Inammissibilità del Ricorso per Manifesta Infondatezza: Il Caso del Tentato Furto
L’inammissibilità del ricorso è un istituto cruciale del nostro ordinamento processuale, che impedisce alla Corte di Cassazione di esaminare nel merito un’impugnazione quando questa risulta priva dei requisiti di legge. Una recente ordinanza della Suprema Corte offre un chiaro esempio pratico, analizzando un caso di tentato furto e confermando principi consolidati in materia di recidiva e determinazione della pena.
Il Contesto: Dal Tentato Furto al Ricorso in Cassazione
Il caso ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di tentato furto aggravato in abitazione. La Corte d’Appello di Messina, pur avendo rideterminato la pena in senso più favorevole all’imputato (in mitius), ne aveva confermato la responsabilità penale. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali: l’errata valutazione della recidiva e la presunta ingiustizia del trattamento sanzionatorio.
Le Ragioni dell’Inammissibilità del Ricorso
La Suprema Corte ha respinto l’impugnazione dichiarandola inammissibile. L’analisi dei giudici si è concentrata sulla manifesta infondatezza e genericità dei motivi proposti, che non erano in grado di scalfire la logica della decisione impugnata. Esaminiamo nel dettaglio le argomentazioni della Corte.
Il Primo Motivo: La Recidiva e la Pericolosità Sociale
L’imputato contestava il riconoscimento della recidiva. La Corte di merito aveva però giustificato tale aggravante sulla base della “spiccata pericolosità” del soggetto. Questo giudizio non era astratto, ma fondato su elementi concreti e specifici:
1. Lo spostamento: L’imputato si era spostato di oltre 150 km dal suo luogo di residenza con il chiaro intento di delinquere.
2. Gli strumenti: Nella sua vettura erano stati trovati attrezzi da scasso, poi effettivamente utilizzati per commettere il reato.
Secondo la Cassazione, questi elementi sono indicatori validi di una particolare inclinazione a delinquere. Il ricorso dell’imputato, invece, è stato considerato generico perché non ha mosso alcuna critica specifica e pertinente a questo ragionamento, limitandosi a una contestazione di principio.
Il Secondo Motivo: L’Individualità del Trattamento Sanzionatorio
Il secondo motivo di ricorso verteva sulla quantificazione della pena. La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio fondamentale: la determinazione della pena si basa su “parametri squisitamente individuali”. Non è richiesta, né prevista, una “valutazione comparativa tra posizioni diverse”, come quelle di eventuali concorrenti nel reato. La pena deve essere commisurata alla personalità e alla condotta del singolo imputato, e non può essere contestata semplicemente perché diversa da quella applicata ad altri.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La decisione di inammissibilità si fonda sulla constatazione che i motivi del ricorso erano privi di fondamento giuridico e fattuale. La Corte ha ritenuto che l’impugnazione non offrisse argomenti validi per mettere in discussione la sentenza d’appello. La valutazione della pericolosità basata su elementi concreti e il principio di individualizzazione della pena sono capisaldi del diritto penale che il ricorso non è riuscito a contestare efficacemente. La genericità e l’infondatezza delle censure hanno quindi portato, come conseguenza diretta, all’applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale, che prevede la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, proprio a causa della colpa nell’aver promosso un ricorso palesemente destinato al fallimento.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza rafforza due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, un ricorso per cassazione, per avere speranza di successo, deve essere specifico, dettagliato e tecnicamente fondato, attaccando puntualmente le argomentazioni della sentenza impugnata. Appelli generici o basati su pretese infondate, come la comparazione della propria pena con quella altrui, sono destinati all’inammissibilità del ricorso. In secondo luogo, la valutazione della pericolosità di un imputato ai fini della recidiva può legittimamente basarsi su indicatori comportamentali concreti, come la pianificazione e l’organizzazione dimostrate per la commissione del reato. La decisione sottolinea quindi la necessità di una difesa tecnica rigorosa e la futilità di impugnazioni esplorative, che possono anzi comportare ulteriori conseguenze economiche negative per l’imputato.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando i motivi proposti sono manifestamente infondati e generici, ovvero quando non riescono a muovere una critica efficace e pertinente al ragionamento giuridico della sentenza impugnata.
Quali elementi possono giustificare il riconoscimento della recidiva?
La Corte ha ritenuto che la spiccata pericolosità dell’imputato, elemento che giustifica la recidiva, possa essere desunta da fatti concreti come l’essersi spostato di oltre 150 km dal luogo di residenza per commettere il reato e il possesso di attrezzi da scasso specifici.
È possibile contestare una pena ritenendola sproporzionata rispetto a quella di un concorrente nel reato?
No. La Suprema Corte ha ribadito che il trattamento sanzionatorio è definito sulla base di parametri squisitamente individuali. Pertanto, non è richiesta alcuna valutazione comparativa tra le posizioni di diversi imputati per stabilire la legittimità della pena.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4704 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4704 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/07/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Messina che ha rideterminato in mitius il trattamento sanzionatorio e ne ha confermato la condanna per il delitto aggravato di tentato furto in abitazione;
ritenuto che:
il primo motivo è manifestamente infondato e generico in quanto la Corte di merito ha ritenuto sussistente la contestata recidiva indicando gli elementi dai quali ha tratto la spicc pericolosità dell’imputato (cfr. Sez. 6, n. 34532 del 22/06/2021, COGNOME, Rv. 281935 – 01; Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, COGNOME, Rv. 260841 – 01), facendo in particolare riferimento alle specifiche modalità di realizzazione del reato in imputazione (avendo appena sopra dato conto del fatto che l’imputato si sia spostato di oltre 150 km dal luogo di residenza per delinquere e che nella vettura a bordo della quale viaggiava vi fossero attrezzi da scusso, utilizzati nella specie), e l’impugnazione non muove alcuna effettiva censura a tale piano argomentativo;
il secondo motivo è manifestamente infondato, dato che il trattamento sanzionatorio è definito «sulla base di parametri squisitamente individuali, nessuna valutazione comparativa tra posizione diverse è richiesta; né tra i parametri di legittimità per la definizione della pe rinviene quello della valutazione comparativa tra concorrenti» (cfr. Sez. 2, n. 7191 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 266446 – 01; cfr. pure Sez. 3, n. 27115 del 19/02/2015, COGNOME, Rv. 264020 – 01);
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Corte cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv 267585 – 01) – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 18 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente