Inammissibilità del Ricorso: il Rischio di Impugnazioni Infondate
L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi offre un’importante lezione sull’inammissibilità del ricorso, specialmente quando questo si basa su motivi palesemente privi di fondamento. Il caso riguarda un imputato condannato per diffamazione che ha tentato di far valere la prescrizione del reato, ma il suo calcolo si è rivelato errato, portando a una condanna accessoria al pagamento di spese e di una sanzione pecuniaria.
I Fatti di Causa
Un individuo, già condannato in primo grado e in appello per il reato di diffamazione (art. 595 c.p.), ha presentato ricorso per Cassazione. L’unica doglianza sollevata riguardava l’asserita estinzione del reato per intervenuta prescrizione, che, a suo dire, sarebbe maturata prima della sentenza di secondo grado. Il ricorrente sosteneva che il tempo trascorso dal fatto, commesso il 29 dicembre 2016, fosse sufficiente a estinguere il reato.
L’Analisi della Corte sull’Inammissibilità del Ricorso
La Suprema Corte ha rapidamente liquidato la questione, definendo il motivo di ricorso “manifestamente infondato”. I giudici hanno smontato la tesi del ricorrente attraverso un calcolo preciso e ineccepibile del termine di prescrizione. Hanno evidenziato due fattori cruciali ignorati dal ricorrente:
1. La Recidiva: All’imputato era stata contestata e riconosciuta la recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale. Questa circostanza aggravante ha l’effetto di aumentare il tempo necessario per prescrivere il reato.
2. Le Sospensioni: Nel corso del giudizio si erano verificate delle sospensioni del termine di prescrizione. Nello specifico, ben 161 giorni per un rinvio dovuto ad astensione e un ulteriore periodo per la normativa legata all’emergenza Covid.
Sommando questi elementi, la Corte ha stabilito che il termine massimo di prescrizione sarebbe scaduto il 29 dicembre 2026, una data ben lontana al momento della decisione. La prescrizione, quindi, non era affatto maturata.
La questione della notifica alla parte civile
La difesa aveva anche sollevato un presunto difetto di notifica alla parte civile, il cui avvocato era stato cancellato dall’albo. La Corte ha ritenuto la questione irrilevante. In primo luogo, era onere della parte civile nominare un nuovo difensore. In secondo luogo, la questione della prescrizione non avrebbe comunque inciso sulle statuizioni civili (cioè sul risarcimento del danno), che sarebbero rimaste valide anche se il reato fosse stato dichiarato estinto.
Le Motivazioni
La Corte ha motivato la decisione di inammissibilità del ricorso basandosi sulla palese erroneità dell’unico motivo presentato. L’articolo 616 del codice di procedura penale prevede che, in caso di inammissibilità, il ricorrente sia condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una somma alla Cassa delle ammende. I giudici hanno fissato tale somma in 3.000 euro, ritenendola equa in considerazione della colpa del ricorrente nell’aver adito la Corte con un’impugnazione priva di seria fundamentazione. La sanzione serve a scoraggiare ricorsi dilatori o palesemente infondati che appesantiscono inutilmente il sistema giudiziario.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: presentare un ricorso in Cassazione richiede un’analisi giuridica rigorosa. Sollevare questioni manifestamente infondate, come un calcolo errato della prescrizione, non solo non porta al risultato sperato, ma espone a conseguenze economiche significative. La dichiarazione di inammissibilità del ricorso non è una mera formalità, ma una decisione che sanziona l’abuso dello strumento processuale, riaffermando la necessità di serietà e fondatezza nelle impugnazioni davanti alla Suprema Corte.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando si basa su motivi manifestamente infondati, come nel caso di specie in cui il calcolo della prescrizione presentato dal ricorrente era palesemente errato e non teneva conto di elementi come la recidiva e le sospensioni processuali.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, determinata equitativamente dalla Corte, in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver avviato un’impugnazione futile.
La recidiva influisce sul calcolo della prescrizione del reato?
Sì, la contestazione e il riconoscimento della recidiva (in questo caso reiterata, specifica e infraquinquennale) sono circostanze che aumentano il tempo necessario per il compimento della prescrizione, estendendo di fatto la punibilità del reato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31082 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31082 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a COSENZA il 12/11/1964
avverso la sentenza del 19/02/2025 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RG 11954/25
Considerato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro, con la quale è stata confermata la sentenza di primo grado che lo ha condannato per il reato di cui all’art 595 cod.pen.
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso – con cui si lamenta l’intervenuta prescrizion prima della sentenza di appello – è manifestamente infondato poichè la prescrizione non è maturata prima della sentenza di secondo grado. Invero, il fatto di reato più risalente è sta commesso il 29 dicembre 2016, al ricorrente è stata contestata e riconosciuta la recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale e, quindi, il termine massimo di prescrizione cade il 2 dicembre 2026, cui vanno aggiunte le sospensioni intervenute nel corso del giudizio (161 giorni per il rinvio per astensione dal 2 dicembre 2019 al 5 maggio 2020 e per il rinvio da quest’ultima data per la normativa ennergenziale anticovid).
Considerato che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. (come modificato ex I. 23 giugno 2017, n. 103), al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, così equitativamente determinata in relazione ai motivi di ricorso che inducono a ritenere la parte in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. 13/6/2000 n.186).
Valutato ininfluente il difetto di notifica alla parte civile segnalato da difensore omoni di quello nominato dalla predetta parte, dal momento che 1) quest’ultima, in presenza della cancellazione dall’albo del proprio difensore, avrebbe dovuto farsi carico di nominare un nuovo difensore 2) la parte civile non aveva interesse ad interloquire rispetto all’odierna decision trattandosi di questione concernente la prescrizione maturata prima della sentenza di appello, ma dopo quella di primo grado, sicché, anche ove il ricorso fosse stato fondato, esso non avrebbe intaccato la statuizioni civili.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il 9 luglio 2025
Il Presidnte