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Inammissibilità del ricorso per spaccio: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato da un imputato condannato per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio. La decisione si fonda sulla correttezza della valutazione del giudice di merito, che aveva desunto la destinazione commerciale della sostanza (oltre 200 dosi) non solo dalla quantità, ma anche dall’incompatibilità della situazione patrimoniale dell’imputato con un acquisto per uso personale. L’inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del ricorso per spaccio: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito i criteri per distinguere la detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale da quella finalizzata allo spaccio, confermando la condanna di un imputato e dichiarando l’inammissibilità del ricorso da lui proposto. Questa decisione sottolinea le gravi conseguenze procedurali, inclusa la condanna a sanzioni pecuniarie, che derivano dalla presentazione di un appello privo dei requisiti di legge.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna inflitta dalla Corte d’Appello a un soggetto trovato in possesso di una considerevole quantità di sostanza stupefacente. La corte territoriale aveva stabilito che la detenzione non fosse finalizzata al solo uso personale, ma alla vendita. Tale conclusione non si basava unicamente sull’ingente quantitativo rinvenuto, pari a oltre 200 dosi medie singole, ma anche su altri elementi indiziari.

In particolare, i giudici di merito avevano dato rilievo alle modalità di detenzione della sostanza e, soprattutto, alla palese incompatibilità tra la situazione patrimoniale dell’imputato e la possibilità di acquistare una tale quantità di droga a scopo di ‘scorta’ personale. Contro questa sentenza, l’imputato ha presentato ricorso per Cassazione.

L’Inammissibilità del Ricorso e le sue conseguenze

La Suprema Corte ha giudicato il ricorso inammissibile. Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il giudice non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a una valutazione preliminare sulla sua conformità alla legge. In questo caso, la Corte ha ritenuto che il ricorso non presentasse motivi validi per mettere in discussione la logicità e la coerenza della sentenza impugnata. L’inammissibilità del ricorso ha attivato le conseguenze previste dall’articolo 616 del codice di procedura penale.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha confermato la validità del ragionamento seguito dai giudici di secondo grado. La destinazione allo spaccio è stata correttamente desunta da una valutazione complessiva degli elementi a disposizione:
1. Il dato quantitativo: Il possesso di oltre 200 dosi è stato considerato un primo, importante, indicatore.
2. Le modalità di detenzione: Anche se non specificate nel dettaglio, le modalità con cui la sostanza era conservata hanno contribuito a formare il convincimento dei giudici.
3. L’incompatibilità economica: L’elemento decisivo è stata l’analisi della situazione patrimoniale dell’imputato, ritenuta del tutto sproporzionata rispetto al valore economico della droga sequestrata, rendendo inverosimile l’ipotesi di un acquisto per uso personale.

Poiché non sono emersi elementi per ritenere che il ricorrente avesse agito senza colpa nel proporre un ricorso infondato, la Corte, richiamando anche una sentenza della Corte Costituzionale (n. 186/2000), ha applicato l’art. 616 c.p.p. Questo articolo prevede che la parte che ha proposto un ricorso inammissibile sia condannata non solo al pagamento delle spese del procedimento, ma anche di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni

La decisione in esame ribadisce un principio fondamentale: la valutazione sulla destinazione della sostanza stupefacente non si basa su un solo fattore, ma su un insieme di indizi gravi, precisi e concordanti. Inoltre, l’ordinanza serve da monito sull’importanza di presentare ricorsi solidamente argomentati in diritto. L’inammissibilità del ricorso non è una mera formalità, ma una declaratoria che comporta conseguenze economiche significative per il ricorrente, finalizzate a scoraggiare impugnazioni dilatorie o manifestamente infondate, garantendo così l’efficienza del sistema giudiziario.

Quali elementi hanno portato i giudici a concludere che la droga fosse destinata allo spaccio?
La decisione si è basata su tre elementi principali: l’ingente quantitativo della sostanza (oltre 200 dosi), le modalità con cui era detenuta e la sostanziale incompatibilità tra la situazione patrimoniale dell’imputato e la possibilità di un acquisto per mero uso personale.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte ha ritenuto che non vi fossero elementi per contestare la logicità e la correttezza della sentenza della Corte d’Appello. Non sussistevano, inoltre, motivi per ritenere che il ricorrente avesse proposto l’impugnazione senza colpa nel determinare la causa di inammissibilità.

Quali sono le conseguenze economiche della dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della declaratoria di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, al pagamento delle spese processuali e di una somma equitativamente fissata in 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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