte d’Appello avrebbe erroneamente giudicato nel merito la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), anziché limitarsi a una valutazione astratta dei motivi, come richiesto per una declaratoria di inammissibilità.
La Decisione sull’Inammissibilità dell’Appello
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, definendolo manifestamente infondato e confermando la decisione della Corte territoriale. I giudici supremi hanno chiarito che la Corte d’Appello non ha affatto compiuto una valutazione di merito. Al contrario, si è limitata a constatare che l’atto di appello era intrinsecamente generico.
Il punto cruciale era che la sentenza di primo grado aveva negato l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. basandosi su un argomento specifico e decisivo: l’imputato aveva violato più volte il divieto, impostogli dal Questore, di avvicinarsi a un determinato locale pubblico. L’atto di appello, invece di contestare puntualmente questa circostanza, si limitava a riproporre la richiesta in termini generici, senza confrontarsi con il cuore della motivazione del primo giudice. Questo mancato confronto rende l’impugnazione priva della specificità richiesta dalla legge (art. 581 c.p.p.), determinandone, appunto, l’inammissibilità dell’appello.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Cassazione si fonda su un principio consolidato, richiamando l’autorevole precedente delle Sezioni Unite (sentenza Galtelli n. 8825/2016). Il principio è che non basta lamentare un’ingiustizia o riproporre le proprie tesi difensive; è necessario che l’atto di impugnazione instauri un dialogo critico con la sentenza che si intende contestare. L’appellante deve “smontare” punto per punto il ragionamento del giudice di primo grado, evidenziandone le presunte falle logiche o giuridiche.
Nel caso di specie, l’argomento centrale del Tribunale era la reiterata violazione del divieto di avvicinamento, un comportamento che evidentemente strideva con la nozione di “particolare tenuità del fatto”. L’appello, ignorando questo aspetto, si è rivelato uno strumento spuntato, incapace di incidere sulla decisione. La Corte territoriale, quindi, non ha detto che la richiesta era infondata nel merito, ma che l’appello era formulato in modo tale da non permettere neanche di iniziare una discussione sul merito, essendo privo dei requisiti minimi di specificità. La sua valutazione non è stata sul “se” l’imputato avesse diritto al beneficio, ma sul “come” tale diritto era stato fatto valere in appello.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce una lezione fondamentale per ogni operatore del diritto: la redazione di un atto di impugnazione richiede la massima cura e precisione. Non è sufficiente una generica contestazione della sentenza. È indispensabile analizzare in profondità la motivazione del giudice e costruire un’argomentazione critica che si confronti direttamente con ogni passaggio logico della decisione. In caso contrario, il rischio concreto è quello di vedersi dichiarare l’inammissibilità dell’appello, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso esaminato, dove il ricorrente è stato condannato al versamento di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Perché l’appello è stato dichiarato inammissibile in primo luogo dalla Corte d’Appello?
L’appello è stato ritenuto inammissibile perché le censure erano generiche e non si confrontavano con l’argomento specifico e decisivo posto a fondamento della sentenza di primo grado, ovvero la circostanza che l’imputato avesse violato più volte un divieto di avvicinamento a un locale.
La Corte d’Appello ha giudicato il merito della questione?
No. Secondo la Cassazione, la Corte d’Appello non ha valutato se la richiesta di applicazione dell’art. 131 bis c.p. fosse fondata o meno, ma si è limitata a verificare che l’atto di appello fosse privo della specificità richiesta dalla legge, non contestando le ragioni specifiche della decisione impugnata.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente dopo la decisione della Cassazione?
La Cassazione ha dichiarato inammissibile anche il ricorso e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8456 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8456 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOMECUI COGNOME) nato a IMOLA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 26/10/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Bologna ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da COGNOME NOME avverso la sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Bologna il 3/5/2023;
Rilevato che con il ricorso si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla dichiarazione di inammissibilità in quanto la Corte territoriale si sarebbe nella sostanza pronunciata nel merito della fondatezza della richiesta di applicazione dell’art. 131 bis cod. pen. laddove, di contro, la dichiarazione di inammissibilità dell’impugnazione ex artt. 591, comma lett. c), e 581 cod. proc. pen. dovrebbe essere emessa all’esito di una valutazione astratta;
Rilevato che la doglianza contenuta nel ricorso è manifestamente infondata in quanto la Corte territoriale non ha proceduto a una valutazione di merito dell’appello ma si è limitata a fare riferimento alla decisione di primo grado al solo fine di evidenziare che il contenuto della censura esposta nell’atto di impugnazione non si confrontava con lo specifico e decisivo argomento posto a fondamento della mancata applicazione dell’istituto di cui all’art. 131 bis cod. pen., cioè con la ritenuta circostanza che l’imputato aveva più volte violato il divieto di cui al provvedimento del Questori di Bologna di avvicinarsi al ristorante messicano Mezcal;
Rilevato che a fronte di tale mancato confronto le censure contenute nell’atto di appello erano generiche e che pertanto la conclusione cui è pervenuta la Corte appare conforme ai principi enucleati da Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822 – 01 e non è sindacabile in questa sede;
Ritenuto pertanto che il ricorso è inammissibile;
Considerato che alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso 1’8/2/2024