LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Inammissibilità del ricorso: quando l’appello è infondato

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato da un imputato condannato per tentato furto aggravato in abitazione. I motivi, incentrati sulla contestazione della recidiva e sulla presunta sproporzione della pena, sono stati giudicati manifestamente infondati. La Corte ha confermato che la pericolosità sociale può essere desunta da elementi fattuali, come lo spostamento per delinquere e il possesso di attrezzi da scasso, e ha ribadito il principio dell’individualizzazione della pena, escludendo valutazioni comparative tra coimputati.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del Ricorso per Manifesta Infondatezza: Il Caso del Tentato Furto

L’inammissibilità del ricorso è un istituto cruciale del nostro ordinamento processuale, che impedisce alla Corte di Cassazione di esaminare nel merito un’impugnazione quando questa risulta priva dei requisiti di legge. Una recente ordinanza della Suprema Corte offre un chiaro esempio pratico, analizzando un caso di tentato furto e confermando principi consolidati in materia di recidiva e determinazione della pena.

Il Contesto: Dal Tentato Furto al Ricorso in Cassazione

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di tentato furto aggravato in abitazione. La Corte d’Appello di Messina, pur avendo rideterminato la pena in senso più favorevole all’imputato (in mitius), ne aveva confermato la responsabilità penale. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali: l’errata valutazione della recidiva e la presunta ingiustizia del trattamento sanzionatorio.

Le Ragioni dell’Inammissibilità del Ricorso

La Suprema Corte ha respinto l’impugnazione dichiarandola inammissibile. L’analisi dei giudici si è concentrata sulla manifesta infondatezza e genericità dei motivi proposti, che non erano in grado di scalfire la logica della decisione impugnata. Esaminiamo nel dettaglio le argomentazioni della Corte.

Il Primo Motivo: La Recidiva e la Pericolosità Sociale

L’imputato contestava il riconoscimento della recidiva. La Corte di merito aveva però giustificato tale aggravante sulla base della “spiccata pericolosità” del soggetto. Questo giudizio non era astratto, ma fondato su elementi concreti e specifici:

1. Lo spostamento: L’imputato si era spostato di oltre 150 km dal suo luogo di residenza con il chiaro intento di delinquere.
2. Gli strumenti: Nella sua vettura erano stati trovati attrezzi da scasso, poi effettivamente utilizzati per commettere il reato.

Secondo la Cassazione, questi elementi sono indicatori validi di una particolare inclinazione a delinquere. Il ricorso dell’imputato, invece, è stato considerato generico perché non ha mosso alcuna critica specifica e pertinente a questo ragionamento, limitandosi a una contestazione di principio.

Il Secondo Motivo: L’Individualità del Trattamento Sanzionatorio

Il secondo motivo di ricorso verteva sulla quantificazione della pena. La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio fondamentale: la determinazione della pena si basa su “parametri squisitamente individuali”. Non è richiesta, né prevista, una “valutazione comparativa tra posizioni diverse”, come quelle di eventuali concorrenti nel reato. La pena deve essere commisurata alla personalità e alla condotta del singolo imputato, e non può essere contestata semplicemente perché diversa da quella applicata ad altri.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La decisione di inammissibilità si fonda sulla constatazione che i motivi del ricorso erano privi di fondamento giuridico e fattuale. La Corte ha ritenuto che l’impugnazione non offrisse argomenti validi per mettere in discussione la sentenza d’appello. La valutazione della pericolosità basata su elementi concreti e il principio di individualizzazione della pena sono capisaldi del diritto penale che il ricorso non è riuscito a contestare efficacemente. La genericità e l’infondatezza delle censure hanno quindi portato, come conseguenza diretta, all’applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale, che prevede la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, proprio a causa della colpa nell’aver promosso un ricorso palesemente destinato al fallimento.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza rafforza due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, un ricorso per cassazione, per avere speranza di successo, deve essere specifico, dettagliato e tecnicamente fondato, attaccando puntualmente le argomentazioni della sentenza impugnata. Appelli generici o basati su pretese infondate, come la comparazione della propria pena con quella altrui, sono destinati all’inammissibilità del ricorso. In secondo luogo, la valutazione della pericolosità di un imputato ai fini della recidiva può legittimamente basarsi su indicatori comportamentali concreti, come la pianificazione e l’organizzazione dimostrate per la commissione del reato. La decisione sottolinea quindi la necessità di una difesa tecnica rigorosa e la futilità di impugnazioni esplorative, che possono anzi comportare ulteriori conseguenze economiche negative per l’imputato.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando i motivi proposti sono manifestamente infondati e generici, ovvero quando non riescono a muovere una critica efficace e pertinente al ragionamento giuridico della sentenza impugnata.

Quali elementi possono giustificare il riconoscimento della recidiva?
La Corte ha ritenuto che la spiccata pericolosità dell’imputato, elemento che giustifica la recidiva, possa essere desunta da fatti concreti come l’essersi spostato di oltre 150 km dal luogo di residenza per commettere il reato e il possesso di attrezzi da scasso specifici.

È possibile contestare una pena ritenendola sproporzionata rispetto a quella di un concorrente nel reato?
No. La Suprema Corte ha ribadito che il trattamento sanzionatorio è definito sulla base di parametri squisitamente individuali. Pertanto, non è richiesta alcuna valutazione comparativa tra le posizioni di diversi imputati per stabilire la legittimità della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati