Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3524 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3524 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 17/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a MONCALIERI il 03/02/1990
avverso la sentenza del 03/04/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
I
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 3 aprile 2024 la Corte di appello di Torino ha confermato la pronuncia del G.I.P. del Tribunale di Vercelli del 21 giugno 2022 con cui NOME COGNOME era stato condannato alla pena di anni due, mesi due, giorni venti di reclusione ed euro 600.00 di multa in ordine al reato di furto i abitazione aggravato.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, eccependo, con tre distinti motivi: violazione di legge con riguardo al provvedimento di revoca della ricognizione personale cui era stata condizionata l’ammissione del giudizio abbreviato; violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta rilevanza della ricognizione di persona effettuata dalla persona offesa; vizio di motivazione e violazione di legge in ordine alla qualificazione giuridica del fatto, alla ritenuta ricorrenza del circostanza aggravante e alla disposta quantificazione della pena.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Ed infatti, con riferimento alle prime due censure, deve essere osservato come esse, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale in replica alle analoghe doglianze eccepite con l’atto di appello – nella quale erano state diffusamente esplicate le ragioni di insussistenza dell’avanzata eccezione processuale e di attendibilità della ricognizione di persona effettuata da parte della persona offesa (cfr. pp. 3 e s. della sentenza impugnata) – reiterino le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazion cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con spec indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fond dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contes Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel ca
esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838-01).
2.2. Parimenti inammissibile è la terza doglianza eccepita da parte del ricorrente, in quanto proposta con motivo del tutto generico e aspecifico, inidoneo a rappresentare le ragioni di doglianza in fatto e in diritto e confrontarsi in maniera adeguata con le argomentazioni espresse dalla sentenza impugnata.
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
p. Q. m.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 17 ottobre 2024
Il Consigliere estensore