Inammissibilità del ricorso: la Cassazione chiarisce i requisiti di specificità
L’esito di un processo non dipende solo dalla fondatezza delle proprie ragioni, ma anche dal rispetto scrupoloso delle regole procedurali. Un principio fondamentale, spesso sottovalutato, è quello della specificità dei motivi di impugnazione. La recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 5005/2024 offre un’importante lezione sull’inammissibilità del ricorso quando questo risulta generico e non si confronta criticamente con la decisione contestata. Analizziamo insieme questo caso per capire quali sono i requisiti essenziali per un ricorso efficace.
Il caso in esame: un appello contro la condanna
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo contro una sentenza della Corte di Appello di Torino. L’imputato era stato condannato per resistenza a pubblico ufficiale e lamentava presunti vizi di motivazione nella sentenza di secondo grado. Inoltre, contestava il trattamento sanzionatorio, in particolare il riconoscimento della recidiva e la mancata prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, che a suo dire avrebbero dovuto comportare una pena più mite.
Il ricorrente ha quindi adito la Corte di Cassazione, sollevando due distinti motivi di ricorso. Il primo mirava a contestare la ricostruzione dei fatti e la logicità della motivazione relativa ai reati di resistenza. Il secondo, invece, si concentrava sugli aspetti legati alla determinazione della pena, criticando la valutazione della Corte d’Appello sulla sua pericolosità e sui suoi precedenti penali.
L’inammissibilità del ricorso per genericità dei motivi
La Corte di Cassazione, esaminati gli atti, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso in toto. La decisione si fonda su un concetto chiave della procedura penale: i motivi di ricorso non possono essere astratti o meramente ripetitivi, ma devono contenere una critica puntuale e specifica delle argomentazioni contenute nella sentenza che si intende impugnare. In mancanza di questo confronto diretto, l’impugnazione perde la sua funzione e viene considerata aspecifica, e quindi inammissibile.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha analizzato separatamente i due motivi, giungendo alla medesima conclusione per entrambi.
Per quanto riguarda il primo motivo, relativo ai vizi di motivazione sulla resistenza a pubblico ufficiale, i giudici hanno rilevato la sua totale genericità. Il ricorrente, infatti, non aveva creato una reale correlazione tra le proprie censure e le specifiche ragioni esposte dalla Corte d’Appello. In pratica, il ricorso non spiegava perché la motivazione della sentenza impugnata fosse errata, ma si limitava a riproporre le proprie tesi in modo astratto. La Corte ha richiamato un suo consolidato orientamento, secondo cui l’atto di impugnazione non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, altrimenti cade nel vizio di aspecificità.
Anche il secondo motivo è stato giudicato generico e, in più, riproduttivo di una censura a cui la Corte d’Appello aveva già fornito una risposta chiara e logica. I giudici di secondo grado avevano infatti concesso le attenuanti generiche in regime di equivalenza con la recidiva (e non di prevalenza), riducendo la pena, ma avevano motivato tale scelta evidenziando la pericolosità del soggetto, desunta sia dalla condotta tenuta sia da un precedente specifico commesso poco tempo prima. La Cassazione ha ritenuto tale motivazione adeguata e congrua, e la semplice riproposizione della stessa doglianza in sede di legittimità, senza attaccare il nucleo del ragionamento del giudice d’appello, è stata considerata inammissibile.
Le Conclusioni: implicazioni pratiche della decisione
La decisione in commento ribadisce un principio fondamentale per chiunque intenda impugnare un provvedimento giudiziario: non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione. È necessario redigere un atto di impugnazione che sia un vero e proprio ‘dialogo critico’ con la sentenza contestata. Ogni censura deve essere mirata, specifica e deve attaccare le fondamenta logico-giuridiche del ragionamento del giudice precedente. La mera ripetizione di argomenti già respinti, senza aggiungere nuovi e pertinenti elementi critici, conduce inesorabilmente a una declaratoria di inammissibilità del ricorso. Le conseguenze non sono banali: la sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.
 
Quando un ricorso in Cassazione viene considerato “generico”?
Un ricorso è considerato generico quando manca ogni indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione. In altre parole, è generico se non contesta specificamente le argomentazioni della sentenza che si attacca.
Cosa succede se i motivi del ricorso sono una semplice ripetizione di quanto già discusso in appello?
Se i motivi sono una riproduzione di una censura identica a cui la Corte di Appello ha già dato una risposta effettiva, il ricorso viene considerato generico e riproduttivo, e quindi dichiarato inammissibile. Non è sufficiente ripetere le proprie tesi, ma è necessario criticare la risposta fornita dal giudice precedente.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende. Nel caso specifico, la somma è stata fissata in tremila euro.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5005 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 5005  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a CERIGNOLA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/07/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il ricorso di NOME
OSSERVA
Ritenuto che il primo motivo con cui si deducono vizi di motivazione in ordine al contestate resistenze a pubblico ufficiale (capi a e c) è generico in quanto privo di eff censura; che, infatti, il ricorso è inammissibile per genericità dei motivi se manca indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quell poste a fondamento dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità (tra tante, Sez. 4, n. 34270 d 03/07/2007, COGNOME, Rv. 236945);
ritenuto che il secondo motivo con cui su deducono vizi di motivazione e violazione d legge in ordine alla ritenuta recidiva e alla mancata applicazione delle circostanze attenu generiche da ritenersi prevalenti e, in genere, in ordine al trattamento sanzionatori generico e riproduttivo di identica censura a cui la Corte di appello ha dato effettiva risp da un canto, riducendo la pena anche a cagione delle concesse attenuanti generiche ritenute equivalenti alla recidiva, d’altro canto, evidenziando come la condotta posta in essere precedenti penali, di cui uno specifico commesso poco tempo prima, denotassero una maggiore pericolosità; che, pertanto, la decisione dà adeguatamente conto, anche in ragione della minimale pena base ed aumento per la continuazione delle ragioni della stessa riduzione della pena ritenuta congrua per come complessivamente rideterminata;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore dell Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19/01/2024.